Detenzione di materiale pornografico, adescamento di minori, minacce ai familiari dei minori, utilizzo di false identità. Queste le accuse mosse a un ragazzo di 24 anni arrestato dalla polizia di Milano.
La vicenda si svolge all’interno di diverse piattaforme di chat online. Il ventiquattrenne, utilizzando i nomi di: Mirko Agridi, per i minori di sesso femminile; Rebecca Monti, per i minori di sesso maschile, obbligava le sue vittime a inviare video dove compivano atti di autoerotismo. Per convincere i minori a inviare il materiale minacciava di picchiare i familiari. Le indagini hanno preso il via grazie alle denunce dei genitori di due ragazze di 13 anni cadute vittima del ventiquattrenne.
La polizia scientifica, dopo avere fatto irruzione a casa dell’uomo, è entrata in possesso di altri file e materiale informatico che sono tuttora nelle mani del commissariato di Rho-Pero che si sta occupando del caso. La vicenda riapre l’interrogativo intorno alla sicurezza dei social network e alla necessità di una maggiore tutela per i minori.
Quintuplicati i provvedimenti del Garante nel 2023
Nei primi undici mesi di quest’anno, gli interventi del Garante della Privacy per bloccare in via preventiva la diffusione, tramite social e senza il consenso dell’interessato, di materiale sessuale esplicito, sono passati a 264 contro i 51 dello scorso anno. In particolare, i casi di sextortion sono saliti a 1384, il 29% in più rispetto al 2022. Ma a preoccupare è soprattutto il fatto che quasi il 10% delle vittime sono minori (132), di cui 20 sotto i quattordici anni.
Il child grooming
Molto spesso, tutto parte da chat o messaggi “amichevoli”, ma che sono dei veri e propri adescamenti. Nel gergo, questa condotta prende il nome di child grooming, espressione con cui si indicano tutti quei comportamenti realizzati da un adulto per creare un rapporto di fiducia con un minorenne, al fine di attuare un abuso sessuale. L’intenzione è ottenere fotografie sessualmente esplicite del minore, per uso privato o per una successiva distribuzione a pagamento all’interno di un mercato assai redditizio.
La tecnica utilizzata è la medesima messa in atto dal ventiquattrenne milanese. Approfittare dell’anonimato che offre Internet, celando la propria identità e facendosi passare per un coetaneo della vittima, al fine di conquistarne la fiducia. Viene poi richiesta una fotografia leggermente compromettente con l’obiettivo di poter ricattare la giovane vittima, minacciando di distribuire il materiale tra parenti e amici qualora non vengano inviate fotografie sempre più “spinte” e generando così un circolo vizioso.
La viralità social
Le piattaforme di social media rappresentano un ambiente favorevole per la cosiddetta “dissemination”, ovvero la distribuzione iperbolica che subiscono le immagini sessualmente esplicite quando vengono pubblicate. L’inarrestabilità di questa diffusione dipende dalla sopravvivenza dei contenuti anche qualora vengano rimossi dalla piattaforma in questione. Attraverso screenshot e download, il materiale resta nella disponibilità di chiunque anche offline, con la possibilità di essere poi ricaricato in Rete in qualsiasi momento. A tal proposito, il Garante della Privacy ha avviato nel 2021 una collaborazione con Facebook, presentando un vademecum e un canale di emergenza in merito.
Inoltre, secondo un’inchiesta della whistleblower Frances Haugen, la distribuzione di materiale pornografico, contro ogni aspettativa, avrebbe un nesso perfino con una sorta di cyber-guerra, operata da gruppi estremisti e fondamentalisti islamici che ricorrono alla pubblicazione di foto e video pornografici di minori nelle pagine dei loro rivali, consapevoli della politica di tolleranza zero di Facebook nei confronti della pedopornografia, con l’obiettivo che i sistemi di moderazione, eliminando la pornografia, trascinino via anche gli stessi gruppi rivali.
In italia, il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è punito dall’articolo 612 ter del codice penale. Una normativa recente con cui il legislatore ha voluto tipizzare un reato che lede una pluralità di beni giuridici, dal diritto all’immagine, al diritto all’integrità morale, fino al diritto alla riservatezza; un reato in cui le vittime sono private della dignità e della propria sicurezza e per di più giudicate dall’opinione pubblica che le reputa promiscue per le loro abitudini sessuali.
Di Cosimo Mazzotta e Francesca Neri