Duecento milioni di euro per violazione delle leggi sulla concorrenza. Questo l’importo dell’ultima multa comminata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) a Apple e Amazon. Una sanzione che è arrivata al termine di un’istruttoria su un accordo stipulato dalle due società nel 2018. L’accordo stabiliva che sulla piattaforma di Amazon i prodotti a marchio Apple e Beats potessero essere distribuiti solo da Amazon e da pochi altri rivenditori selezionati, escludendo la maggior parte degli altri canali, ufficiali e non ufficiali.
IL PROVVEDIMENTO DELL’ANTITRUST
Un accordo che è stato definito dall’Autorità «discriminatorio» e in aperto contrasto con le regole sulla concorrenza. Soprattutto se si tiene conto del fatto che Amazon.it è il luogo dove si concentra almeno il 70% degli acquisti di prodotti elettronici in Italia.
Ed è proprio sulle clausole relative alla selezione arbitraria dei rivenditori che si è concentrata l’istruttoria dell’Antitrust. Secondo l’Agcm, l’accordo tra Apple e Amazon viola l’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che vieta alle aziende di limitare o impedire la concorrenza nel commercio. Il risultato è una multa di 203,2 milioni di euro complessivi: 68,7 per Amazon e 134,5 per Apple. In aggiunta, l’Antitrust ha intimato alle due società di porre fine alle restrizioni, permettendo l’accesso ad Amazon a tutti i rivenditori Apple «in modo non discriminatorio».
MULTE E SANZIONI: SOLUZIONI EFFICACI?
Un provvedimento “apripista”, che ha spinto anche le autorità nazionali di concorrenza di Germania e Spagna ad avviare procedimenti analoghi contro le due società. D’altro canto, aziende come Apple e Amazon non sono nuove a sanzioni di questo tipo. Resta però sempre lo stesso dubbio: queste multe – per quanto salate – possono davvero essere la soluzione contro i comportamenti anti competitivi dei giganti del web? Guardando ai ricavi delle due aziende, probabilmente no. Nel 2020, Amazon ha fatturato 44 miliardi in Europa. Facendo due conti, la multa di 68,7 milioni di euro ammonterebbe ad appena lo 0,001% dei suoi ricavi dello scorso anno. Una cifra troppo ridotta per pensare di convincere davvero queste aziende a cambiare atteggiamento. Che sia arrivato il momento di seguire un nuovo approccio?