Addio all’abuso d’ufficio. La prima seduta della commissione Giustizia del Senato si è conclusa con l’approvazione del Ddl Nordio, il provvedimento che contiene l’abolizione del reato. A votare insieme ai partiti della maggioranza, anche Italia Viva, con il senatore Ivan Scalfarotto. Dura la reazione degli altri partiti dell’opposizione, che ritengono il provvedimento incostituzionale, in quanto in contrasto con i trattati internazionali, e lesivo per la tutela dei cittadini.
Cos’è l’abuso d’ufficio
L’abuso d’ufficio è disciplinato dall’articolo 323 del Codice penale. Il provvedimento prevede la contestazione di reato al pubblico ufficiale che, nello svolgimento delle sue funzioni, commette illeciti procurando un vantaggio a se stesso o ad altri. In termini semplici, compie un abuso d’ufficio un ufficiale, come un sindaco, che approfitta della sua posizione per ottenere un determinato risultato. La pena prevista dal è la reclusione da uno a quattro anni.
L’abrogazione del reato è uno dei cavalli di battaglia del governo Meloni, supportato anche dalla maggioranza dei sindaci italiani, sia di destra che di sinistra. La contestazione degli ufficiali si basa sul fatto che la formulazione prevista dal codice penale si riflette in un ambito di applicazione ampio e indefinito che permette di insinuare il reato per qualsiasi ragione. Il risultato sono migliaia di indagini a carico di amministratori che, nella maggioranza dei casi, si concludono con assoluzione o archiviazione, rallentando e limitando il lavoro della pubblica amministrazione.
Pro e contro
I partiti favorevoli all’abolizione dell’articolo 323 del codice penale sostengono che l’abuso di ufficio sia un reato «evanescente». Come dichiarato dal viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto a Rai Radio Uno: «non svolge la funzione per cui è stato introdotto, conservando geneticamente un margine di incertezza intollerabile […] innescando inchieste che poi finiscono in una bolla di sapone ma che, nel frattempo, durano uno, due, tre anni». Questo sistema, in una burocrazia macchinosa come quella italiana, rende ancora più complesso il lavoro degli amministratori locali che, spesso, preferiscono non prendere decisioni su provvedimenti discrezionali per evitare possibili procedimenti penali e conseguenti macchine del fango.
D’altro canto, l’opposizione, capitanata da Pd e M5s, sostiene che eliminare l’abuso di ufficio porterebbe alla creazione di un «vuoto di tutela per i cittadini» che resterebbero senza una garanzia fondamentale in grado di difenderli dai possibili soprusi della pubblica amministrazione. Inoltre, l’abolizione del reato andrebbe contro l’ordinamento dell’Unione Europea. Questo perché gli articoli 10 e 11 della direttiva UE sulla corruzione richiedono la necessità del reato di abuso d’ufficio. Inoltre, l’Italia è anche firmataria della convenzione Onu di Merida che prevede il reato come strumento necessario anti-corruzione.
Il parere favorevole dei sindaci
L’abolizione del reato d’abuso d’ufficio resta dunque una questione “spinosa”. Armando Biasi, primo cittadino del comune di Vallecrosia, in provincia di Imperia, ha espresso il suo parere sul tema. Il sindaco ha inizialmente fatto riferimento all’abuso del principio normativo, spesso sfruttato da giornalisti e magistrati come strumento politico. Con la sua rimozione, si toglierebbe la possibilità di approfittare dell’abuso d’ufficio, alleggerendo il compito degli amministratori comunali.
Biasi aggiunge anche un altro aspetto, a suo parere positivo, della rimozione del reato: «L’uso eccessivo dell’abuso d’ufficio ha fatto sì che i dirigenti non rispettassero più gli indirizzi dati dai politici per paura che un giudice potesse accusarli di questo reato». Quindi, siccome la politica avrebbe solo un compito di indirizzo mentre la firma di bandi e contratti è in mano ai funzionari, la rimozione dell’abuso d’ufficio ricucirebbe la relazione fra i due.
Inoltre, il sindaco aggiunge che «la maggior parte dei casi si sono dimostrati infondati in fase processuale e, in una paese in cui c’è una sovrabbondanza di leggi, potrebbe essere punito attraverso altre norme».
Prospettive chiaroscurali
Proprio i sentimenti dei funzionari sono più titubanti. «In quanto reato abbastanza vago e discrezionale, che colpisce soprattutto la moralità del dipendente pubblico – riflette M.C., dirigente in un comune piemontese – i confini di cosa sia e cosa non sia abuso sono sempre stati troppo vaghi. E l’imputazione è stata usata soprattutto come uno spauracchio». In effetti la verifica della condotta illecita, quando non accompagnata da altri reati come la corruzione o la turbativa d’asta, è estremamente aleatoria. Tutto può essere abuso d’ufficio, se chi giudica lo ritiene.
«Non è raro che le procure abbiano accusato funzionari in maniera impropria – continua M.C. – e che i processi si siano spesso chiusi con l’assoluzione degli imputati. Da un lato capisco il sollievo dei dipendenti e degli amministratori pubblici, ma dall’altro non sono così convinto dell’eliminazione del reato». L’abuso d’ufficio in sostanza, pur con mille ombre, forniva un argine alle condotte improprie che, in assenza di freni, molti funzionari potrebbero attuare. Un argine che però, ora, viene a mancare. Con possibili conseguenze che è facile immaginare.