Referendum taglio parlamentari: la Lega trova le firme necessarie

È stato depositato in Cassazione il documento con le firme necessarie per l’indizione del referendum confermativo sul taglio dei seggi al Senato e in Parlamento. Stando ai retroscena, decisivo sarebbe stato l’intervento del leader della Lega, Matteo Salvini. Ci aveva provato, dal basso, anche il Partito Radicale con una raccolta firme che avrebbe dovuto raggiungere il tetto delle 500mila adesioni, ma alla conta finale ne sono arrivate solo 669.

LA DEFEZIONE DEI FORZISTI

La defezione all’ultimo minuto di 4 firme di altrettanti senatori di Forza Italia, ieri, aveva rimesso in discussione l’iter per l’approvazione della consultazione popolare. Il senatore azzurro Massimo Mallegni aveva capitanato il sabotaggio. “Ho votato a favore della norma, ma quando ho capito che nell’aria c’era qualcosa che non mi sta bene, ho deciso diversamente”, ha concluso.

L’INTERVENTO LEGHISTA

L’interferenza di Matteo Salvini nella partita era già nell’aria. Proprio ieri in una dichiarazione portava ad esempio la frequenza con cui, in Svizzera, i cittadini verrebbero chiamati ad esprimersi. Il leader del Carroccio avrebbe convinto, in particolare, l’area “salviniana” di Forza Italia a rimpiazzare i senatori azzurri vicini a Mara Carfagna che hanno ritirato la propria firma. La stessa Carfagna non ha speso parole concilianti verso la defezione che ha avuto luogo in casa sua.

 

Quello sul taglio dei parlamentari è un referendum salva-poltrone. È un vero e proprio trucchetto, che ha come unico…

Pubblicato da Mara Carfagna su Venerdì 10 gennaio 2020

 

Per blindare il deposito del quesito in Cassazione, ad ogni modo, la Lega ha aggiunto 6 firme “di tasca propria”, arrivando al margine più o meno certo di 71 sulle 64 necessarie. Un vantaggio che in area dem hanno comunque provato a mettere in pericolo: i senatori Pd Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo hanno difatti ritirato le firme dalla proposta del referendum. Lo avrebbero fatto, si apprende da fonti parlamentari, in conseguenza “di un fatto politico nuovo”, ovvero la presentazione di quella proposta di legge elettorale proporzionale che fin dall’inizio era stata chiesta dal Pd in relazione al taglio dei parlamentari.

IL RETROSCENA

In un commento apparso sulle colonne del Corriere, Francesco Verderami ha messo in evidenza il gioco di Palazzo che sottende al ritiro delle firme. Senza il referendum, scrive, a metà gennaio entrerebbe in vigore il taglio dei seggi alla Camera e al Senato; con il referendum, bisognerebbe invece attendere il responso dei cittadini. Se, nel frattempo, il governo dovesse conoscere una nuova crisi fino alla sua caduta, si dovrebbe andare al voto per il rinnovo del Parlamento con le vecchie regole e i vecchi numeri.

ATTESA PER LA CAMPAGNA ELETTORALE NEL M5S

Ricevute le firme entro domenica 12, la Cassazione avrà 30 giorni di tempo per verificarle. Se tutto sarà conforme alle prescrizioni, la palla passerà al governo che dovrà fissare la data della consultazione tra maggio e giugno. Intanto, fonti 5s danno il movimento come impaziente di “dare il via alla campagna referendaria per spiegare ai cittadini che ci sono parlamentari che vorrebbero bloccare questo taglio, fermando così il risparmio di circa 300mila euro al giorno per gli italiani che produrrebbe l’eliminazione di 345 poltrone”. Un conto che, nel Partito Radicale, hanno quantificato in altro modo. “Con la riduzione dei parlamentari – ha dichiarato il segretario Maurizio Turco – questo è il risparmio annuale per ogni cittadino: un caffè”.

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