Tra rischi e opportunità: la fase 2 del mondo del vino

In vino veritas, dicevano i latini. In questo caso, però, la realtà da raccontare è tutt’altro che felice. Parlare di Covid-19, lockdown e fase 2 in relazione al settore vinicolo, è complesso e richiede una suddivisione fra le varie attività ad esso legate. In pochi, come i rivenditori specializzati nell’e-Commerce enologico, rivedono i ricavi al rialzo, mentre per molti altri la cassa piange. È il caso di cantine e produttori di piccole e medie dimensioni, nonché di tante enoteche, spesso a rischio fallimento.

Un comparto, quello della produzione di vino, che in Italia era in costante crescita fino all’irrompere del Coronavirus, e che nell’ultimo anno ha fatto registrare un fatturato complessivo di 13 miliardi di euro, per una crescita di quasi 2 miliardi rispetto al 2018. In tutta Italia si contano oggi circa 356 mila aziende.

Se nel computo vengono aggiunti bar, ristoranti, enoteche e rivenditori, gli addetti ai lavori sono 1,3 milioni. Stando ai dati di Confindustria, la chiusura fino a inizio giugno di molte di queste attività, insieme al mancato recupero dei crediti dell’ultimo periodo di vendite, causerà la perdita del 40% del fatturato delle imprese.

I crescenti investimenti nel settore vitivinicolo. Fonte grafico: Federvini
Il calo dell’export nel settore vinicolo

A destare particolare preoccupazione è il forte calo dell’export, il cui valore si è attestato nel 2019 sui 6,4 miliardi di euro, la metà dei ricavi totali. Il commento della Coldiretti in merito alla sua ricerca è esplicito: «Senza vendite, le aziende non riescono a far fronte ai pagamenti e a finanziare il ciclo produttivo che, dalla campagna alla cantina, non si può fermare. Le misure messe in campo con il blocco delle rate di mutui, prestiti, tasse, contributi sono certamente utili ma non bastano ed è indispensabile», continua l’associazione, «mettere a disposizione delle aziende vitivinicole liquidità».

«La stima di perdita subita in questo ultimo periodo è di circa l’80%. In diversi mercati siamo completamente fermi». A dichiararlo è Marcello D’Antrassi, export manager dell’azienda agricola Paolo Cottini, in provincia di Verona.

Tra le varie difficoltà riscontrate la gestione delle cantine non operative durante il periodo del lockdown: «l’accumulo di ritardi nell’imbottigliamento – prosegue D’Antrassi – e, per quanto riguarda l’assortimento, nei servizi ai clienti, oltre alla logistica» hanno rappresentato i problemi maggiori.

Se da un lato le vendite ai privati non si sono mai arrestate e il settore non ha mai subito un blocco totale, dall’altra «la chiusura di bar, ristoranti, e di una parte della distribuzione specializzata, ha ridotto gli spazi del mercato nazionale alla sola grande distribuzione», producendo una perdita non indifferente, afferma l’export manager. Una volta rimesse in moto tutte le filiere distributive, il commercio vinicolo, nei prossimi mesi, più che espandersi potrebbe subire «riposizionamenti negli spazi che competono, dopo mesi di contrazione della domanda».

La preoccupazione più grande di chi lavora in questo settore è che la fase della ripartenza sia lenta e disorganizzata. «Non è certo che saremo in grado di riconquistare il ruolo che avevamo prima: attendere troppo potrebbe favorire concorrenti più svegli di noi» ammette D’Antrassi. Tuttavia sul futuro si rimane ottimista, «potrebbero nascere opportunità per un allargamento delle nostre reti distributive approfittando del rivolgimento del mercato». E conclude con la strada più seguita del periodo: «dalla chiusura delle attività abbiamo provato ad avvicinarci ai clienti attraverso il digitale».

L’azienda agricola Paolo Cottini, in provincia di Verona
Il decollo dell’e-Commerce e la scelta dei clienti

Se c’è infatti un campo che sorride durante il Coronavirus è il commercio online, in particolar modo i prodotti enogastronomici. Almeno per ora, infatti, la vendita di vino è passata dal dettaglio ai click. Da leader di mercato, come Tannico, a rivenditori specializzati come Meteri, sono sempre più numerosi i siti dedicati all’e-Commerce dei vini. «I numeri di Tannico vedono, a partire dalle ultime tre settimane di marzo, un aumento del 100% dei volumi, del 10% della frequenza d’acquisto e del 5% delle quantità di bottiglie per ordine effettuato», spiega Marco Magnocavallo, cofondatore e CEO di Tannico.

