Il 5 gennaio Vladimir Putin ha avallato l’appello del Patriarca di Mosca Kirill affinché «gli ortodossi possano assistere alle funzioni della Vigilia di Natale e del giorno della Natività di Cristo», ovvero durante il Natale ortodosso, il 6 e il 7 gennaio. Sarebbe stato il primo cessate il fuoco dall’inizio delle ostilità.
Kiev è stata da subito scettica. Il presidente ucraino Zelensky nel discorso quotidiano su Telegram ha dichiarato: «la guerra finirà o quando i nostri soldati se ne andranno, o quando noi li avremo cacciati».
Come riporta l’agenzia russa TASS, l’Ucraina ha ignorato la proposta dello Zar russo, bombardando Donestk circa due ore dopo l’inizio del cessate il fuoco. La Russia ha immediatamente risposto con un raid a Kramatorsk, una città sita nell’est dell’Ucraina. L’ennesima occasione sfumata per l’avvio dei negoziati di pace.
L’annuncio di Putin
Il 5 gennaio il leader russo aveva indicato al Ministro della Difesa Sergej Šojgu d’introdurre «un regime di cessate il fuoco lungo l’intera linea di contatto tra le parti in Ucraina». La tregua unilaterale sarebbe dovuta avvenire dalle 12:00 del 6 gennaio alla mezzanotte del 7 gennaio, in occasione del Natale ortodosso.
Il Cremlino non ha però specificato a quale fuso orario si riferisse, se a quello di Kiev o di Mosca. Reuters nella mattinata del 6 gennaio già riportava attacchi bilaterali sul fronte ucraino orientale, facendo inizialmente supporre che Putin intendesse quello della capitale russa. La realtà dei fatti ha invece confermato che non ci sarebbe stata alcuna tregua natalizia.
Colloqui telefonici e possibile mediazione
Il 5 gennaio – lo stesso giorno della proposta di cessate il fuoco – è avvenuto un colloquio telefonico tra il Presidente Putin e il suo omologo turco Erdogan. «La Russia è aperta a un dialogo serio, a condizione che le autorità di Kiev rispettino i requisiti russi e tengano conto delle nuove realtà territoriali», ha dichiarato Putin dopo il confronto.
Nella stessa giornata, Erdogan ha chiamato anche Zelensky, confermandosi il mediatore principale nelle trattative per una pace futura. Il leader ucraino mostra soddisfazione su questo versante: «Sono contento di sapere che la Turchia sia pronta a partecipare all’attuazione della nostra formula di pace».
Ibrahim Kalin, portavoce di Ankara, prevede però che: «La guerra tra Russia e Ucraina potrebbe inasprirsi nei prossimi mesi. La Turchia continuerà con i suoi sforzi per il negoziato».
Il rifiuto di Kiev
«È una cinica trappola», commenta il Consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, «la Chiesa guidata da Kirill agisce solo come propagandista di guerra». In un tweet Podolyak ha poi aggiunto: «La Russia deve ritirarsi dai territori occupati, solo allora avrà una tregua temporanea. Tenetevi la vostra ipocrisia».
Il governo ucraino temeva che il nemico volesse sfruttare la tregua per organizzare una nuova escalation, come supponeva il Segretario del Consiglio di Sicurezza ucraino Oleksii Danilov. Si teme comunque un attacco su larga scala nel mese di febbraio, in occasione del primo anniversario dall’inizio delle ostilità.
Le reazioni dal mondo
Il resto del mondo osserva l’evolversi della vicenda. Biden accusa Putin di essere stato «pronto a bombardare ospedali, asili nido e chiese a Natale e a Capodanno». Anatoly Antonov, ambasciatore russo negli Stati Uniti, ha polemizzato su Facebook: «Washington si sta preparando per lottare contro di noi fino all’ultimo ucraino».
Il presidente americano ha poi avuto un colloquio telefonico col Cancelliere tedesco Scholtz . I due capi di Stato hanno concordato l’invio a Kiev di alcune dozzine di Panzer americani e tedeschi. Berlino inoltre si unisce agli alleati d’oltreoceano nella fornitura dei sistemi missilistici Patriot.
Secondo il Presidente del Consiglio UE Charles Michels: «L’annuncio di un cessate il fuoco unilaterale è falso e ipocrita quanto le annessioni illegali e i referendum che le accompagnano».
Il parere dello storico Ignatieff
Michael Ignatieff, professore di storia alla Central European University di Vienna, in un’intervista al Corriere della Sera, sostiene che: «Putin sta dicendo: “Siamo un solo popolo, perché abbiamo una sola fede, la nostra religione è iniziata a Kiev e tutti i credenti ortodossi dovrebbero vivere in un solo Stato”».
A tal proposito Associated Press riporta che molti cittadini ucraini hanno deciso di non festeggiare il natale ortodosso il 7 gennaio, bensì il 25 dicembre. Si tratta forse di un espediente dei cittadini per sottolineare la demarcazione culturale tra le due nazioni.
Ma Putin non ci sta. «L’Ucraina per lui non esiste – commenta Ignatieff – ed è un’invenzione del periodo sovietico».
A cura di Ivan Torneo e Andrea Carrabino