Long Read – Giovani e politica, raccontata da chi la fa

Si può fare politica giovane? O meglio, può un giovane fare politica? O meglio ancora, ci interessa ancora la politica? Siamo la generazione che correva a casa a guardare Dragonball, che ha visto nascere Facebook e che “sei sempre sopra quel telefono”. Quella che sogna di fare un lavoro che ancora non esiste, che prova a dare un contributo ma sbaglia sempre qualcosa. Che tutto può, ma che continua a sentir ripetersi: “Cosa vuoi capirci?”. Ed ecco che anche chi ci prova a fare politica, e magari ha da poco compiuto 20 anni, deve fare i conti con una popolazione che davanti all’età storce il naso e che da circa trent’anni ormai non crede più nella politica, figuriamoci nei giovani.

Avere 20 anni oggi vuol dire «rendersi conto che si avrà un tenore di vita peggiore di quello che hanno goduto i propri genitori». A evidenziarlo è Alberto Mingardi, editorialista e accademico, raggiunto da Master X in occasione dell’episodio di Mo’ to’ spiego “Giovani e politica: il racconto di chi la fa”. Il punto di partenza sono i dati ISTAT pubblicati a giugno 2020, dove si legge che tra il 2014 e il 2019 il numero di cittadini dai 14 anni in su a cui non interessato alla vita politica, è passato dal 18.9% al 23,2%. Tra questi, nel 2019, è risultato che circa il 50% dei giovani (tra i 14 e i 18) si sia disinteressato completamente alla questione politica. Siamo invece attorno al 25% di disaffezionati se si guardano le fasce 18-19 e 20-24.

Ma quindi, qual è la soluzione per richiamare all’attenzione i più giovani? Secondo Michele Schiavi, 22 anni e sindaco di Onore (BG), la soluzione sarebbe quella di «coinvolgere i giovani su tutto, perché sono quelli che dovranno usufruire il più a lungo possibile di quello che noi ora andiamo a costruire e a creare. Se non lo facciamo commettiamo un errore davvero enorme»

 

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Secondo Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, una soluzione potrebbe essere quella di concedere il diritto di voto anche ai 16enni, costringendo così i politici ad abbassare l’asticella delle loro proposte. «Sotto alcuni aspetti, dopo il periodo della pandemia durante il quale le istanze dei giovani sono state totalmente fuori dal dibattito pubblico e la loro domanda di avere un po’ di libertà personale è stata considerata la stregua di un capriccio, anche a me era venuto in mente che la proposta di Letta potesse essere se non altro un segnale». – Ha sottolineato Alberto Mingardi. «La questione però, non è tanto dare il diritto di voto ai 16enni, che sono persone lontane dai problemi che incontreranno qualche anno dopo quando per esempio inizieranno a pagare l’affitto, le bollette, o a cercare un posto di lavoro. Il problema è avere in testa alcune idee per rendere più facile la vita a chi entra nel mondo del lavoro, vuole o non vuole formarsi una famiglia, una casa ecc. Bisogna restituire loro un senso di opportunità e di speranza».

Sulla stessa linea è anche Federico Lobuono, 21 anni e candidato sindaco per il comune di Roma con “La Giovane Roma“, che aggiunge: «Io penso che l’errore di molti sia anche quello di cercare di porsi come rappresentanti delle nuove generazioni. Non credo che i giovani non abbiano bisogno di qualcuno che li rappresenti, penso che si possano tranquillamente rappresentare da soli. Hanno al massimo bisogno di qualcuno che gli dia la possibilità di ricavarsi uno spazio e di tirar fuori le proprie istanze». E aggiunge: «Lo stereotipo è sempre quello che i giovani siano necessariamente incompetenti, che non possano portare un contributo. Che poi, in realtà, è un po’ un paradosso. Si dice sempre che noi siamo la generazione che sta a casa a giocare con la playstation. Poi però quando ci impegniamo ci dicono “eh ma dovreste stare a casa a giocare con i videogiochi”. Quindi alla fine mettiamola così, come la fai la sbagli. Noi vogliamo cercare di distruggere questa idea, dimostrando invece che ci sono tantissimi ragazzi là fuori che hanno voglia di provarci e di farsi sentire».