E se prima acquistare bottiglie online spesso equivaleva ad occasioni per togliersi lo sfizio di un prodotto più costoso, ora l’orientamento dei clienti si concentra su fasce più basse: «le tipologie di bottiglie acquistate sono cambiate, registrando una diminuzione del 10% del prezzo medio per bottiglia, facendo calare il consumo di spumanti e Champagne e delle denominazioni Super Premium». Meno Barolo e Brunello, quindi, e più denominazioni dal prezzo moderato, dal Sicilia bianco e dal Venezia Giulia bianco, al Chianti classico e al Barbera.

Per quello che accadrà in futuro, Magnocavallo ha pochi dubbi sull’andamento del commercio enologico. Ci sarà «una grande attenzione da parte delle cantine verso il digitale, il rapporto diretto con il cliente e il canale online che negli ultimi anni non è stati capito da tutti». Una prospettiva che vede l’ampliamento del già vasto catalogo di Tannico, frutto comunque di un’accurata selezione dei produttori. «Immaginiamo un inserimento sulla nostra piattaforma: anche le cantine che per ora sono rimaste a guardare, saranno molto più determinate nell’abbracciare questo nuovo canale di vendita direct to consumer» afferma l’AD.

In quest’ottica, Tannico ha alte aspettative anche riguardo al proprio servizio di consegne B2B, per i professionisti del settore. Dopo un inevitabile rallentamento, dovuto alla chiusura di hotel e ristoranti, Magnocavallo si aspetta un rilancio: «siamo sicuri che con la ripartenza avremo ancora maggiori opportunità, date dalle caratteristiche del nostro servizio».

Il magazzino di Tannico, nei pressi di Milano
Il destino dell’enoteca: missione sopravvivenza

Per le società di e-Commerce i maggiori impedimenti sono stati finora legati al ritardo delle consegne, in caso delle aziende maggiori sia fuori che dentro i confini nazionali. «Le difficoltà da gestire in questo periodo sono svariate e vanno dalla difficoltà di ricevere in tempi brevi referenze non presenti in magazzino, all’enorme volume di consegne che i corrieri si trovano a gestire quotidianamente», sottolinea a tal proposito Magnocavallo.

Tuttavia, per rivendite ed enoteche i problemi sono molteplici e in molti casi dichiarare fallimento rischia essere la via meno dolorosa. «Nel caso di esercizi con una metratura elevata e che magari si occupano anche di ristorazione, le rimanenze in magazzino sono inevitabili. Se si aggiungono le difficoltà nell’asporto, in assenza di particolari condizioni, l’esito sarà una decimazione dei locali» commenta Luca Dinoi, titolare dell’enoteca Medulla Vini di Bologna, punto di ritrovo in città per gli amanti degli orange wine.

Con prospettive simili, una delle poche formule vincenti, per resistere e adattarsi, sembra essere legata alla qualità del servizio e del prodotto. «C’è il rischio che i rivenditori che non si siano distinti per vini o per un servizio particolari, vengano soffocati dal commercio online. Mai come in questo momento e un domani, l’esclusività dell’offerta sarà la leva grazie a cui emergere e andare avanti. Noi stiamo resistendo perché molti dei nostri clienti si sono fidelizzati e ora ci chiedono di portare loro il vino a casa», evidenzia il proprietario dell’enoteca bolognese.

In ogni caso, l’asporto non rappresenta più di un ripiego per evitare il collasso. Con le entrate ridotte al minimo o azzerate, per i gestori diventa impossibile pagare anche l’affitto del locale. «Gli aiuti dallo Stato sono del tutto insufficienti: i 600 euro del governo alle Partite IVA non arrivano minimamente a coprire le spese fisse degli esercenti» nota il titolare di Medulla Vini.

L’allentamento delle misure pone ora l’interrogativo della riapertura dei bar e soprattutto delle enoteche. Tanto dipenderà infatti dal flusso di persone disposte ad adattarsi alle norme di distanziamento nei tavoli. E proprio la ridotta capacità di accogliere i clienti nei locali, se non compensata da misure mirate, come la concessione gratuita di suolo pubblico all’aperto, contribuirà a ridurne ulteriormente i guadagni.

