Tre anni dopo l’omicidio, ancora nessuna giustizia per Marielle Franco

A tre anni di distanza, è ancora privo di mandanti l’omicidio della consigliera di Río de Janeiro per il Partito Socialismo e Libertà (PSOL) Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, risalente al 14 marzo 2018, per mano di due sicari. Franco era una sociologa e attivista per i diritti umani residente a Favela da Maré, a nord di Río, aveva 38 anni, ed era nota per la sua militanza nel femminismo antirazzista, in difesa delle categorie in Brasile sistemicamente marginalizzate, a partire dalla sua esperienza di donna nera e bisessuale. È stata politica e assessora parlamentare tra il 2006 e il 2016, anni in cui si è battuta per i diritti delle donne nere e della comunità LGBTQIA+ in Brasile, in particolare quelle residenti nelle urbanizzazioni informali/favelas.

Quella di Franco è stata un’esecuzione politica e ben pianificata: l’attivista è stata uccisa per aver denunciato pubblicamente la violenza della polizia nelle favelas di Río, il sequestro di terreni pubblici nelle periferie e le violenze contro la comunità LGBTQIA+. Franco rappresentava una minaccia alla classe politica dirigente di Rio, anche all’interno del suo stesso partito. 

Iniziativa di Amnesty International con i licei Orazio e Aristofane di Roma con raccolta firme per chiedere giustizia per Marielle Franco.

Dottoressa in Scienze Sociali, laureata all’Università Cattolica di Río, Franco aveva anche un master in Amministrazione Pubblica, ottenuto all’Università Federal Fluminense. Il suo percorso nella lotta politica è stato spinto dalla morte violenta di un’amica durante una sparatoria tra polizia e narcotrafficanti, nel 2005. A partire da questo episodio, ha assunto il coordinamento della Commissione della Difesa di Diritti Umani e della Cittadinanza dell’Assemblea Legislativa di Rio de Janeiro, per poi, nel 2016, essere eletta consigliera per la coalizione Cambiar es Posible, composta da PSOL e il Partito Comunista Brasiliano (PCB). Con oltre 46mila voti è diventata la quinta consigliera più votata di quegli anni, in un paese che detiene tra le cifre più alte di femminicidi e crimini omo-transfobici in America Latina.

Dopo la sua uccisione, avvenuta meticolosamente, come forma di intimidazione, Franco è diventata un simbolo della resistenza anti-egemonica e della lotta intersezionale, dentro e fuori il territorio latino-americano. I due poliziotti militari accusati di aver compiuto il delitto sono attualmente in arresto, ma nessuno dei due è stato ancora processato. In tre anni sono ancora molte, troppe le incognite dietro al caso di Marielle Franco, ed è indicativo che le autorità brasiliane non abbiano alcun interesse nel risolverle. 

Marielle Franco, Rio de Janeiro. Credits: Mìdia Ninja, 2016
L’omicidio

Intorno alle 21:30 del 14 marzo 2018 Franco si trovava in una macchina in Rua Joaquim, a Rio, quando un’altra macchina blu cobalto le ha bloccato la strada e ha sparato 13 colpi. La consigliera è morta sul colpo, con 4 spari alla testa, insieme all’autista del veicolo, Anderson Gomes. Solo il segretario di Franco, seduto nel retro, è sopravvissuto. L’episodio è successo 3 giorni dopo la denuncia di Franco agli agenti del 41esimo Battaglione di Polizia Militare, di abusi di autorità nei confronti della popolazione della favela di Acari. 

Il suo ultimo tweet, il 13 marzo 2018, sembrava presagire quanto sarebbe poi successo. Franco si chiedeva, in seguito alla morte del giovane Matheus Melo, sempre per mano della polizia, quante altre persone sarebbero dovute morire prima che finisca la guerra. 

Se in un primo tempo si è parlato di aggressione per furto, è stato poi dimostrato che i cecchini non hanno portato via nulla dal veicolo. È andata accertandosi quindi l’ipotesi dell’omicidio premeditato e la possibilità che fosse presente un secondo veicolo di copertura al momento dello sparo. 

