Dossieraggio, Cantone: “Numeri mostruosi, dopo Striano continuano gli accessi abusivi”

I numeri sono «molto più preoccupanti di quelli ad oggi emersi. Sono numeri che inquietano», numeri «mostruosi». Non usa mezzi termini Raffaele Cantone in merito al presunto dossieraggio ai danni di centinaia di persone tra esponenti del governo, politici, manager, figure del mondo dello spettacolo e dello sport. Audito dalla Commissione parlamentare antimafia il 7 marzo, il procuratore di Perugia ha dichiarato che il finanziere Pasquale Striano avrebbe effettuato non 800, bensì «oltre 10 mila accessi» ai database della Direzione nazionale antimafia e di altre istituzioni. Un’enorme mole di dati che, a suo dire, fa pensare a un mandante dietro l’ufficiale della Guardia di finanza. Proprio come sostenuto dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, che aveva parlato di «gigantesco mercato clandestino di informazioni riservate». Un mercato che, secondo Cantone, non si è affatto fermato dopo Striano. Un mercato che pare destinato a scatenare un terremoto nel mondo della politica.

L’inchiesta sulle attività di Striano
Il ministro della Difesa Guido Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto

L’inchiesta fu aperta inizialmente dalla Procura di Roma in seguito a un esposto presentato nell’ottobre del 2022 dal ministro della Difesa Guido Crosetto dopo la pubblicazione di un articolo del Domani. Il quotidiano contestava una serie di dati bancari del politico di Fratelli d’Italia, rivelando i compensi milionari da lui ricevuti per alcune consulenze fatte a partecipate pubbliche legate all’industria degli armamenti, tra cui Leonardo. I giornalisti ipotizzavano un conflitto di interesse, perché alcune consulenze sarebbero proseguite anche dopo la nomina di Crosetto a ministro. Il politico non querelò il Domani per diffamazione, dato che le informazioni erano vere, ma presentò un esposto chiedendo alla Procura di indagare sull’accesso a questi dati.

Il logo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo
Il logo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

I magistrati di Roma acquisirono i tabulati e risalirono alla fonte: il tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano. L’ufficiale lavorava da anni alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna), cioè l’organo che controlla e coordina l’attività delle Procure e della polizia giudiziaria in tema di criminalità organizzata. In particolare, Striano era in servizio presso l’ufficio che si occupa delle Sos, ossia le segnalazioni di operazioni sospette che le banche sono tenute a presentare alla Banca d’Italia in caso di presunti movimenti sospetti sui conti correnti. Potrebbe trattarsi di bonifici dall’estero, grossi versamenti in contanti e operazioni che esulano dalle abitudini dei correntisti. Lo scopo del database è quello di evitare operazioni di riciclaggio e scoprire eventuali fondi provenienti da attività illecite. Tali segnalazioni – circa 100 mila ogni anno – vengono valutate dalla Dna e girate alle procure competenti.

La lista delle persone “spiate”

Il punto è che Striano avrebbe compiuto oltre 800 accessi abusivi, cioè senza i necessari presupposti investigativi. In altre parole, il finanziere avrebbe sfruttato le banche dati della Dna, dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza come una sorta di motore di ricerca, per ottenere informazioni riservate su almeno 300 persone, da quelle che svelano visure aziendali a quelle riguardanti pendenze penali. Nell’ottobre del 2022, nei giorni in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni formava il governo, Striano avrebbe cercato dati su ministri quali Giberto Pichetto Fratin (Ambiente), Giuseppe Valditara (Istruzione) e Marina Calderone (Lavoro). Un anno prima, avrebbe cercato informazioni su Francesco Lollobrigida, cognato di Meloni e oggi ministro dell’Agricoltura, oltre all’attuale ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e a Maria Elisabetta Alberti Casellati, all’epoca presidente del Senato e oggi ministra per le Riforme istituzionali. Tra i politici “spiati” anche l’attuale ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, insieme alla compagna Francesca Verdini.

