500 mila libri “spariscono” dal Web per una battaglia sul copyright. Internet Archive, la rinomata biblioteca digitale gratuita, è al centro di una disputa legale che potrebbe rivoluzionare l’accesso al sapere nell’era digitale. Una sentenza sfavorevole ha costretto l’archivio a rimuovere circa mezzo milione di libri digitali. Una perdita considerevole che priva gli utenti di numerosi testi consultabili a tempo limitato. I giudici statunitensi si rifiutano di riconoscere a Internet Archive il diritto di scannerizzare libri protetti da diritto d’autore per renderli accessibili agli utenti. Diversamente da quanto stabilito per Google Books, in questo caso i giudici non hanno applicato il principio del fair use, ovvero dell’utilizzo corretto e legale delle opere.
Gli editori contro il prestito digitale
Tutto è iniziato con la denuncia di alcuni editori che hanno accusato Internet Archive di violare il copyright. Nonostante l’utilizzo di tecnologie che impediscono il download non autorizzato, l’organizzazione sostiene che il suo sistema di prestito digitale controllato rispetti le normative. Internet Archive si presenta come una biblioteca fisica, “prestando” copie digitali e rendendole indisponibili fino alla loro restituzione.
Una petizione per ripristinare l’accesso ai testi
Internet Archive ha pubblicato su Instagram un post molto critico, rivelando i nomi degli editori che hanno costretto la piattaforma a “censurarsi”.
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L’organizzazione non profit, che permette anche il download di immagini ISO di sistemi operativi, ha lanciato anche una petizione online per chiedere che la decisione venga rivista. Chris Freeland, direttore dei servizi di Internet Archive, ha evidenziato le conseguenze immediate e profonde su molti utenti, soprattutto in aree con accesso limitato alle biblioteche. I libri rimossi restano disponibili per i non vedenti, mentre per la maggior parte degli utenti la schermata che si vedono comparire davanti recita un laconico “non disponibile per il prestito”.
Internet Archive ribadisce che il prestito digitale controllato non danneggia il mercato degli e-book. Anzi, promuove l’accesso alla conoscenza e all’informazione, in linea con gli obiettivi del diritto d’autore. Freeland afferma: «Vogliamo solo permettere agli utenti di prendere in prestito e leggere i libri che possediamo, come qualsiasi altra biblioteca».
Il ricorso dell’organizzazione non profit
L’organizzazione è pronta a rivolgersi alla Corte d’Appello degli Stati Uniti per difendere il prestito digitale come pratica legittima ai sensi del fair use. Inoltre, sottolinea che molte opere rimosse non vengono più stampate o sono di autori deceduti, i cui lavori non generano più significative entrate per gli editori. La biblioteca digitale si auto-rappresenta come un’importante risorsa per accedere a libri su argomenti di nicchia o non disponibili in determinate aree geografiche. E ora c’è da chiedersi se questo contenzioso avrà un impatto sulla possibilità di biblioteche e istituti scolastici di rendere disponibile gratuitamente online di un vasto patrimonio culturale e informativo.