Migliaia di persone hanno partecipato alla veglia, ancora prima del funerale, avvenuto il 15 marzo 2018 nel Cimitero San Francisco Xavier. Oltre 50mila persone si sono poi riversate per le strade di Rio, 30mila a Sao Paulo, esigendo giustizia per Marielle.

Coinvolgimento dello Stato 

Nell’agosto 2018, il ministro della Sicurezza Pubblica dell’epoca, Raul Jungmann, ha riconosciuto il coinvolgimento di agenti dello stato nell’omicidio della consigliera, a partire dall’analisi dei proiettili rinvenuti su Franco e Gomes. Sono infatti stati stabiliti i calibri, le filettature e la loro origine, dimostrando che facevano parte di uno stock acquistato dalla Polizia Militare, in un secondo momento rubato.

Ronnie Lessa, uno dei due assassini di Marielle Franco, e Jair Bolsonaro, vicini di casa.

Solo il 12 marzo 2019, due anni dopo l’assassinio, sono stati arrestati i due ex poliziotti militari Ronnie Lessa e Elcio Vieira de Queiroz. Il 31 ottobre dello stesso anno, durante un’indagine dell’emittente TV Globo, è stato rivelato che Vieira de Queiroz era un vecchio conoscente del presidente Jair Bolsonaro. Non solo. Secondo le ricostruzioni, poche ore prima dell’omicidio, Vieira de Queiroz si è recato nell’area residenziale dove non solo viveva Lessa, ma lo stesso Bolsonaro, fermandosi proprio al suo numero civico, il 58. Su Facebook sono emerse anche foto di Queiroz e il presidente insieme, evidenza che il ministro della Giustizia Sérgio Moro si è affrettato a definire “mera coincidenza.” 

Di lì a poco sono stati arrestati anche la moglie di Lessa e Maxwell Simões Correa, sergente dei vigili del fuoco di Rio de Janeiro, con l’accusa di occultamento di prove, nel loro caso, l’arma del crimine.

Foto dal profilo Facebook di Elcio Vieira de Queiroz e Bolsonaro, Agosto 2018

Il caso di Marielle Franco ha scoperchiato un problema ben più profondo, in Brasile: l’impunità sistemica nei confronti dei femminicidi, specie nei casi in cui le vittime sono nere, indigene o appartenenti alla comunità LGBTQIA+. 

L’eredità di Marielle

Oggi Marielle è più che mai emblema di resistenza, e di una lotta che attraversa più corpi, collettività e territori. La sua morte è stata architettata per intimorire la popolazione che Franco rappresentava, ma il risultato è stato l’opposto, perché questa è insorta definitivamente e ha oltrepassato le frontiere, seminando la sua eredità sociale e politica non solo in America Latina, ma nel mondo.

Alle ultime elezioni del 15 novembre 2020 sono state 13 donne afro-discendenti a ricevere maggiori voti nelle principali città brasiliane. La famiglia ha dato vita all’Istituto Marielle Franco, che oggi gestisce la sorella Anielle Franco, al fine di cercare giustizia per la sua morte e difendere la sua memoria ed eredità. Il suo nome riecheggia da Rio a Buenos Aires, Lima, New York, Madrid, Milano, accompagnato da una stessa domanda: chi ha ucciso Marielle?

Sonia Maura Garcia

Sonia M. Garcia, peruviana nata in Italia e stabile a Milano, è dj, giornalista, contributor per diverse riviste, tra cui VICE, Noisey, i-D, Flash Art, Zero, Norient, e founder della piattaforma SAYRI. Le sue ricerche indagano le nozioni di appartenenza, identità, colonialità e memoria, con un approccio anti-egemonico. SAYRI è una piattaforma e format di eventi incentrata su arti ed esperienze di donne e dissidenze affettive o di genere, provenienti dall’America Latina e dalla sua diaspora.

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