«Ho pubblicato le foto delle mie mascherine su Instagram quasi per scherzo. Sono rimasto sorpreso anche io dalle tante richieste da parte di amici e clienti: le volevano tutti». Così è nata l’iniziativa di Alessandro Dell’Orto che, mentre lavorava nella camiceria di famiglia, ha pensato di darsi da fare per fronteggiare l’emergenza coronavirus. «Già da inizio marzo, prima del lockdown, avevo notato un leggero calo delle vendite. Da noi si possono comprare sia indumenti pronti che fatti su misura, quindi abbiamo diversi tipi di tessuti in magazzino».
Vedendo che la richiesta di mascherine aumentava dopo la scoperta dei primi casi di Covid-19, Alessandro ha pensato di realizzarne alcune in negozio, con lo stesso tessuto usato per le camicie: «Utilizzo il cotone doppio ritorto e faccio un doppio strato, aggiungendo poi l’elastico. In questo modo le mascherine sono lavabili e possono essere riutilizzate. Parlando con un medico ho avuto conferma del fatto che costituiscono una protezione, anche se ovviamente non garantiscono la sicurezza di quelle professionali». Come da tradizione made in Italy, non poteva mancare un tocco di stile: «Sulla prima mascherina avevo cucito le mie iniziali. Dopo aver postato la foto sui social, mi sono arrivate molte richieste per averle personalizzate e in diversi colori». «Ho ricevuto anche ordini consistenti: un’azienda le ha chieste per i propri dipendenti e anche le forze dell’ordine di Lissone si sono interessate». La Camiceria Albiate però, come tutti gli esercizi commerciali ritenuti non essenziali, il 9 marzo ha dovuto chiudere e la produzione si è interrotta. «Ho potuto solo consegnare le ultime che avevo realizzato. È molto difficile lavorare a casa anziché in negozio, dove ci sono tutti gli strumenti. In questo periodo non riesco neanche a reperire l’elastico: si trova al supermercato, ma non si può comprare non essendo un bene di prima necessità».
Questa idea, che avrebbe potuto costituire un valido aiuto per proteggersi dal contagio e un’entrata per un’attività altrimenti bloccata, non è stata sostenuta in alcun modo.
Sono state predisposte delle agevolazioni economiche destinate alla riconversione aziendale per produrre dispositivi medici o di protezione individuale, ma non tutte le attività ne possono fare richiesta. Gli incentivi si rivolgono alle imprese costituite in forma societaria, mentre sono escluse partite Iva e ditte individuali, come appunto la Camiceria Albiate.
Questo tipo di attività è però tra quelle che, in accordo con le previsioni, saranno più colpite dalla crisi. Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, la perdita di fatturato che le imprese artigiane subiranno a livello nazionale in questo mese di chiusura è di 7 miliardi di euro. Tra i comparti più danneggiati ci sarà proprio la manifattura (che comprende metalmeccanici, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature), con 2,8 miliardi di perdite, insieme alle costruzioni e ai servizi alla persona.
«L’artigianato rischia di estinguersi, o quasi, in particolar modo nelle piccole città e nei paesi di periferia, – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – molte attività a fronte dell’azzeramento degli incassi, degli affitti insostenibili e di una pressione fiscale eccessiva, non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere. Se la situazione non migliorerà entro la fine del prossimo mese di maggio, è verosimile che entro quest’anno il numero complessivo delle aziende artigiane scenderà di almeno 300 mila unità: vale a dire che il 25% delle imprese artigiane presenti in Italia chiuderà i battenti».
In questo scenario negativo, resta però spazio per l’iniziativa personale, grazie alla quale possono nascere nuovi sbocchi per le attività artigianali: «Speriamo di riaprire al più presto – conclude Alessandro – marzo solitamente era un buon mese per le vendite e invece siamo rimasti bloccati. Sicuramente, oltre alle camicie, continuerò a cucire mascherine».