Lo scontro fra governi e Big Tech si arricchisce di un nuovo capitolo. Questa volta il teatro della battaglia è l’India, dove il governo di Narendra Modi ha appena approvato le nuove regole destinate alle piattaforme digitali, raccolte nel documento Intermediary guidelines and digital media ethics code.
Nel tentativo di ostacolare l’approvazione della legge, Whatsapp ha deciso di fare causa al governo indiano, sostenendo che le nuove regole – in vigore da oggi, mercoledì 26 maggio – rischiano di compromettere la privacy dei cittadini. La causa legale è stata presentata all’Alta Corte di Delhi, che avrebbe il potere di bloccare l’applicazione della nuova legge.
Whatsapp e la crittografia end-to-end
Ad innescare la levata di scudi della celebre app di messaggistica è uno specifico passaggio della legge. Tra i vari obblighi inseriti nel nuovo pacchetto di regole, infatti, alle piattaforme tech viene imposto di identificare, nel caso di esplicita richiesta delle autorità, il primo autore di una certa informazione. Una richiesta che obbligherebbe Whatsapp a rompere la crittografia end-to-end, che attualmente tutela la privacy delle chat degli utenti.
«Richiedere alle app di messaggistica di tracciare le chat equivale a chiederci di mantenere un’impronta digitale di ogni singolo messaggio inviato su WhatsApp, il che romperebbe la crittografia end-to-end e minerebbe fondamentalmente il diritto alla privacy delle persone», ha dichiarato ad un sito di informazione indiano un portavoce di Whatsapp.
Il rapporto complicato tra Modi e le Big Tech
Il primo ministro indiano non è nuovo allo scontro con le piattaforme digitali. Già nel 2019, Modi aveva avanzato una proposta di legge – mai approvata – per conferire al governo il potere di regolare il dibattito online. Negli ultimi mesi, la situazione non ha fatto altro che complicarsi. Ad aprile, il governo indiano ha ordinato a Facebook, Twitter e Instagram di rimuovere i contenuti degli utenti che criticavano la gestione dell’emergenza Covid da parte del primo ministro Modi. Il 25 maggio, poi, le forze dell’ordine indiane si sono presentate negli uffici di Twitter, che nei giorni precedenti aveva segnalato come “contraffatto” un contenuto pubblicato da un portavoce del governo.
Secondo alcuni osservatori, dunque, il nuovo pacchetto di regole sui media avrebbe come unico scopo quello di permettere al governo indiano di ampliare il proprio controllo sulle piattaforme digitali e silenziare i dissidenti politici.