
Un nuovo agguato di Donald Trump nello Studio Ovale. Dopo quello al presidente ucraino Volodymir Zelensky, ieri, 21 maggio, è toccato al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Il Tycoon ha mostrato al suo omologo africano un video che, a suo dire, dimostrava che era stato commesso un genocidio contro i bianchi, un’apartheid al rovescio. Ma era tutto falso.
Il discorso di Trump si basano sulla teoria del complotto da tempo un punto fermo dell’estrema destra razzista. Negli ultimi anni questa visione è stata diffusa da figure come Elon Musk e da Tucker Carlson.
La fake news di Trump
Nel suo discorso, Trump ha sostenuto che gli afrikaner, una minoranza discendente principalmente dai coloni olandesi che governarono il Sudafrica durante l’apartheid razziale, vengano perseguitati. Un’accusa infondata: di fatto, nel Paese si registrano tassi di omicidi più alti tra i neri che tra i bianchi.
«Abbiamo migliaia di vicende che ne parlano», ha dichiarato prima di chiedere al suo staff di abbassare le luci e di accendere la televisione per guardare un video che aveva preparato. Il filmato includeva riprese dell’ex presidente sudafricano Jacob Zuma e del politico di opposizione Julius Malema che cantavano Kill the Boer, una canzone di lotta dell’era dell’apartheid. Tutt’intorno i loro sostenitori ballavano.
Altri video, a detta di Trump, mostravano le tombe di oltre mille contadini bianchi, contrassegnate da croci bianche. Il tycoon ha poi mostrato alcuni articoli di giornale che, a suo dire, erano recenti e documentavano notizie di omicidi in Sudafrica. Ha poi letto alcuni titoli e ha commentato: «Morte, morte, morte, morte orribile».
La reazione di Ramaphosa
Per tutto il tempo dell’incontro, Ramaphosa era rimasto seduto per lo più impassibile. Ogni tanto ha allungato il collo per guardare. Ha poi detto di non aver mai visto prima quelle immagini e di voler capire da dove venissero.
Trump sembrava non ascoltarlo. E ha detto: «Quello che sta succedendo ora non viene mai riportato. Nessuno lo sa. Sappiamo solo che siamo inondati di gente, di contadini bianchi provenienti dal Sudafrica, ed è un grosso problema».
Ramaphosa ha però mantenuto un tono pacato e ha risposto: «Ci è stato insegnato da Nelson Mandela che ogni volta che ci sono problemi, le persone devono sedersi attorno a un tavolo e parlarne. Ed è proprio di questo che vorremmo parlare anche noi».
Relazioni complicate
Al momento le relazioni tra Stati Uniti e Sudafrica sono al punto più basso dalla fine dell’apartheid nel 1994. Per vari motivi. In primis, perché Washington ha criticato Pretoria per aver accusato Israele di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia. Poi perché gli Stati Uniti hanno annunciato dazi del trentuno per cento e hanno espulso l’ambasciatore del Sudafrica per aver criticato il movimento “Make America great again”.
E infine, motivo più grande, Trump ha criticato la legge sudafricana sull’espropriazione delle terre, firmata a gennaio. Questa legge mira a correggere le storiche disuguaglianze connesse al dominio della minoranza bianca. Ramaphosa ha negato che la legge verrà utilizzata per confiscare arbitrariamente terreni di proprietà dei bianchi, precisando che tutti i sudafricani sono protetti dalla Costituzione.