Chiude i battenti Google Plus. La decisione arriva dopo l’ennesima falla nel sistema sicurezza che ha messo a rischio i dati di milioni di utenti. A darne la notizia è lo stesso Google tramite una e-mail, inviata a tutti coloro che possiedono un account attivo. All’interno del testo, il colosso ha giustificato la scelta dando la colpa “allo scarso utilizzo e le difficoltà relative al mantenimento di un prodotto in grado di soddisfare le aspettative dei consumatori”. La realtà però è ben diversa.
I problemi, infatti, sono iniziati nell’ottobre del 2018 quando un’inchiesta del Wall Street Journal mostrò che, nel marzo precedente, i dirigenti di Google avevano scoperto dell’esistenza di una crepa nel sistema che avrebbe messo a rischio la privacy di 500 mila utenti. Il problema era stato risolto nello stesso mese, ma la notizia non fu data ai media immediatamente. Questo perché, proprio a marzo 2018, era appena esploso lo scandalo Cambridge Analytica che ha causato enormi danni a Facebook. La paura era quella di finire nello stesso vortice. La seconda falla è emersa a dicembre 2018 e questa volta a rischio erano i dati di 52,5 milioni di utenti. La società non ha fornito i dettagli sulle problematiche riscontrate dal sistema. Ha solo parlato di un bug che dava agli sviluppatori di app esterne l’accesso a nomi, indirizzi e-mail, professioni, generi ed età. Questo però è bastato per anticipare la chiusura da agosto 2019 al 2 aprile.
Il colosso informatico statunitense ha dato due mesi di tempo per scaricare e salvare tutti i dati prima della chiusura che comporterà l’eliminazione di tutto il materiale archiviato. Dal 4 febbraio non è più possibile creare profili, community o eventi e tutti i commenti presenti sui blog o siti saranno cancellati entro il 7 marzo. Indenni foto e video presenti su Google Foto e salvi anche gli account collegati a Google Suite, che potranno essere ancora utilizzati.
Scontro tra titani: Google Plus contro Facebook e Twitter
La piattaforma è stata lanciata il 28 giugno 2011. L’accesso era consentito solo tramite invito. Il giorno seguente, gli utenti selezionati potevano invitare gli amici a creare il proprio account. A causa delle eccessive richieste, l’idea è stata immediatamente sospesa. L’iscrizione libera e senza invito è stata resa possibile solo il 20 settembre 2011. Il 29 settembre Larry Page, fondatore di Google, annuncia il primo traguardo: più di 62 milioni di iscritti. Il 6 dicembre 2012 vengono superati i 500 milioni, ma solo 135 milioni sono gli utenti attivi. Nel 2013 conta più di 1 miliardo e 13 milioni di utenti iscritti contro 1 miliardo e 14 milioni di utenti iscritti su Facebook, ma il grado di attività è ancora basso. Gli iscritti restano sulla piattaforma solo per pochi secondi.
L’obiettivo di Google era quello di includere strumenti innovativi dando così filo da torcere ai big dei social network. La piattaforma introduceva nuovi contenuti multimediali, come: gli hangouts (videoritrovi) dove era possibile condividere video e parlare allo stesso tempo con tutti i componenti presenti all’interno, tramite microfono e webcam, o la possibilità di scambiarsi file all’interno della chat. Anche il concetto di “comunità” è stato cambiato radicalmente. A differenza degli altri social, Google+ consentiva di suddividere i contatti in “circles” (cerchie), liberamente creabili e modificabili dall’utente, o di creare dei contenuti inerenti ad un argomento specifico da condividere sempre con la cerchia. L’interfaccia, inoltre, permetteva anche ai meno esperti di avere un controllo totale del proprio profilo e scegliere quali persone potevano accedervi e mettersi in contatto con l’utente. Questo avrebbe dovuto limitare la diffusione dei dati personali e tutelare quindi la privacy. Qualcosa però è andato storto.
La giornata mondiale per la sicurezza in rete
In occasione della giornata mondiale per la sicurezza in rete, lo stesso Google ha commissariato un sondaggio che evidenzia come il 51% degli italiani ha paura del furto dei dati bancari. Il 14% teme che vengano violate le informazioni di carattere personale e solo il 5% è preoccupato per la violazione delle email e della cronologia dei siti visitati. Di fronte ai rischi, la consapevolezza dell’importanza di proteggere i dati personali sta crescendo, ma ci sono ancora margini di miglioramento: se la metà del campione usa password diverse per ciascun servizio online, più di una persona su tre (38%) continua ad utilizzare la stessa password per alcuni o addirittura per tutti i servizi online.