Occhio a spettacolarizzare troppo un tema delicato come quello della fusione nucleare. Per la prima volta, il laboratorio di ricerca Lawrence Livermore in California è riuscito a dimostrare che è possibile creare più energia di quella prodotta, anche se in piccolissima quantità.
I primi a far trapelare la notizia sono stati il Financial Times e il Washington post. I principali quotidiani e tutto il web non hanno aspettato a titolare con grande entusiasmo parlando di “svolta storica”. La Repubblica, il giorno dopo l’annuncio, ha dedicato le prime quattro pagine del cartaceo ancora prima della conferenza stampa da parte dei ricercatori.
Il passato ci ha insegnato a essere molto cauti attorno alla questione della ricerca delle rinnovabili. Pochi dimenticano la triste storia della fusione a freddo. L’annuncio avventato di una ricerca potenzialmente rivoluzionaria che fece emergere solo grandi polemiche e dinamiche insane all’interno dell’ambiente accademico.
Ovviamente non è comparabile il fatto ma iniziamo a dare il giusto peso alle notizie, soprattutto se si tratta di energia, tema molto caldo, oltre che a livello ambientale, anche geopolitico ed economico.
Premessa fatta. Analizziamo gli esiti dell’esperimento compiuto.
L’esperimento è stato realizzato nella National Ignition Facility, un’installazione di ricerca ospitata nei Lawrence Livermore National Laboratory che studia la fusione a confinamento inerziale.
La ricerca è stata finanziata da investimenti pubblici e privati senza pari nel mondo, compreso il maxi pacchetto di aiuti per la green economy della recente legge anti inflazione (Inflation Reduction Act) varata dall’amministrazione Biden.
Nel confinamento inerziale si utilizzano fasci laser ad alta potenza o fasci di particelle energetiche. In questo caso, sono stati impiegati 192 fasci laser che in qualche miliardesimo di secondo hanno colpito la parte interna di un piccolo cilindro contenente deuterio e trizio allo stato liquido, il plasma.
Differente la fusione a confinamento magnetico dove il plasma viene confinato all’interno di campi magnetici, come nel caso di ITER, il più grande progetto di ricerca nella storia.
A Saint-Paul-lès-Durance, nel sud della Francia, è in fase di costruzione il reattore più grande al mondo, il Tokamak. Si tratta della più grande iniziativa nel campo della fusione nucleare su scala industriale, alla quale collaborano l’Unione Europea, Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone e Korea.
Quindi, modi di confinamento del plasma molto diversi ma un unico obiettivo: arrivare a produrre energia elettrica su larga scala, sicura, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente.
La sfida più grande è riuscire a innescare la fusione impiegando, per ottenerla, molta meno energia di quanta ne venga rilasciata.
Per la prima volta, il centro di ricerca Lawrence Livermore ha usato 2,05 megajoule di energia laser per produrre 3,15 megajoule di energia di fusione, raggiungendo un valore Q di 1,5. Con Q si indica il rapporto tra energia immessa e energia estratta. Il progetto ITER ambisce ad arrivare a un rapporto di Q10, ossia produrre 10 volte più energia di quella consumata.
Senza alcun dubbio, il risultato americano è un’ importante dimostrazione pratica per la ricerca scientifica e per l’innovazione tecnologica. Fino a ieri, tutto ciò era raggiungibile solo sui modelli teorici.
Va precisato però che…
I circa 3,15 megajoule prodotti sono di energia termica. Questo significa che per essere impiegata e diventare energia elettrica fruibile deve subire ulteriori trasformazioni. E, nel passaggio da termica a elettrica, si distrugge più della metà dell’energia ottenuta.
Nella vita reale, comunque, l’utilizzo di questa tecnologia resta ancora molto lontana. Ci vorrà tempo per uscire dal laboratorio e costruire una vera centrale che produca energia da fusione nucleare a livello industriale. Dieci anni o forse addirittura decenni, avvisano gli esperti.
È curioso guardare anche all’impatto economico e di visibilità della notizia di questo traguardo da parte del Dipartimento dell’Energia USA. Con l’Inflation Reduction Act, l’amministrazione del presidente Joe Biden sta investendo quasi 370 miliardi di dollari in nuovi incentivi per le fonti di energia a basse emissioni di carbonio nel tentativo di vincere la corsa globale alle tecnologie rinnovabili di prossima generazione. Non è un caso che l’annuncio della “svolta” sulla fusione avvenga a poche settimane dal lancio del piano.
Detto ciò, il risultato di questo importante (seppur piccolo in termini di quantità di energia) esperimento dimostra e conferma ciò che, da tanti anni, ricercatori, ingegneri, professionisti, esperti del settore sostengono: la fusione nucleare è veramente possibile. E dopo questo nuovo risultato non si può più ignorarne il potenziale.