«La cultura popolare non è acqua sporca» l’attrice dialettale Franca Mercantini riflette su Pesaro capitale Cultura 2024

Indagare la natura della cultura, all’interno di un viaggio che parte dall’esistente per immaginare con i cittadini la città che non c’è. Questo è l’obiettivo che si è prefissata Pesaro, che nel 2024 sarà insignita del titolo di Capitale della Cultura italiana. Affacciata sull’Adriatico nel nord delle Marche, Pesaro è nota ai più per aver dato i natali al grande compositore Gioachino Rossini. Questa cittadina da oltre 90 mila abitanti, poco abituata ad essere sotto i riflettori nazionali, nasconde tra musei, sculture e fortezze, anche un ricco patrimonio rinascimentale. Elementi che, sommati a un progetto volto a valorizzare tutto il territorio provinciale, hanno convinto la giuria del Ministero della Cultura che si è così espressa: «Pesaro offre al Paese una eccellente candidatura basata su un progetto culturale che propone azioni concrete attraverso le quali favorire anche l’integrazione, l’innovazione, lo sviluppo socio-economico». L’anno sarà il 2024, ma l’amministrazione comunale è al lavoro già da ora per farsi trovare pronta quando sarà la vetrina culturale dell’Italia. Nel dossier presentato ci sono 45 progetti che coinvolgono tutti i comuni della provincia, con un budget previsto di 5 milioni più quello in arrivo direttamente dal ministero della Cultura. Si tratta quindi di un’occasione d’oro per una città che vuole ergersi a punto di riferimento della cultura tanto in Italia quanto in Europa.

Ma sarebbe un errore dare peso solamente alla cultura alta, da intendersi come il patrimonio storico-artistico della città, perché ci sarà spazio anche per la cultura che viene direttamente dai cittadini, da chi vive la quotidianità pesarese.

Franca Mercantini Pesaro
Franca Mercantini, a sinistra, durante una rappresentazione

In questo senso, nessuno più dell’attrice e commediografa dialettale Franca Mercantini è titolato a parlarne. Orgogliosa cittadina pesarese, incarna perfettamente lo spirito di una città che in tutta la sua storia si è saputa rialzare sempre dopo momenti bui, e con le sue opere in lingua popolare unisce magistralmente la comicità alla riflessione.

 

 

Franca Mercantini, da fiera pesarese doc come ha commentato la nomina di Pesaro a Capitale Italiana della Cultura 2024?

Credo sia un grande motivo d’orgoglio per i pesaresi. Come dico sempre: qui non ci manca niente. Abbiamo la pittura, la ceramica, la musica classica, il teatro… ma è una città che tende da sempre a mettersi poco in mostra, quasi a nascondersi. Questa è un’occasione per avere un posto sulla mappa.

E come presenterebbe Pesaro a chi non sa indicarne la posizione sulla mappa?

Come una perla… la conchiglia che la racchiude è formata dai due colli che la circondano e si adagia sul mare. Mi è sempre venuto naturale mettere a confronto qualunque città io abbia visto con Pesaro… non ne ho ancora trovata una altrettanto bella. Ricordo bene che quando ero bambina non c’era praticamente nulla, neppure un cavalcavia: per andare a scuola io e gli altri compagni di classe attraversavamo i binari a piedi. Si è fatto tanto lavoro per fare di Pesaro la città che è oggi, non le manca niente per portare questo titolo.

Il sindaco Matteo Ricci una volta ha detto che la sua storia è quella di tutta Pesaro. Se lo ricorda un momento in cui la città ha goduto di altrettanta popolarità?

Nel periodo del boom economico, a cavallo tra anni ’50 e ’60, il settore del mobile contribuì molto ad arricchire la città e ricordo in quegli anni un grande afflusso di turisti italiani e stranieri che si fermavano meravigliati di fronte ai giardini di Viale Trieste. Erano davvero un’attrazione. Sono stati anni di grande benessere per la città.

Giardini Pesaro
I vecchi giardini vicino alla Palla di Pomodoro, in centro a Pesaro.
Credits: Archivio Stroppa Nobili

Che impatto spera possa avere questa nomina sul panorama culturale cittadino?

Io mi auguro che nel concreto si dia più attenzione a teatri e piccole compagnie, perché c’è carenza in questo senso. La cultura teatrale e dialettale dovrebbe essere più presente nelle scuole, perché rappresenta le radici… e senza passato il futuro è più incerto. Forse il Comune dovrebbe premurarsi di sostenere maggiormente i piccoli teatri e i punti di ritrovo culturali.

Il dialetto può sopravvivere oggi?

Assolutamente sì, quando faccio qualche piccola recita nelle scuole di paese i bambini restano spesso a bocca aperta seguendo con attenzione tutto quello che dico. Poi mi chiedono il significato delle parole che non conoscono… vogliono imparare. Il dialetto, molto più della lingua italiana, è diretto e utilizza parole semplici che arrivano dritte al cuore di chi ascolta. Questo aspetto viene spesso snobbato. Io credo che la cultura popolare non sia acqua sporca, ma linfa vitale per una comunità.

Kevin Bertoni

Classe 1997 direttamente da Pesaro. Dopo il liceo scientifico mi laureo con lode in "Informazione, media e pubblicità" a Urbino, passando anche sei mesi in quel di Madrid; mentre ora il sogno di diventare giornalista mi ha portato a Milano. L'unica costante nella vita? L'amore per il basket e per il mondo dello sport, tanto che ne parlo (troppo) e ne scrivo costantemente. Quasi dimenticavo: «Se non vi piacciono i Playoff NBA non vi voglio nemmeno conoscere eh!».

No Comments Yet

Leave a Reply