«Le mafie vincono dove la vita naufraga, dove la coscienza si inabissa e annega». Così Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, davanti a settantamila persone che oggi, 21 marzo, a Milano, hanno accolto oltre cinquecento familiari di vittime innocenti delle mafie. A loro è dedicata la 28esima edizione della Giornata della memoria e dell’impegno, promossa da Libera e Avviso Pubblico. Dopo 13 anni, la manifestazione è tornata nel capoluogo lombardo in occasione del trentennale della strage mafiosa di via Palestro.
Il primo giorno di primavera sventolano migliaia di bandiere colorate sulle note di Cento Passi. Il corteo ha sfilato per le strade di Milano, dai bastioni di Porta Venezia, passando per Piazza della Scala, fino a piazza Duomo, chiedendo «verità e giustizia» per le 1069 vittime della criminalità organizzata, di cui 115 minori e 133 donne.
L’indifferenza fa ancora la differenza
«L’80% dei familiari non conosce la verità o ne conosce solo una piccola parte. Senza verità, però, non si può costruire giustizia», ha detto il presidente di Libera. Il vuoto lasciato attorno ai familiari ha contribuito a far crescere la sfiducia delle comunità nei confronti delle istituzioni, locali e nazionali. «Nonostante l’impegno e il sacrifico di tanti, in Italia la differenza la fa ancora l’indifferenza. – continua Don Ciotti – Serve una presa di coscienza collettiva (culturale, sociale ed etica) per eliminare la peste mafiosa dalla vita di tutti. Bisogna estirpare il male alla radice, per evitare il pericolo che stiamo già vivendo: la normalizzazione della presenza mafiosa tra noi».
Le organizzazioni criminali, infatti, sono presenti anche al Nord Italia, soprattutto in Lombardia. Oggi sono delle imprese moderne, che ricorrono meno alla violenza diretta, perché possono contare su quella bianca del capitale economico. Serve un’attenzione in più anche in vista dei Giochi olimpici invernali di Milano Cortina 2026, che vedono la costruzione di nuove opere e l’assegnazione di nuovi appalti. «Quella contro la mafia non è una battaglia finita. Milano è ancora al centro di tanti interessi economici. Ciò è un bene, ma questo attirerà anche tanti mali intenzionati. Gli anticorpi che ci siamo fatti in questi anni, attraverso errori e incertezze del nostro percorso, adesso ci aiuteranno», ha detto Giuseppe Sala, sindaco di Milano.
La cultura deteriore del “farsi i fatti propri”
Una convivenza dovuta a una connivenza e a una sottovalutazione. «Si continuano a fare letture antiche e inadeguate sui fenomeni criminali mafiosi, che si sono evoluti, assumendo forme e metodi, che richiedono nuovi sguardi e nuove strategie», ha spiegato Don Ciotti.
Sono stati ricordati anche le 86 vittime del naufragio di Cutro. Una scelta simbolica perché, come ha sottolineato Don Ciotti, sono proprio i migranti i più esposti allo sfruttamento delle organizzazioni mafiose: «Sono vittime di traffici nel Mediterraneo, in cui nuotano e ingrassano le mafie». Sul palco di Piazza del Duomo, è stata mostrata una maglietta con alcuni simboli: Kr di Crotone, il numero 46 riferito al 46eseimo corpo trovato, la lettera M è perché era maschio, la O sbarrata perché era un bambino al di sotto di un anno.
“È possibile” fare la propria parte
“È possibile”. È questo lo slogan scelto mesi fa, come ha raccontato Lucilla Andreucci, referenti di Libera Milano, pensando alla giornata di oggi. «Le istituzioni e troppi cittadini a intermittenza si commuovono, ma poi non si muovono. La strada è certamente lunga, ma noi siamo chiamata a fare la nostra parte», ha concluso Don Luigi Ciotti. Forse, è davvero possibile.