#Digiunopersalvini e #LaBestiaNONdigiuna: sono i due trend topic del 21 gennaio 2020 su Twitter. Migliaia di post e commenti a favore e contro il leader della Lega Matteo Salvini stanno riempiendo il social network. L’ex ministro dell’Interno ha chiesto ai suoi elettori di digiunare – creando il sito internet digiunopersalvini.it – per mostrare la loro contrarietà alla decisione del governo di processarlo per il caso Gregoretti. Ma siamo certi che l’adesione alla proposta di Salvini sia solo per questo?
«Digiuno di solidarietà»
«Matteo Salvini rischia la galera per aver difeso la Patria! Io sto con lui e digiunerò per un giorno in segno di solidarietà». Per farlo è necessario riempire un questionario abbastanza dettagliato con tanto di numero di cellulare. Leggendo la normativa per la privacy, è possibile constatare che, in caso di adesione, i dati saranno utilizzati per inviare materiale politico, proposte e idee che esulano dalla richiesta del leader leghisti. Potrebbe essere considerato un modo per avere nuovi sostenitori o per alimentare la campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del 26 gennaio.
Che cos’è il caso Gregoretti
‘”Gregoretti” è il nome della nave che, nel luglio 2019, ha soccorso 116 persone nel Mar Mediterraneo centrale. L’imbarcazione è rimasta ferma per giorni nel porto di Augusta, in provincia di Siracusa, a causa del divieto di sbarco imposto proprio da Salvini. Durante quelle ore, le condizioni dei migranti e dell’equipaggio sono peggiorate. Sono stati registrati diversi casi di scabbia e tubercolosi. Per questo motivo, il leader del Carroccio è indagato con l’accusa di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Il processo
Per poter processare un ministro per un reato commesso nell’esercizio delle proprie funzioni esiste una procedura particolare. Prima di tutto a decidere se l’indagine può andare avanti, è il tribunale dei ministri. Nel caso in cui questo dia parere positivo, è necessario che sia la camera di appartenenza del ministro a dare l’autorizzazione a procedere. Per Matteo Salvini, questo consenso deve arrivare dal Senato. Se i senatori sono favorevoli, l’indagine va avanti. In caso contrario, la magistratura non può più indagare.
A indagare è il tribunale dei ministri di Catania. I tre giudici ritengono che «le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro». Secondo il tribunale, «le persone soccorse ben potevano essere tempestivamente sbarcate e avviate all’hotspot di prima accoglienza per l’attività di identificazione, salvo poi essere smistate negli hotspot di destinazione secondo gli accordi raggiunti a livello europeo».
All’epoca dei fatti, Salvini ha basato il suo divieto di sbarco solo sul cosiddetto «decreto sicurezza». Secondo la relazione dei magistrati «l’obbligo di salvare vite in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione. Le convenzioni a cui l’Italia ha aderito costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e in base agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione non possono essere oggetto di deroga».
La difesa di Salvini
Matteo Salvini precisa di aver messo a conoscenza delle sue decisioni sul caso Gregoretti, il resto del governo e che proprio per questo motivo «non devo essere processato». Il Movimento 5 Stelle afferma invece che l’allora ministro dell’Interno non si era coordinato con il resto del governo. Tesi sostenuta anche dalla magistratura. Secondo i giudici di Catania «la questione relativa alla vicenda della nave “Gregoretti” non figura all’ordine del giorno (dell’unica riunione del consiglio dei ministri tenutasi il 31 luglio, ndr) e non è stata oggetto di trattazione nell’ambito delle”varie ed eventuali”».
Il senatore si dice comunque «pronto a tutto» e deciso «a portare in tribunale Giuseppe Conte e Luigi Di Maio». Dichiarazioni piuttosto contrastanti visto la decisione di inviare alla Giunta per le immunità un’ampia documentazione che dimostri l’assenza del reato.
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Il voto della Giunta per le immunità
La Giunta delle immunità ha votato per mandare a processo Matteo Salvini. Tra chi ha espresso parere favorevole, ci sono anche i senatori leghisti. Il 17 febbraio toccherà al Senato votare l’autorizzazione a procedere. Se non ci saranno ricorsi, verrà dato per buono il risultato del voto in Giunta: Salvini verrà quindi processato. L’articolo 135 ter del regolamento del Senato, però, prevede che un gruppo di almeno 20 senatori possa «formulare proposte in difformità dalle conclusioni della Giunta». Intanto il leader leghista afferma che sarà «difeso da mille avvocati» perché aprirà «un indirizzo e-mail per tutti gli avvocati italiani che vorranno partecipare alla difesa». Questo perché «siccome sarà la prima volta che ci sarà un processo a un ministro per motivi ideali e non economici, magari ci sarà una difesa collettiva con cinquecento o mille avvocati che si metteranno a disposizione».
Vado in tribunale a nome del Popolo Italiano, a testa alta e orgoglioso di quello che ho fatto e che rifarò, perché dopo aver fatto la storia di Emilia-Romagna e Calabria manderemo a casa anche il governo dei vigliacchi.
Io non mollo.— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 20, 2020