L’enoteca e rivendita Medulla Vini, a Bologna
Il mondo delle aziende vinicole

L’arrivo della pandemia ha procurato un danno d’immagine che è costato caro a cantine e produttori. «Abbiamo avuto un problema di tipo produttivo-logistico: siamo stati fin da subito vittima di pregiudizio, soprattutto al di fuori dei confini nazionali» afferma Pietro Sartori dell’azienda Sartori Vini, attiva dal 1898 e situata in Valpolicella nella provincia di Verona, famosa in tutto il mondo per la produzione di vini. Con l’arrivo dei primi casi di Covid-19 in Italia molti ordini sono stati bloccati o posticipati da clienti convinti che «il virus si trovasse nel vino imbottigliato, anche se si trattava di un prodotto del 2017 o del 2018» continua Sartori.

Le conseguenze? Cantine piene prima, deprezzamento del vino poi. «L’invenduto resta, prima o poi verrà smaltito, ma è inevitabile che le aziende, per liberarsi di ciò che doveva essere già partito, saranno costrette a svenderlo. Ci sarà un calo del prezzo e l’offerta supererà di gran lunga la domanda» sottolinea Sartori.

Le colline della Valpolicella, in provincia di Verona

Sono in particolare le aziende più piccole, nonostante il comparto agricolo non si sia mai fermato, a subire maggiormente gli effetti deleteri della pandemia: l’assenza di ordini da parte di privati, ristoranti e bar ha registrato un importante calo della mole di lavoro. Non è il caso Sartori vini, che produce circa 100.000 bottiglie al giorno. Realtà strutturate come questa, a differenza delle piccole cantine, hanno in essere contratti nella grande distribuzione (GDO), dove nell’ultimo periodo si sono verificati aumenti sensibili delle vendite: «se da un lato è scesa la vendita a privati, dall’altro è salita nella GDO, nonostante il margine di guadagno nei supermercati sia inferiore. Non abbiamo registrato una perdita disastrosa, anzi, per Sartori i volumi sono rimasti invariati».

L’azienda, poi, non si è mai fermata un giorno: «lavoriamo su due turni di operai, fin dall’inizio del lockdown abbiamo adottato le protezioni adeguate, mancava il gel ma per fortuna ce lo siamo fatti in casa, nel nostro laboratorio» racconta. E così come da Sartori, quella del gel igienizzante è stata una trovata condivisa anche da molte altre cantine, rimaste piene di vino invenduto.

Per quanto riguarda la vendemmia, le aziende si stanno attrezzando per permettere la regolare attività dei lavoratori stagionali, solitamente provenienti da Stati esteri come Romania e Marocco: «A differenza di trattamenti che prevedono automatizzazioni o che possono esser svolti in un periodo di tempo più lungo, la vendemmia deve avvenire in pochi giorni, se non c’è forza lavoro l’equazione casca e si rischia di non poter raccogliere l’uva, provocando un grande danno all’azienda».

L’augurio è che si trovi prima di agosto una soluzione, magari con nuove formule come «coinvolgere chi è rimasto senza lavoro, tutelando i lavoratori sia dal punto di vista assicurativo ed economico». Impensabile, invece, arrivare all’ inizio della vendemmia impreparati: «In Italia il settore vinicolo è molto importante. Fermarlo o bloccarlo sarebbe da stupidi» chiosa Sartori.

L’azienda vinicola Sartori Vini in provincia di Verona. Credit Foto: Sartori Vini
Le fiere che non furono, le fiere che verranno 

Chi non ha avuto nessuna possibile alternativa al rinvio, sono state, invece, le fiere. Gli eventi più importanti di tutto il mondo del vino hanno dovuto cedere alla pandemia: dal Prowein di Düsseldorf, al London Wine Fair di Londra, fino al Vinitaly di Verona. Posticipazione obbligata al 2021 anche per le varie rassegne nazionali, come il Vitignoitalia a Napoli, il Vinum di Alba o il VinNatur di Vicenza.

Nato come luogo di lavoro in cui produttori, estimatori e compratori del settore da tutto il mondo si incontro e stringono contratti commerciali, il Vinitaly per la prima volta in 53 anni è stato rimandato all’anno successivo. La 54esima edizione si terrà il 18-21 aprile 2021. Luogo di lavoro, ma anche di socializzazione, la fiera del vino più famosa d’Europa costituisce un’importante guadagno per il comparto turistico: bar, ristoranti, alberghi non solo del centro della città di Verona, ma anche delle aree limitrofe.

