Nel Dl (Decreto legge) giustizia, una delle novità più discusse sono le “pagelle” ai giudici. il governo Meloni ha approvato il 27 novembre in Consiglio dei ministri la disciplina del nuovo “fascicolo del magistrato” stilata dalla commissione creata in via Arenula dal ministro Carlo Nordio. Sono state introdotte delle valutazioni – non proprio scolastiche – anche per i magistrati.
C’è chi direbbe che i problemi della giustizia siano altri. Ma con il nuovo decreto attuativo della riforma Cartabia approvato in Consiglio dei Ministri, le toghe dovranno sottoporsi ogni 4 anni ad un sistema di voti. Proprio come gli studenti: da “ottimo”, passando per “buono” e “discreto”, fino a “negativo”, con tanto di pagellina da conservare nel fascicolo personale. Fascicolo che sarà aggiornabile con ogni elemento rilevante ai fini della valutazione professionale del magistrato.
Premio o “bocciatura”: le conseguenze delle pagelle
Come a scuola, le pagelle avranno effetti concreti sulla carriera e sullo stipendio dei giudici. Un voto positivo comporterà aumenti e avanzamenti, mentre in caso di insufficienza – attenzione ai debiti formativi – si rischia una retrocessione o addirittura l’espulsione dalla magistratura.
Per “salvarsi” e restare in toga sarà necessaria la promozione con almeno un “discreto” alla successiva valutazione. Particolare attenzione verrà prestata all’anomala gestione dei fascicoli e alle riforme delle sentenze in appello, che potrebbero inficiare il giudizio professionale.
Prima del tavolo era emersa anche l’ipotesi – assente nelle bozze, dunque respinta – di imporre test psico-attitudinali per l’ingresso in magistratura, sul modello di quelli previsti per polizia e forze dell’ordine.
Dubbi sulla riforma
Ma chi giudicherà i giudici? Restano forti dubbi sulla costituzionalità e l’effettiva imparzialità di un meccanismo che – con buona pace del governo – sembra minare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Un sistema di premi e punizioni così diretto e stringente, con potere decisionale affidato al CSM, rischia di influenzare pesantemente il lavoro e le scelte dei giudici.
Insomma, ora che avremo pagelle e debiti formativi anche per i magistrati, viene da domandarsi: ci serve davvero un giudice che per fare carriera deve compiacere i suoi stessi valutatori?