Vaccini, welfare e migranti: i 100 giorni della svolta Biden

Quando ci si getta con un paracadute e ci si avvicina al momento dell’impatto con il suolo, è fondamentale cominciare a correre non appena si tocca terra. In inglese esiste un’espressione per descrivere questa situazione: hit the ground running. Letteralmente, toccare terra correndo. Significa farsi trovare pronti da subito, senza bisogno di guardarsi intorno o prendere le misure.

È quello che è successo a Joe Biden, eletto Presidente degli Stati Uniti nel mezzo di una pandemia, con la consapevolezza che non ci fosse un solo minuto da perdere. Oggi, venerdì 30 aprile, il presidente democratico ha raggiunto il suo centesimo giorno alla Casa Bianca. Un traguardo simbolico, una scadenza informale, ma che permette di fare un primo – e forse prematuro – bilancio del nuovo presidente americano, delineando le priorità della sua amministrazione e i primi obiettivi raggiunti.

Chi vedeva in Biden un politico stanco e attempato è stato costretto a ricredersi. Nei suoi primi cento giorni, il presidente democratico ha promosso un numero record di ordini esecutivi – il più alto dai tempi di Franklin Roosevelt – e ha avanzato proposte di legge tanto ambiziose quanto radicali, che hanno ricevuto il plauso anche dell’ala più progressista del suo partito.

Una figura rassicurante ma al tempo stesso dinamica, che è riuscita ad avanzare la propria agenda con un approccio risoluto e pragmatico, senza mai alzare la temperatura del dibattito politico. E per il momento, Biden sembra anche aver incontrato il favore della maggioranza degli americani. Secondo la media dei sondaggi delle ultime settimane, il suo indice di popolarità oscilla attorno al 53%. Una percentuale contenuta rispetto a George W. Bush e a Barack Obama, ma che supera nettamente la performance di Donald Trump, che nel 2017 si fermò ad appena il 41%.

Ma aldilà della discontinuità con il suo predecessore, quali sono i traguardi raggiunti da Joe Biden nei suoi primi 100 giorni dentro lo Studio Ovale?

LA LOTTA ALLA PANDEMIA TRA VACCINI E WELFARE

Come ci si poteva immaginare, gran parte degli sforzi iniziali si sono concentrati sulla lotta alla pandemia. All’ottimo piano di investimenti sui vaccini preparato dall’amministrazione Trump, Biden ha saputo aggiungere un’imponente macchina logistica, che ha portato gli Stati Uniti a raggiungere cifre da record nella campagna vaccinale.

A pochi giorni dal suo insediamento, il presidente americano aveva fissato l’obiettivo di 100 milioni di dosi di vaccino somministrate entro la fine di aprile. Ad oggi quell’obiettivo è stato più che raddoppiato, con oltre 140 milioni di americani che hanno ricevuto almeno la prima dose e quasi 100 milioni che sono già completamente vaccinati.

Il più grande traguardo raggiunto da Biden, però, non sta tanto nell’accelerazione della campagna vaccinale, quanto nell’introduzione di misure di welfare per le categorie più colpite dalla pandemia. A inizio marzo, il presidente americano ha firmato l’American Rescue Plan, un pacchetto da 1900 miliardi di dollari – destinato in gran parte a disoccupati e famiglie in difficoltà –, che i media americani hanno descritto come una delle più grandi misure di welfare dai tempi del New Deal di Roosevelt.

IL GOVERNO FEDERALE COME MOTORE DELL’ECONOMIA

L’accelerazione della campagna vaccinale si è presto tradotta anche in una ripresa economica, con il Pil americano che è cresciuto dell’1,6% nel primo quadrimestre del 2021. Secondo le ultime proiezioni, l’economia a stelle e strisce potrebbe tornare ai livelli pre-pandemia già nel periodo estivo e raggiungere un +6,5% entro la fine dell’anno.

La crescita economica, però, sarà strettamente legata anche all’indice di disoccupazione. Ad oggi restano ancora almeno 4 milioni i disoccupati “di lungo termine”, coloro cioè che avranno più difficoltà ad essere riassorbiti nel mondo del lavoro.

Ed è per questo che la seconda grande manovra di Biden è stata la messa a punto dell’American Jobs Plan, un piano di investimenti pubblici da quasi 2000 miliardi di dollari, che ancora deve superare la ferma opposizione dei Repubblicani al Congresso. Il piano studiato dal presidente americano mira a creare posti di lavoro attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture. Un piano di ammodernamento epocale, i cui costi verrebbero coperti da un aumento delle tasse sulle imprese, sui ricchi e – se non dovesse bastare – sul ceto medio alto.