Fiera Vinitaly di Verona
Fiera Vinitaly di Verona

L’edizione dell’anno scorso è stata la più grande di sempre: 125 mila visitatori provenienti da 145 nazioni, con un incremento del 3% del 2018 dei top buyer. Quest’anno, a causa del Coronavirus «oltre 200 manifestazioni sono state sottoposte a revisione di calendario, con una perdita complessiva che sfiora i 6 miliardi di euro e i 51.400 posti di lavoro a rischio, senza considerare l’indotto e la perdita di 39 miliardi di euro di export generati dalle rassegne internazionali per le PMI europee» afferma Maurizio Danese, Presidente di Veronafiere.

Veronafiere e Vinitaly guardano però già alla ripartenza e a programmare un evento nel prossimo autunno a sostegno del business: «oltre a lavorare con investimenti straordinari sui nostri eventi internazionali Vinitaly Chengdu, Vinitaly China Road Show, Wine South America (23-25 settembre 2020), Vinitaly Russia (26 e 28 ottobre 2020), Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre 2020), Wine To Asia (9-11 novembre 2020) e le iniziative della Vinitaly International Academy, ci mettiamo a disposizione del settore e del sistema della promozione, per considerare la realizzazione di un evento innovativo il prossimo autunno a servizio delle aziende» dichiara il Direttore Generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani.

Il Merano Wine Festival in scena nel rappresentativo Kurhaus di Merano. Credit Foto: Wineconfidential.it

Sempre in autunno potrebbe svolgersi anche la kermesse del Merano WineFestival, una delle più importanti manifestazioni enogastronomiche d’Italia, in programma dal 6 al 10 novembre. Le date potrebbero di fatto rappresentare un momento di spartiacque fra l’emergenza e un primo periodo di rilancio economico. Proprio per questo «Merano WineFestival coinvolgerà in maniera attiva soprattutto le strutture ricettive locali creando dei veri e propri hotsposts. L’evento quest’anno sarà importante anche per il rilancio e il riposizionamento del turismo in Alto Adige» spiega Helmuth Köcher, storico ideatore e Presidente della rassegna.

Naturalmente, le disposizioni di distanziamento sociale imporranno un’organizzazione diversa. Anche mediante l’ausilio della tecnologia: «Il festival sarà un’opportunità nuova di presentare i vini attraverso tecnologie digitali ma sempre a Merano. Riprenderemo certe caratteristiche che avevano le prime manifestazioni degli anni 1992-1993, con meno produttori e meno pubblico presente» dice Köcher. Anche le masterclass durante la fiera «subiranno una riorganizzazione mantenendo come obiettivo principale quello di degustare insieme vini di alta qualità di varie annate con uno o più produttori». Stesso contesto, quindi, ma meno accessi consentiti.

Sarà minore, fino a quando la pandemia non sarà arginata a livello globale, anche il numero di produttori esteri che potranno partecipare alle prossime rassegne del vino italiane. Per questo motivo, «punteremo in primis sui produttori nazionali», sottolinea il patron del Merano WineFestival, specificando comunque che «l’eccellenza sarà presentata con gli stessi criteri e gli stessi numeri degli anni passati. Anzi, sarà notevolmente potenziata la visibilità e la promozione proprio grazie alle tecnologie online e i collegamenti da remoto».

Si affaccia dunque una nuova alternativa per vivere eventi, quelli enogastronomici, finora pensati soltanto per la presenza fisica. Una concezione che, se oggi pare una limitazione, in futuro potrebbe rappresentare un’opportunità in più per i produttori per accrescere la propria visibilità. Senza però dimenticare il piacere e il valore di un calice in enoteca. Lunga vita al vino italiano, quindi, eccellenza nel mondo e patrimonio da preservare. In particolar modo in questo periodo di estrema difficoltà.

Carolina Zanoni

NATA NELLA GIORNATA MONDIALE DELLA LIBERTÀ DI STAMPA, NON AVREI POTUTO SCEGLIERE UNA STRADA DIVERSA. LAUREATA IN LETTERE ALL'UNIVERSITÀ DI VERONA, OGGI SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX IULM-MEDIASET. SONO APPASSIONATA DI POLITICA, ANCHE EUROPEA. HO COLLABORATO CON “TOTAL EU”, “ITALPRESS” E “DIRE” ALL'INTERNO DELLE ISTITUZIONI EUROPEE A BRUXELLES E A STRASBURGO. Mi PIACE INTERVISTARE E STAR DIETRO LE QUINTE A RACCONTARE LE DINAMICHE DEL PIÙ INTRIGANTE SPETTACOLO (O CIRCO) DEL MONDO: LA POLITICA.

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