Un grafico, pubblicato dal Corriere della Sera, illustra i principali nomi contenuti nella lista
Un grafico, pubblicato dal Corriere della Sera, illustra i principali nomi contenuti nella lista

Oltre a esponenti del governo, compresi sottosegretari e funzionari dei ministeri, Striano avrebbe avuto accesso ai dati riservati di altri politici, tra cui il segretario di Italia viva Matteo Renzi e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, “spiato” assieme alla sua compagna Olivia Palladino. Nella lista ci sono anche imprenditori e manager, come l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli e l’attuale amministratore delegato di Finmeccanica Roberto Cingolani. Figurano inoltre numerosi sportivi, come il calciatore Cristiano Ronaldo e l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri, oltre al presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. Infine, la lista contiene i nomi di alcuni personaggi dello spettacolo, incluso il rapper Fedez.

La diffusione delle informazioni e il coinvolgimento di Laudati
Nello Trocchia, uno dei giornalisti indagati nell'ambito dell'inchiesta sul presunto dossieraggio
Nello Trocchia, uno dei giornalisti indagati

Secondo l’accusa, Striano avrebbe poi inviato questi dati ad alcune persone, tra cui un investigatore privato, un amministratore di condominio e tre cronisti del Domani – Nello Trocchia, Giovanni Tizian, Stefano Vergine – che hanno pubblicato diverse inchieste su Crosetto. Al momento non è chiaro se il tenente abbia raccolto e diffuso le informazioni su richiesta di altri o di sua spontanea volontà. Non è chiaro nemmeno quanti siano gli accessi effettuati da Striano, anche perché la procura di Roma gli sequestrò il computer solo qualche giorno dopo l’interrogatorio: il finanziere avrebbe avuto il tempo di cancellare almeno una parte delle comunicazioni.

Antonio Laudati, il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo
Antonio Laudati, il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

Durante le indagini i magistrati si accorsero di analoghi accessi effettuati da Antonio Laudati, all’epoca sostituto procuratore della Dna e responsabile del servizio Sos. Di qui, nell’agosto del 2023, il trasferimento dell’inchiesta alla Procura di Perugia, cui spettano le indagini su magistrati in servizio a Roma. Secondo l’accusa, Laudati avrebbe aperto quattro istruttorie senza alcun presupposto investigativo, solo per favorire sé stesso e alcuni amici. In un caso, il magistrato avrebbe ottenuto informazioni sugli affari dell’Ordine dei frati minori conventuali e della Lilium Maris, azienda in trattativa con l’Ordine per acquistare il convento in disuso di Santa Severa, vicino a Roma, per costruirci alcune villette. Tale cessione avrebbe preoccupato l’ex capo della Dna, proprietario di un immobile vicino al convento.

Gli indagati e la difesa del Domani

Ad oggi sono 16 le persone indagate nell’inchiesta della Procura di Perugia. Striano e Laudati sono accusati di falso, accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio. Nell’ambito dell’inchiesta sono indagati anche i tre giornalisti del Domani cui Striano avrebbe passato le informazioni riservate. L’accusa nei loro confronti è di accesso abusivo e rivelazione di segreto. Fattispecie, queste, negate dal quotidiano.

Il Palazzo del capitano del popolo, dove ha sede la Corte d'appello e la Procura generale di Perugia
Il Palazzo del capitano del popolo, dove ha sede la Corte d’appello e la Procura generale di Perugia

Anzitutto, il giornale ha scritto che nelle contestazioni della Procura non figura alcuna traccia di ricerche su conti bancari, dichiarazioni dei redditi e altre informazioni finanziarie di politici, imprenditori e vip. Gli accessi illeciti riguarderebbero mere ordinanze di custodia cautelare e informative delle Forze dell’ordine già disponibili ai magistrati e agli avvocati difensori. Circostanze che non permetterebbe di parlare di “dossieraggio”. Ma soprattutto, il Domani sostiene che i cronisti abbiano semplicemente esercitato il diritto di cronaca. Secondo il direttore Emiliano Fittipaldi, i giornalisti sono indagati per «aver fatto bene il proprio lavoro, che è quello di trovare buone fonti, ottenere notizie segrete sui potenti di pubblico interesse, verificarle e infine pubblicarle».

Il caso politico
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni

L’inchiesta di Perugia ha scatenato una bagarre nel mondo della politica. Intervenuta per la prima volta sulla questione il 5 marzo 2024, la premier Meloni ha chiesto di sapere «chi sono i mandanti, perché questi sono metodi da regime». Anche considerando che i politici “spiati” appartengono soprattutto all’area del centrodestra. «Ritengo gravissimo che in Italia ci siano funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento, per poi passare queste informazioni alla stampa», ha dichiarato Meloni dall’Abruzzo, dove si trovava per chiudere la campagna elettorale per le regionali.

