«Beppe Sala ha molte probabilità di essere rieletto. Con 10 anni di mandato si può preparare a consegnare il suo nome alla storia». Parola di Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano, che, raggiunto da MasterX, non nasconde il suo apprezzamento per l’operato dell’attuale amministrazione. Complimenti sinceri, nonostante la diversa appartenenza politica, che arrivano a pochi mesi dalle elezioni comunali di primavera, dove i milanesi sceglieranno il sindaco chiamato a guidare il rilancio della città (con le Olimpiadi invernali del 2026 sullo sfondo).
Il suo di nome, intanto, alla storia è già stato consegnato. Salito a Palazzo Marino nel 1997, subentrato al primo sindaco leghista della città, Marco Formentini, scomparso pochi giorni fa, Albertini traghettò Milano per due mandati, gettando le basi della città che conosciamo oggi. «Dei tre sindaci che sono venuti dopo di me – continua – considero Sala non solo il migliore ma anche quello più sintonizzato con la mia personale visione del mondo».
Un sistema di valori fondato sull’efficienza organizzativa e la gestione, che fa capo alla meritocrazia e alla capacità di organizzare e valorizzare l’azione dei singoli. «Anche se ritengo la sua, una ricandidatura di servizio, su basi non tanto di entusiasmo motivato ma di dovere compiuto, quasi un adempimento a un obbligo deontologico». Effettivamente Sala ha sciolto le riserve sono recentemente, nel giorno -non a caso- di Sant’Ambrogio.
Per l’attuale sindaco, come lui stesso ha ammesso, gli ultimi sono stati mesi di intensa riflessione. Nonostante la stanchezza e la tensione accumulata in un anno segnato inevitabilmente dalla pandemia e che l’ex commissario unico di Expo aveva sicuramente immaginato diversamente, la notizia della corsa verso il bis era comunque nell’aria.
E il centrodestra?
Sala gode di buoni consensi in città e scalzarlo da Palazzo Marino si prospetta un’operazione piuttosto complicata. Lo sa bene il centrodestra: «Per il candidato io avevo fatto 3 nomi», rivela Albertini. «Il primo era quello di Carlo Bonomi (ex presidente di Assolombarda ora al vertice di Confindustria, ndr). L’ho suggerito un anno fa, ma ha declinato. Poi avevo pensato a Sergio Dompé (presidente del gruppo biofarmaceutico Dompé, ndr) e al mio amico Paolo Del Debbio». Quest’ultimo, conduttore televisivo Mediaset, in passato ha lavorato al fianco proprio di Albertini. Nella sua prima giunta infatti fu assessore alla sicurezza e alle periferie: «Il suo approccio denota capacità di governo, che emergono anche nelle sue trasmissioni televisive. Il vigile di quartiere fu una dimostrazione della sua visione organizzativa». Ma alla fine anche Del Debbio ha fatto sapere che non sarà della partita.
Soluzioni pescate tutte dalla società civile, che riflettono valori manageriali o dell’impresa. La stessa strada che sta cercando di percorrere il centrodestra, ancora a caccia del candidato giusto. Si era parlato di Paolo Veronesi, stimato chirurgo e presidente di una fondazione creata da padre Umberto, o del rettore del Politecnico (nonché presidente della Conferenza dei Rettori, ndr) Ferruccio Resta, ma anche lui ha detto ‘no’.
Il giornalista e manager del gruppo Pellegrini Roberto Rasia Dal Polo, corteggiato dalla Lega, ha dato la sua disponibilità, accolta con favore anche dal leader del Carroccio Matteo Salvini. Il suo profilo sembra però non convincere del tutto anche gli alleati. Nelle ultime ore, tra le fila di Forza Italia, ha ripreso quota la candidatura di Maurizio Lupi, ex vicepresidente della Camera (2013-2015, ndr) ora a capo di “Noi con l’Italia”, molto gradito da Silvio Berlusconi. «Tutti i nomi che sono stati fatti – commenta Albertini – sono dignitosi ma non hanno le caratteristiche tali per competere con un sindaco uscente come Sala. La notorietà che ha acquisto gli garantisce un blocco di marmo potentissimo».
Anche Albertini nel ’97 fuoriuscì dal mondo dell’impresa: «Ero conosciuto in ambito confindustriale, ma con una differenza rispetto a oggi. Io ero un’emanazione di Zeus, alias Silvio Berlusconi (ride, ndr) ». I suoi 10 anni a Palazzo Marino, diedero il via alla trasformazione di Milano, attraverso anche un grande impegno urbanistico.
