Csm diviso sul procuratore di Roma, proposti tre nomi

Al plenum di oggi 14 gennaio, la Quinta commissione (incarichi direttivi) del Csm ha formulato tre proposte per l’incarico di procuratore capo della Repubblica di Roma: Francesco Lo Voi, procuratore capo di Palermo; Giuseppe Creazzo, capo della procura di Firenze; Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma e attuale reggente dell’ufficio.

GLI SCHIERAMENTI E I RISPETTIVI VOTI

In particolare, Lo Voi ha ricevuto il voto della togata di “Magistratura indipendente” Loredana Micciché e del laico di Forza Italia, Michele Cerabona. A favore di Creazzo è andato il voto di Marco Mancinetti, toga afferente alla corrente di centro “Unicost”. Un solo voto anche per Prestipino, arrivato in questo caso da Piercamillo Davigo di “Autonomia&Indipendenza”. «In questi mesi ha lavorato a lungo per una proposta condivisa. Purtroppo, allo stato, questo risultato non è stato raggiunto». Così Giovanni “Ciccio” Zaccaro, di “Area”, ha motivato l’astensione del compagno di schieramento nonché presidente della Commissione, Mario Suriano. Tra gli astenuti, anche il laico eletto in quota 5 stelle, Alberto Maria Benedetti.

L’ITER: IL “CONCERTO”, POI IL PLENUM

I relatori dovranno ora redigere le motivazioni a sostegno delle proposte. Quindi il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, esprimerà sulla nomina il suo vincolo di metodo e non di risultato nel cosiddetto “concerto”. Infine, il plenum decreterà il nome del successore di Giuseppe Pignatone alla guida della procura di Roma.

GIUSEPPE PIGNATONE: LA SUA STORIA DA CUFFARO A PROVENZANO

«Cosa farò domani? Di sicuro avrò tanto tempo per leggere». Così, lo scorso maggio, Pignatone aveva commentato il suo pensionamento. Classe 1949, nisseno di nascita, l’oramai ex procuratore capo di Roma ha dedicato buona parte dei suoi 45 anni di carriera alla lotta alla mafia, dalla condanna all’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, all’inchiesta che negli anni ’80 travolse il sindaco Dc Vito Ciancimino. Indagine culminata, nel 2008, nell’arresto del boss Bernardo Provenzano.

IL CASO PALAMARA E LA BUFERA NEL CSM

Proprio la nomina del nuovo procuratore capo di Roma era stata al centro dello scandalo che nella scorsa primavera aveva scosso palazzo dei Marescialli, l’opinione pubblica, e il Capo dello Stato, che si era detto in quell’occasione «scandalizzato e profondamente contrariato», disponendo le elezioni suppletive del consesso che lui stesso presiede per la sostituzione dei consiglieri autosospesi o dimessi.

Nell’occhio del ciclone, Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Assocazione nazionale magistrati, accusato di corruzione dalla procura di Perugia, competente per le indagini sui magistrati di Roma. Secondo l’accusa, Palamara avrebbe ottenuto soldi e altri regali da lobbisti vicini ad alcuni imprenditori per influenzare sentenze a loro carico. Palamara sarebbe poi venuto a conoscenza, da alcuni colleghi, delle indagini sul suo conto. Avrebbe quindi cercato di esercitare la sua influenza sulla nomina del prossimo procuratore di Perugia per assicurarsi un nome amico al vertice della procura competente per le indagini sui magistrati di Roma.

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