Il vicepresidente della Commissione antimafia Federico Cafiero De Raho
Il vicepresidente della Commissione antimafia della Camera Federico Cafiero De Raho

Anche la segretaria del Partito democratico Elly Schlein ha parlato di «scandalo» di una «gravità inaudita» e di «schedatura illegittima di centinaia di persone». Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha paventato l’esistenza di «un Grande Fratello che studia e prepara dossier su ognuno». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha dichiarato che «il diritto alla privacy, garantito dall’articolo 15 della nostra Costituzione, è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica». La senatrice di Italia viva Raffaella Paita ha invece rivolto una richiesta al deputato cinquestelle Federico Cafiero De Raho. A suo dire, l’ex capo della Dna all’epoca in cui si verificarono gli accessi abusivi dovrebbe lasciare la vicepresidenza della Commissione antimafia per vestire i panni di audito.

Le dichiarazioni di Melillo

Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e il procuratore di Perugia Raffaele Cantone hanno chiesto «con l’urgenza del caso» di essere sentiti di fronte alla Commissione nazionale antimafia, al Consiglio superiore della magistratura e al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica incaricato di verificare che le attività dei servizi di intelligence siano condotte nel rispetto delle leggi. Melillo e Cantone – ossia le due persone che stanno indagando sul caso – sono già stati auditi dal primo di questi organi, rispettivamente il 6 e il 7 marzo. Entrambi hanno espresso una forte preoccupazione per la mole di accessi illeciti, apparentemente superiori agli 800 di cui si è parlato nei giorni precedenti.

Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo
Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo

Pur difendendo l’importanza delle Sos e dell’ufficio che dirige, Melillo ha dichiarato che il «il caso Striano-Laudati» sembra solo un pezzetto di un «gigantesco mercato clandestino di informazioni riservate». Un mercato che ha «logiche complesse» che toccano «l’economia, gli apparati statali e gli interessi politici che ruotano intorno alla vita del Paese». Melillo ha dunque parlato di fatti di «estrema gravità», che esulano dalla «missione istituzionale» della Dna e si concentrano «sull’area politica dell’attuale maggioranza e governo». Soprattutto, il procuratore ha dichiarato che l’attività di Striano «per estensione e sistematicità» sembra «difficilmente compatibile con la logica della devianza individuale». Insomma, il tenente della Guardia di finanza non può essere stato il mandante di sé stesso. Un’opinione, questa, derivante da quarant’anni di attività giudiziaria e dall’essere stato, in passato, «vittima di autentici dossieraggi abusivi».

Le dichiarazioni di Cantone
Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone
Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone

Ancora più dure le parole di Cantone, che ha parlato di «oltre 10 mila accessi» effettuati da Striano. Stando ai numeri «mostruosi» da lui snocciolati, il finanziere ha consultato 4124 Sos all’interno della banca dati Siva, dal 1° gennaio 2019 al 24 novembre 2022, e ha digitato i nomi di 1531 persone fisiche e 74 persone giuridiche. A queste si aggiungono 1123 persone sulla banca dati Serpico, 1947 alla banca dati Sdi, oltre a 33528 file scaricati dalla banca dati della Dna. Cifre che inducono Cantone – come Melillo – a pensare che «ci sia altro» dietro le attività di Striano. «Io non mi occupo di bolle di sapone», ha sintetizzato il procuratore. E se non spetta a lui stabilire se si tratti di “dossieraggio”, certo si tratta di una «ricerca spasmodica di informazioni».

Per di più, «il mercato delle Sos non si è affatto fermato», nel senso che si continuano «ad avere accessi abusivi ad altre banche dati». A riprova di questo, ha citato una segnalazione di operazione sospetta riguardante un imprenditore che avrebbe avuto contatti con Crosetto. Tale Sos non era stata vista da Striano ed era circolata durante la prima fuga di notizie. «C’era qualcuno che continuava a vendere sotto banco le Sos». Certo, questo non significa delegittimare la Dna, un’istituzione che il magistrato giudica «sacra» e che rappresenta «uno dei lasciti più importanti» di Giovanni Falcone. Significa invece cercare di ricostruire la verità intorno a quello che Cantone stesso ha definito un «verminaio». Una verità che, stando alle sue parole, appare ben più grande e carica di conseguenze di quanto inizialmente immaginato.

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