Dietrofront in Commissione Bilancio, la maggioranza non aumenterà lo stipendio di ministri e sottosegretari non eletti in parlamento. Approvato, invece, un fondo di 500mila euro per finanziare le trasferte di lavoro. Mentre cambia anche la norma anti-Renzi, che non coinvolgerà i membri del governo.
Il retroscena
La svolta è arrivata in tarda serata. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, si è fatto carico di dettare la linea della maggioranza con un post su X: «È assurdo lasciare anche solo un secondo in più di spazio alle polemiche. Abbiamo chiesto ai relatori di ritirarlo ed evitare inutili polemiche. La cosa è giusta? Non penso, perché non ha particolare senso che il ministro degli interni o della difesa debbano avere un trattamento diverso».
È assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche sull’emendamento che parificava tutti i Ministri e sottosegretari non parlamentari, ai deputati, riconoscendo i rimborsi spese.
È così da oltre due anni e continuerà così fino a fine legislatura.
La cosa è…— Guido Crosetto (@GuidoCrosetto) December 16, 2024
La decisione è stata concordata con Giorgia Meloni, ma molti esponenti della maggioranza sono rimasti all’oscuro fino all’ultimo minuto, per poi apprendere la notizia dalle agenzie di stampa. Tra di loro, i quattro relatori dell’emendamento di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati.
Neanche a dirlo, poco dopo il tweet deflagra a Montecitorio. Soprattutto, a essere contestato è il metodo. «Bisogna trovare un modo per spiegare bene la decisione. Tecnicamente non si può ritirare: se arriverà una proposta di riformulazione del governo, la valuteremo», ha dichiarato Ylenia Lucaselli, relatrice di Fratelli d’Italia.
La marcia indietro non ha placato i malumori dell’opposizione. Chiara Appendino, ex-sindaco di Torino e deputata del Movimento 5 Stelle, ha attaccato il governo in maniera diretta: «Si vergognano a tal punto di questo aumento dello stipendio per i ministri, che stanno provando a ingannare i cittadini arrampicandosi sugli specchi e difendendo l’indifendibile».
Il nuovo fondo rimborsi spese e la norma anti-Renzi
L’emendamento aveva l’obiettivo di parificare gli stipendi di ministri e sottosegretari, indipendentemente dalla presenza di un incarico parlamentare. Infatti, i titolari dei dicasteri non eletti guadagnano circa la metà dei loro colleghi deputati.
I membri del governo coinvolti sarebbero stati 18, tra cui 8 ministri: Andrea Abodi (Sport), Marina Calderone (Lavoro), Guido Crosetto (Difesa), Alessandro Giuli (Culturale), Matteo Piantedosi (Interno), Giuseppe Valditara (Istruzione), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute).
Il Sole 24 Ore ha calcolato l’aumento di stipendio previsto dall’emendamento. Partendo dall’indennità mensile di 10.435 euro, si sarebbero aggiunti 3.503,11 euro della diaria che spetta a deputati e senatori e 3.690 euro di rimborsi per «l’esercizio del mandato». Un totale di 7.139,11 euro a cui si devono sommare 1200 euro al mese per le spese telefoniche e i rimborsi viaggio.
Con meno clamore mediatico, ma sempre al centro della bufera di queste ore, anche la norma anti-Renzi. Si tratta di quel provvedimento che nega ai parlamentari la possibilità di ricevere compensi superiori ai 50mila euro provenienti da società extra-UE. Chiamato in questo modo per le discusse conferenze tenute da Renzi in Paesi extracomunitari come l’Arabia Saudita.
La nuova riformulazione esclude i membri del governo e viene estesa solamente ai presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, oltre che ai parlamentari, fatta eccezione per coloro eletti in una circoscrizione estera.
Nella formula originaria, la norma sanciva che membri del governo, parlamentari, europarlamentari e presidenti di regione non potevano «svolgere incarichi retribuiti in favore di soggetti pubblici o privati non aventi sede legale o operativa nell’Unione europea».
Dunque, nessun aumento di stipendio. Ma nella Legge di Bilancio ci sarà un nuovo fondo di 500mila euro annui a decorrere dal 2025 per finanziare il «rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni» e i membri del governo potranno tornare a guadagnare al di fuori dell’Unione Europea.