In occasione del suo ultimo discorso al Congresso, Biden ha annunciato anche un terzo grande piano di investimenti, ribattezzato American Families Plan. Un pacchetto da 1800 miliardi di dollari, pagati anche in questo caso con l’aumento delle tasse sui redditi più alti, che introdurrebbe misure a sostegno dell’istruzione, dell’infanzia e dell’assistenza sanitaria.

Tre grandi manovre economiche, dunque, – una già approvata, due in fase di definizione – attraverso cui Biden sta cercando di restituire un ruolo chiave al governo federale, dopo decenni in cui sia Democratici che Repubblicani hanno cercato di limitare il più possibile l’intervento dello Stato e la spesa pubblica.

IL PRIMO INCIAMPO DI BIDEN: L’IMMIGRAZIONE

Accanto alla crisi sanitaria ed economica legata al Covid, Biden si è ritrovato ad affrontare un’altra situazione di emergenza parallela: la crisi migratoria al confine tra il Texas e il Messico. Soltanto a febbraio sono state oltre 100mila le persone arrestate dal Border Patrol mentre tentavano di entrare illegalmente nel territorio americano.

I Repubblicani hanno subito puntato il dito contro il presidente, accusato di aver incoraggiato l’ondata migratoria annunciando una sanatoria per i Dreamers e per gli immigrati clandestini. Ma i rimproveri sono arrivati anche dall’ala più radicale del partito democratico, che ha criticato la mancanza di discontinuità di Biden rispetto alle politiche migratorie adottate da Trump.

Al momento, il fronte immigrazione è quello che sta creando maggiori difficoltà a Biden, che ha deciso di affidare il dossier alla sua vice Kamala Harris, che guiderà il lavoro diplomatico con i paesi dell’America centrale.

Il muro al confine tra il Messico e gli Stati Uniti

LA POLITICA ESTERA CAMBIA, MA NON SULLA CINA

Un importante cambio di passo è arrivato anche sul fronte della politica estera, sulla scia dello slogan che più ha accompagnato questi primi 100 giorni di amministrazione democratica: «America is back».

Fin dai suoi primi giorni alla Casa Bianca, Biden ha messo fine alle politiche isolazioniste di Trump, cercando di ristabilire il primato americano nelle relazioni internazionali. Vanno lette in quest’ottica anche la reintroduzione degli Stati Uniti negli Accordi di Parigi per il Clima e la ripresa dei rapporti diplomatici con l’Europa, dove Biden effettuerà il suo primo viaggio ufficiale nelle vesti di presidente.

La vera partita, però, sembra destinata a giocarsi in Medio Oriente, dove Biden ha deciso di adottare una linea di netta discontinuità rispetto al suo predecessore. Il presidente americano ha annunciato il ritiro definitivo di tutte le truppe presenti in Afghanistan entro l’11 settembre di quest’anno, a vent’anni esatti dall’attacco al World Trade Center. Contemporaneamente, l’amministrazione Biden ha riallacciato i rapporti diplomatici con l’Iran, nella speranza di poter resuscitare l’accordo sul nucleare introdotto da Barack Obama.

Nessuna differenza sostanziale, invece, nelle relazioni con la Cina, dove il nuovo inquilino della Casa Bianca ha scelto di mantenere la linea dura adottata da Trump. Prosegue dunque la guerra commerciale con Xi Jinping, come testimoniato anche dal primo incontro ufficiale tra diplomatici cinesi e americani, che si è trasformato subito in un lungo scambio di pubbliche accuse.

Il meeting in Alaska tra diplomatici cinesi e americani

Insomma, dopo quattro anni turbolenti sotto l’amministrazione Trump, Joe Biden non si è limitato a rassicurare gli americani e offrire stabilità. Anzi. Il nuovo presidente democratico ha sfruttato la propria immagine di politico moderato e all’antica per avanzare un’agenda politica ambiziosa. Le questioni da risolvere sono ancora tante ed è presto per stabilire se questa ricetta funzionerà. Una cosa però è certa: Joe Biden non ha un minuto da perdere.

Gianluca Brambilla

Sono nato e cresciuto nell'hinterland di Milano, ma la passione per il giornalismo viene dagli Stati Uniti. Laureato in Comunicazione Media e Pubblicità all'Università IULM, collaboro con "Il Giorno" e sono giornalista praticante per MasterX. Seguo con molto interesse la politica americana, le questioni ambientali e il mondo dei media, ma cerco di stare al passo un po' su tutto.

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