È scontro tra le autorità italiane e africane. Sono trascorsi quattro mesi e ancora non ci sono notizie di Silvia Romano, la ragazza italiana di 23 anni, volontaria della Onlus “Africa Milele”, rapita nel villaggio di Chakama, in Kenya, lo scorso 20 novembre. Una nuova richiesta dalle autorità italiane è stata però inviata lo scorso 23 marzo allo scopo di inviare i nostri investigatori nel Paese africano e aiutare le forze dell’ordine locali nelle indagini. La risposta non è mai arrivata, un’ulteriore rifiuto da aggiungere agli otto precedenti ricevuti da Nairobi nei mesi passati.
Non è l’unico silenzio a inasprire il rapporto tra Italia e Kenya. Da diverse settimane ormai non arrivano più notizie sulla sorte di Silvia e i timori di un esito negativo aumentano con il passare del tempo. Dopo l’arresto di Ibrahim Adan Omar, uno dei sequestratori, le indagini sembrano essersi bloccate ad un punto morto. Questa è la ragione che ha spinto i Carabinieri del Ros a mettersi a disposizione per indagare sulla vicenda.
La prima istanza è stata presentata, dal generale Pasquale Angelosanto in accordo con il procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco – titolare del fascicolo sul sequestro, poche ore dopo la cattura della ragazza. L’ultima, per un totale appunto di otto, appena tre giorni fa. Nonostante le numerose sollecitazioni, dalla polizia keniota non è mai arrivato un riscontro. Nonostante le evidenti difficoltà dimostrate, sebbene avesse promesso di risolvere la vicenda nel giro di pochi giorni, non ha mai accettato la disponibilità offerta dagli investigatori italiani. Un comportamento che risulta piuttosto ambiguo, dato che in occasioni simili passate è sempre stata favorita una collaborazione.
Secondo le ultime notizie certe dal Kenya, Ibrahim Adan Omar, prelevato dalla sua abitazione nel villaggio di Bangale, nella contea di Tana River, e arrestato l’11 dicembre 2018, avrebbe rapito Silvia insieme a due complici, che sono riusciti a fuggire insieme alla ragazza. Le autorità locali hanno dichiarato di aver messo una taglia di un milione di scellini su Yusuf Kuno Adan e Said Adan Abdi, senza ottenere nessun risultato. Il sequestratore è stato interrogato e aveva fornito alcuni elementi utili a stabilire la direzione che potrebbero aver preso gli altri due rapitori: aveva infatti raccontato che il piano era di attraversare il fiume Tana e trasferirla a nord di Garsen, probabilmente con l’intento di uscire dal Paese e raggiungere la Somalia. Alcune testimonianze hanno inoltre affermato di averla riconosciuta, con i capelli rasati e ferita a una gamba. Da quel momento, il buio.
È proprio per poter verificare queste possibili piste e ricostruire gli spostamenti di Silvia e della banda che gli investigatori di Roma vogliono partecipare alle indagini. Nelle lettere infatti hanno sottolineato come la collaborazione tra forze locali e italiane potrebbe rivelarsi determinante soprattutto per verificare l’ipotesi che la ragazza sia stata trasferita in Somalia e “venduta” a un gruppo terroristico di al-Shabaab. Nella trattativa, avvenuta a livello diplomatico, si è evidenziato come la presenza dei carabinieri potrebbe essere un ulteriore contributo nell’accertamento di alcune informazioni. Un’insistenza senza esiti, ma le forze dell’ordine non mostrano la minima intenzione ad arrendersi.
Lo stesso Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ammesso: «Stiamo seguendo il caso attraverso canali di discrezione: più che canali diplomatici è la nostra intelligence che ci sta lavorando. Posso dire che c’è stato un momento in cui sono stato confidente che si potesse avere un risultato positivo a portata di mano. I gruppi criminali sono stati individuati, ma non siamo ancora riusciti a venirne a capo e a raggiungere quel risultato per cui lavoriamo da mesi».
Le notizie più recenti in possesso alla Procura di Roma risalgono alla fine di gennaio, quando l’arresto di alto ufficiale del Kenya Wildlife Service – il servizio parchi che ha sede a Nairobi – Abdullahi Bille e di suo fratello ha fatto sperare in qualche novità, dato che c’era il forte sospetto che il gruppo avesse legami con i rapitori. Si è ipotizzato inoltre un sostegno non solo da parte della popolazione della contea meridionale del fiume Tana, ma addirittura di funzionari corrotti dello Stato. E se ciò fosse vero, si aprirebbero scenari ben diversi da quelli ritenuti possibili fino ad ora riguardo al rapimento.
Alcune fonti hanno inoltre sostenuto, tramite i media locali, che Silvia sarebbe stata uccisa in uno scontro a fuoco tra i suoi rapitori e il gruppo islamico di al-Shabaab a cui sarebbe dovuta essere venduta. La ragazza sarebbe inoltre stata collegata a un non precisato traffico illegale di avorio. Ragione per cui – come hanno sostenuto alcuni giornali keniani – sarebbe stata in contatto con i suoi rapitori per essere pagati di una consegna. Tutte informazioni non verificate e indubbiamente false, probabilmente per nascondere l’incapacità delle forze dell’ordine locale riguardo il caso.