Lo stereotipo è ciò contro cui ha dovuto lottare anche Michele Schiavi durante la campagna elettorale per diventare sindaco di Onore, un comune in provincia di Bergamo che conta circa mille abitanti. «Soprattutto durante la campagna l’età giovane era il punto più negativo della nostra lista. Mi è capitato molto spesso di aver a che fare con delle persone che mi dicessero “il tuo programma va benissimo, ci piace, la tua squadra di persone è la migliore, però sei troppo giovane per votarti, non me la sento”. Quindi, in campagna elettorale il problema della giovane età l’abbiamo vissuto molto, moltissimo, tant’è che noi non abbiamo fatto della giovane età un punto a favore, ma non dovrebbe nemmeno essere un punto di demerito». E aggiunge: «Ritengo anche sbagliato incentrare una candidatura sull’età di una persona. Avere 20 anni non è un merito, ma un dato di fatto. Al massimo il mio merito è essere arrivato così giovane a ricoprire una carica elettorale».

Federico Lobuono, l’alternativa giovane per Roma

 

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«Roma ha bisogno di una visione, quello che oggi le manca». Ha le idee chiare Federico Lobuono quando gli chiediamo l’obiettivo principale della Capitale. Tutti gli altri sono di contorno, ma sicuramente non meno importanti. Quello della Giovane Roma è un programma che punta a rendere Roma una vera capitale europea oltre che a una città universitaria. «La Sapienza da sola in fatto di studenti ha più iscritti di una qualsiasi altra città. Eppure questo non rende Roma competitiva nemmeno con Bologna, per esempio. E questo perché la vita qui per uno studente universitario è difficile. E mi riferisco al carovita, al costo di una casa e alle prospettive di lavoro. Serve possibilità di crescita, – aggiunge – perché se mi laureo a Milano e poi voglio restare ho un’infinità di aziende dove poi posso andare a lavorare. Se mi laurea a Roma non ci sono aziende che hanno la sede qua, se ne sono andate tutte. Quindi non solo è importante attrarre investimenti facendo in modo che le aziende siano incentivate a investire su Roma, ma bisogna far sì che quelle che ci sono non vadano via. E in più fare in modo che gli imprenditori, soprattutto quelli giovani, abbiano la possibilità di creare impresa e lavoro nella nostra città».

Dopo aver presentato per primi la candidatura, Federico ha messo insieme una squadra formata da ragazzi under 25. Insieme a loro lavora manager, esperti e imprenditori di fama conclamata per aiutarli a realizzare un programma degno di una città come Roma. «La risposta è stata molto positiva. Ci siamo resi conto che il progetto era partito da poche decine di ragazzi e nel giro di qualche mese ne ha raggiunti centinaia e centinaia. E’ chiaramente una battaglia di rottura, una sfida difficile che in qualche modo sta portando- e lo vediamo dalle reazioni che i partiti hanno – il tema generazionale più in discussione. La percezione che stiamo avendo è sicuramente molto positiva, e parte non solo dai giovani ma anche di mamme, nonni, nonne che sono stanchi di vedere una politica che continua a deluderli e magari vogliono investire nelle nuove generazioni».

In attesa che la piazza più calda di Italia elegga il prossimo sostituto di Virginia Raggi, La Giovane Roma pensa al futuro. «Giochiamo per costruire un progetto futuro, per creare qualcosa che funzioni. Anzi, se non riuscissimo a nominare il prossimo sindaco di Roma, ma dovessimo superare il 3%, cederei il mio posto di consigliere a un ragazzo o una ragazza della mia squadra. Non cercavo uno spazio per me, da ricoprire, da avere. Io facevo consulenze, non ho bisogno di trovarmi un qualcosa da fare. Ma il nostro sogno è ovviamente quello di vedere il progetto replicato in altre città d’Italia. La parte più complicata sono le persone, la squadra. Per il resto, in termini di organizzazioni, struttura, rapporti, stiamo cercando di creare un sistema che in un secondo momento possa trasformare La Giovane Roma in ‘La Giovane Milano’, ‘La Giovane Bari’, ‘La Giovane Palermo’ e così via».

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Giulia Taviani

24 anni, nasco a Verona, mi sposto a Milano ma sogno Bali. A sei anni ho iniziato a scrivere poesie discutibili, a 20 qualcosa di più serio. Parlo di attualità nel podcast "Mo' To' Spiego" e di vino in "De Buris: Il lusso del tempo". Ho scritto di cinema, viaggi, sport e attualità, anche se sono fortemente attratta da ciò che è nascosto agli occhi di tutti. A maggio 2020 ho pubblicato il mio primo libro "Pieno di Vita"

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