Trump contro Harvard: chi sono gli studenti stranieri iscritti?

università di Harvard

Non finiscono le offensive di Donald Trump all’università di Harvard. 

« Sto pensando di togliere tre miliardi di dollari di sovvenzioni a una Harvard molto antisemita », ha scritto il presidente americano sul suo social Truth, « per darli alle SCUOLE DI COMMERCIO in tutta la nostra terra. Sarebbe un grande investimento per gli Stati Uniti, di cui c’è tanto bisogno!!! »

UNA BATTAGLIA A COLPI DI ANAGRAFICA

Il Tycoon aveva già attaccato gli studenti stranieri dell’università di Cambridge, accusando i loro paesi di provenienza di non essere amichevoli e di non contribuire economicamente alla loro istruzione. Di questi studenti, Trump ha chiesto di conoscere nomi e cognomi. «Vogliamo sapere chi sono questi studenti stranieri, una richiesta ragionevole visto che diamo ad Harvard MILIARDI DI DOLLARI, ma Harvard non è esattamente disponibile. Vogliamo i nomi e i Paesi. Harvard ha 52.000.000 di dollari, usateli e smettete di chiedere al governo federale di continuare a concedervi denaro!»

trump su truth
I legali di Harvard ribadiscono che è le università hanno il “diritto costituzionalmente protetto di gestire una comunità accademica e valutare l’insegnamento e la ricerca senza interferenze governative”.

Questa richiesta segue il congelamento di oltre due miliardi di dollari di fondi alla storica università e il tentivo di impedire l’iscrizione di nuovi studenti stranieri. Il motivo? L’antisemitismo che secondo Trump sarebbe stato diffuso dal campus durante manifestazioni studentesche pro Gaza. 

Proprio la settimana scorsa, infatti, Kristi Noem, segretaria alla Sicurezza interna, ha colpevolizzato l’ateneo di «alimentare l’antisemitismo, la violenza e di collaborare con il Partito comunista cinese ». Il fatto che degli studenti stranieri iscritti ad Harvard quasi il trenta per cento sia cinese, porta a domandarsi se ciò non costituisca un ulteriore elemento di inasprimento, soprattutto in considerazione dello stallo dei negoziati sui dazi con la Cina.

Sempre Noem aveva inviato una lettera ad Harvard, chiedendo il programma di studi per ogni studente internazionale e informazioni su eventuali titolari di visto per studenti coinvolti in condotte scorrette o attività illegali. L’università ha respinto molte delle richieste della lettera, chiarendo però di aver fornito a Washington tutti i dati legalmente richiesti. 

LA LETTERA DEL RICERCATORE ITALIANO

« Per gli studenti di tutto il mondo, l’America era il polo più brillante della libertà di pensiero, responsabile delle migliori scoperte scientifiche degli ultimi 70 anni.», è lo sfogo di un dottorando di Harvard italiano pubblicato sul quotidiano la Repubblica. « Il posto per cui valeva la pena lasciare affetti e famiglia al fine di perseguire le proprie ambizioni. Attratti da questo, alcuni di noi hanno deciso di attraversare l’Atlantico. Nel farlo, abbiamo firmato un contratto implicito con l’America ». Ma « in meno di dieci anni l’America ha completamente cambiato faccia. Il contratto implicito è venuto meno ».

Una lettera accorata in cui il dottorando – che ha chiesto di rimanere anonimo per timore di ritorsioni – esprime la frustrazione di dover dare attenzione a ciò che gli stranieri come lui scrivono o, ancora, alle tematiche su cui lavorano. E allo scoramento si somma la paura di tornare a casa. « Dobbiamo pensare due volte se vale la pena visitare le nostre famiglie in Europa o viaggiare per conferenze perché chissà se perderemo il visto mentre siamo fuori dagli Stati Uniti ».

Quanto all’intenzione dell’amministrazione Trump di voler porre un freno alla possibilità per Harvard di accogliere nuovi studenti stranieri, è la stessa università a commentare, definendo quest’ultima azione « il culmine di un attacco senza precedenti e di ritorsione » alla libera espressione della scuola. Mentre i legali dell’ateneo ribadiscono che le università hanno il « diritto costituzionalmente protetto di gestire una comunità accademica e valutare l’insegnamento e la ricerca senza interferenze governative ».

Serena Del Fiore

Milano, figlia dei 90s e di tanta letteratura. Scrivo (e parlo) di arte, cultura e spettacolo. Quando sono sull'orlo di un esaurimento nervoso penso sempre al posto mio cosa farebbe Woody Allen. Mi pento tutte le volte. Laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità con Gianni Canova, nel 2019 sono stata compagna di palco di Beppe Severgnini nello spettacolo teatrale "Diario sentimentale di un giornalista", unendo due grandi passioni: viaggiare e raccontare storie. Ho vissuto a Parigi e New York.

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