Il compromesso tra sviluppo e ambiente
Oggi la sfida è quella di adattarsi a nuovi modi di concepire lo spazio: «Prima che arrivassi io, lo sviluppo della città aveva riguardato singoli episodi sparsi, come la costruzione della Torre Galfa e Velasca, delle metropolitane, e del grattacielo Pirelli. Le grandi opere erano sempre in mano ai soliti imprenditori e architetti. La mia amministrazione si è aperta, attraendo i capitali di tutto il mondo».
Sotto la sua gestione, venne dato l’impulso decisivo alla riqualificazione dell’area di Garibaldi-Porta Nuova, e fu inaugurato il nuovo polo fieristico di Milano, trasferito da Portello a Rho-Pero. Nello spazio recuperato vicino Corso Sempione iniziarono i lavori per la costruzione di CityLife: «Dieci anni fa ho preso casa lì. La zona nord ovest è la mia Milano e volevo veder crescere le torri dell’era Albertini». Oggi infatti a CityLife, oltre a una galleria commerciale piuttosto chic, si sono stabilite tre grandi aziende (PwC, Generali e Allianz, ndr), ospitando migliaia di dipendenti.
Un modello messo oggi in discussione dall’emergenza sanitaria: «Penso che l’attrattività della città tornerà ad essere quella di prima anche se con qualche differenza. La Milano del futuro sarà una città poco diversa da quella che avevamo immaginato. I cittadini avranno più tempo libero, cambieranno il modo di concepire la propria abitazione e non dovranno più necessariamente spostarsi per lavorare».
Il modo di muoversi sta già cambiando, complice la pandemia e una maggiore sensibilizzazione in termini ambientali. Milano da questo punto ha già iniziato a sperimentare una mobilità ‘tutta green’: «Non sono così favorevole alle piste ciclabili estese. D’accordo con lo sviluppo, ma in certe situazioni le ho trovate avvilenti nei confronti della modernità della città. La bici va incentivata ma non in maniera così radicale». Il traffico in città intanto, rimane un problema. Albertini per liberare le strade aveva pensato a dei parcheggi sotterranei. Un’idea che aveva fatto molto discutere e che venne poi accantonata. Negli ultimi mesi poi, proprio la giunta Sala ha ritirato fuori dal cassetto la proposta: «Volevamo costruire duecentomila posti auto sotterranei, il 70% dei quali destinato ai residenti. Sala, che è un buon amministratore, ci ha pensato. Non mi stupisce», commenta Albertini.
Agli amministratori che verranno, spetterà l’arduo compito di trovare la sintesi efficace tra sviluppo e ambiente, attraverso decisioni coraggiose: «Ci vuole imprenditorialità e rispetto della condizione urbana. La parte ‘verde talebana’ che condiziona le scelte di Sala, va comunque valorizzata per gli impulsi positivi che può avere, ma la vocazione di Milano non può essere snaturata. Quando costruivamo i grattacieli, cercavamo di compensare, a parità di volumetrie, triplicando gli alberi e la quantità di verde per abitanti. L’equilibrio tra ambiente e politica si ottiene così, chi ha capacità amministrative può farlo. E Sala le ha».
I suoi successori
E se l’operato dell’attuale sindaco sembra aver convinto Albertini, i sassolini tra le scarpe sono tutti per i suoi successori: «La giunta di Letizia Moratti (che sostituirà Giulio Gallera all’assessorato al Welfare con delega alla sanità della Regione Lombardia, ndr) è stata segnata da una profonda discontinuità rispetto al mio operato. Ottenere l’Expo è sicuramente un successo che le va riconosciuto per la capacità di marketing urbana che è riuscita a esprimere, ma devo ritenere che, se i milanesi non l’hanno rieletta per il secondo mandato, cui pure aveva concorso, la sua gestione della città sia stata insufficiente». Giudizio più favorevole invece per Giuliano Pisapia, a capo di Palazzo Marino con il centrosinistra dal 2011 al 2016: «Una persona meritevole di stima per qualità morali e intellettuali, anche se ho sempre pensato che il suo fosse un governo troppo condizionato dalla componente libertaria della sinistra massimalista e dei centri sociali, che a Milano non è quella più collegata alla sua storia e al suo futuro».