Che il lavoro sia il centro della società lo testimonia la Costituzione Italiana fin dal suo primo articolo.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
E ancora l’articolo 4, che riconosce il diritto, nonché il dovere, al lavoro per i cittadini e promuove le condizioni per renderlo effettivo. Non ci si deve stupire quindi che il lavoro sia uno dei temi che più spesso vengono chiamati in causa nei dibattiti, o affrontati sui grandi giornali nazionali. Nella cornice della presentazione di TrovoLavoro, il mensile del Corriere della Sera pensato come uno strumento e un radar per parlare dell’argomento, soprattutto in una chiave proiettata al futuro, protagonisti insieme all’inserto sono stati gli spunti e le idee portati da Davide Casaleggio, presidente della Casaleggio Associati e dell’Associazione Rousseau, Marco Bentivogli, segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM-CISL) e Giovanni Brugnoli, vicepresidente per il Capitale Umano di Confindustria, moderati dal vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca.
Davide Casaleggio ha discusso di un video della Casaleggio Associati, in cui si fa una distopica previsione del mondo del lavoro entro il 2054. Nel filmato infatti viene presentato un possibile scenario futuro, in cui l’automazione progressiva e l’aumento consequenziale della produttività spazzano via le ore di lavoro così come noi le conosciamo, compresi gli spazi quali l’ufficio come luogo di aggregazione dei lavoratori. Forte dell’esempio di Tesla, che nel gennaio 2018 ha iniziato a introdurre robot nella catena di produzione dell’azienda e nel corso dell’anno ha ridotto il personale di alcune migliaia di unità, Casaleggio sposta il focus della discussione sulla velocità con cui il mercato del lavoro si sta trasformando, e sulla necessità di reimpostare il sistema formativo delle persone per rispondere a questo cambiamento. Il numero degli occupati, dice il leader e fondatore dell’Associazione Rousseau, è rimasto pressoché invariato, ma sono diminuite le ore di lavoro. «Il “posto fisso” si è distribuito in modo diverso: per questo bisogna immaginare le possibili soluzioni a questo tema».
Se per Casaleggio l’incremento della produttività dovuto all’impiego di tecnologie sempre più sofisticate è indissolubilmente legato a un velo (neanche troppo sottile) di negatività, per Marco Bentivogli invece l’invito è quello di tenersi alla larga dai “tecnofobi”. Per il segretario generale della FIM-CISL infatti siamo di fronte al secondo balzo in avanti dell’umanità. Con un invito ai giornalisti a non leggere più i dati in maniera lineare, Bentivogli si chiede se sia utile fermare o tassare l’innovazione, e la risposta è ovviamente negativa. È vero infatti che toglie meccanica, ma aggiunge anche elettronica, ecosistema e servizi industriali. «Il lavoro cambia, ma non sparisce la forza lavoro. Non è la tecnologia che cancella l’occupazione», sostiene Bentivogli, «ma è la mancanza di innovazione». E lo afferma portando l’esempio virtuoso del Giappone, che è uno dei paesi con più tecnologia introdotta nel sistema lavoro, e non a caso con uno dei tassi di disoccupazione più basso al mondo. «La sparizione del lavoro», conclude Bentivogli, «non è altro che una delle tante fake news che circolano nel mondo oggi».
A prendere parola infine, dopo l’entusiasta segretario generale della FIM-CISL, è Giovanni Brugnoli di Confindustria, che sposta il centro del discorso su due macro-temi: la formazione e la vicinanza ai giovani. Il vicepresidente per il Capitale Umano infatti ha sostenuto l’importanza di formare figure altamente qualificate nelle loro professioni, ribadendo che nel 2022 saranno numerosissimi i posti vacanti a causa della mancanza di personale formato ad hoc. Più laureati, quindi, ma anche la necessità di far comprendere alle famiglie e ai ragazzi l’importanza di un progetto come quello dell’Alternanza Scuola-Lavoro, che negli ultimi anni ha permesso a migliaia di studenti di comprendere cosa significhi lavorare all’interno di un sistema integrativo come le imprese. Progetto che, con grande rammarico di Brugnoli e di Confindustria, è stato tagliato e ridimensionato. Toccando temi come la manifattura, la moda, e l’importante export italiano, Brugnoli ha concluso dichiarando che in questo momento c’è sia bisogno di una prospettiva condivisa, che abbia origine dalla crescita e dai giovani, così come dalla formazione e dall’industria.
Quale che sia la visione che si sceglie di abbracciare, il fulcro rimane sempre uno: il mercato del lavoro rappresenta le radici sulle quali l’intero sistema cresce, si sviluppa e matura, e per questo motivo non deve mai essere trascurato nei dibattiti nazionali.