Giornata delle donne: ecco perché si sciopera l’8 marzo

L’8 marzo si è scioperato in una trentina di città italiane tra cui Torino, Bologna, Trieste, Firenze, Napoli, Pisa, Roma, Palermo. Anche a Milano migliaia di donne, uomini e bambini hanno partecipato al corteo partito da piazza Duca degli Abruzzi e conclusosi circa quattro ore dopo in piazza Duomo. I temi della protesta sono come ogni anno la violenza e la parità di genere, ma quest’anno un’attenzione particolare è stata rivolta alla guerra in Ucraina.

Il corteo di Milano
Il palco per gli interventi durante lo sciopero dell’8 marzo a Milano, foto di Elisa Campisi

Lo sciopero transfemminista è stato proclamato dall’associazione Non Una Di Meno e indetto da diverse sigle sindacali per accendere i riflettori su diverse forme di abuso e violenza in Italia e nel mondo. A Milano, alla testa del corteo, a fare da palco c’era un camion. Ai momenti di festa si sono alternati diversi interventi, che hanno disegnato la mappa della situazione attuale e posto l’accento su diverse problematiche spesso ignorate dai più.

Gli effetti delle guerre sulle donne
Manifestante allo sciopero dell’8 marzo a Milano, foto di Elisa Campisi

Tra i vari slogan della protesta, il motto più rilevante è stato «Stop war», contro la guerra in Ucraina e tutte quelle in corso. Queste parole sono state scritte sull’asfalto, nelle adiacenze dell’azienda produttrice di armi Leonardo, per chiedere al governo di non armare i Paesi in conflitto.

Come è emerso dalle varie testimonianze, a pagare il prezzo più alto in tutte le guerre sono sempre le donne, sia che siano combattenti o che fuggano. Anche in Ucraina, come in ogni conflitto, si sono registrati i primi stupri di guerra. «Ci arrivano notizie di violenze di ogni genere, anche di violenze sessuali. Bisogna proteggerle», così l’Unicef ha lanciato l’allarme.

Alcune attiviste, dal palco del corteo, hanno ricordato che in questo momento sono in corso diverse guerre, alcune spesso dimenticate, ma comunque brutali. In particolare il conflitto iniziato a novembre del 2020 nel Tigray, dove lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono usati per infliggere danni fisici e psicologici alle donne e alle ragazze. Un rapporto pubblicato da Amnesty International, in cui si denuncia che a compiere questi abusi sono le forze alleate al governo dell’Etiopia, fa capire quanto sia difficile per le vittime sfuggire a questa morsa.

La salute delle donne
Attiviste di Non Una di Meno Milano, foto di Elisa Campisi

Un altro tema trattato in più interventi è stato quello della salute. Vi sono diverse malattie femminili che difficilmente vengono diagnosticate e curate nel modo opportuno a causa dell’insufficiente letteratura in merito. L’endometriosi, per esempio, colpisce almeno 3 milioni di donne con diagnosi conclamata. Si tratta del 10-15% delle donne in età riproduttiva e del 30-50% delle donne infertili o che hanno difficolta a concepire. La malattia comporta disturbi che possono diventare invalidanti, dal dolore mestruale a quello durante i rapporti sessuali. Nonostante dal 2017 i costi della cura siano a carico del Sistema Sanitario Nazionale, così da incoraggiare le donne a parlare con uno specialista, ci possono volere in media 8 anni per una diagnosi.

Una malattia non ancora riconosciuta dal Sistema sanitario è, invece, la vulvodinia. L’onorevole Lucia Scanu ha depositato una proposta di legge per il riconoscimento della malattia, che in Italia colpisce circa il 15% delle donne, ma al momento le spese sono ancora a carico delle pazienti. Si tratta di una patologia cronica, che comporta una percezione dolorosa a livello vulvare, è spesso invalidante, ma poco studiata e oggetto di ritardo diagnostico.

Le ragioni storiche dello sciopero
Manifestante allo sciopero dell’8 marzo a Milano, foto di Elisa Campisi

Per quanto nel nostro immaginario ricevere mimose e auguri per la festa delle donne sia qualcosa di tradizionale e forse anche obsoleto, in realtà la storia dell’8 marzo ha poco a che fare con queste usanze. Era, infatti, l’8 marzo del 1917 quando le donne russe scesero in piazza contro il potere, in quel momento rappresentato dallo zar. In questo giorno si ricordano anche le 134 lavoratrici morte nell’incendio di una fabbrica a New York nel 1911. Un giorno, dunque, legato per sua stessa genesi, non a fiori e bigliettini, ma alla lotta per i diritti delle donne.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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