Un complesso immobiliare con autorimessa, un suv Audi Q5, diversi conti correnti e un locale pubblico, il Clan 1899 di Sesto San Giovanni. Il tutto, per un valore complessivo di circa un milione di euro. Al fisco risulta un semplice elettricista, ma a tanto ammonta l’entità dei beni sequestrati questa mattina dalla Polizia di Stato a Luca Lucci, capo ultras della Curva del Milan. Il 38enne, già noto alle cronache per essere apparso pubblicamente in compagnia di Matteo Salvini lo scorso dicembre, secondo la Questura di Milano «traeva le sue principali fonti di sostentamento dal traffico degli stupefacenti». Il Clan 1899, dunque, non sarebbe stato solamente un punto di ritrovo per tifosi, ma anche «una base operativa per riunioni attinenti il traffico di stupefacenti e per ritiri o consegne di droga anche in contesti di criminalità organizzata». Il suo ruolo di spicco all’interno della Sud gli avrebbe quindi consentito di piazzare «grossi carichi di stupefacenti tra i frequentatori dello stadio» anche grazie «alla collaborazione con soggetti di elevato spessore criminale». Si tratta della prima applicazione in Lombardia di una misura di prevenzione patrimoniale a carico di un esponente del tifo organizzato.
Quello di Lucci è effettivamente un profilo noto da tempo alle autorità, e non solo per l’arresto subìto nel maggio 2018 per spaccio in concorso o per essere stato giudicato colpevole di un pestaggio ai danni di un tifoso interista nel 2009. Il suo nome, infatti, sarebbe finito anche nell’inchiesta ancora in corso sul tentato omicidio di Enzo Anghinelli, verificatosi ad aprile in via Cadore. Questo perché l’aggredito, reduce da una lunga detenzione proprio per reati legati allo spaccio di droga, è un ex esponente degli Sconvolts, vecchio gruppo ultras rossonero, e nei mesi antecedenti l’agguato aveva ricominciato a frequentare San Siro. Il che, suppongono gli inquirenti, potrebbe avere ridestato antiche rivalità criminali all’interno della Curva.
Un puzzle che va completandosi? (AV)