Le autorità argentine mettono fine alla speranza dei familiari dei 44 marinai dell’Ara San Juan, il sottomarino scomparso lo scorso 15 novembre nelle acque dell’Atlantico del Sud. Dopo due settimane, infatti, la Marina militare ha annunciato che interromperà le ricerche poiché è da escludere ogni possibilità di trarre in salvo i membri dell’equipaggio.
«Si è già superato il doppio del tempo previsto dai protocolli internazionali per trarre in salvo l’equipaggio di un sottomarino» ha spiegato il capitano Enrique Balbi, portavoce della Marina, che ha poi precisato come d’ora in poi le operazioni saranno volte esclusivamente alla ricerca del San Juan.
Gli ultimi contatti con il sottomarino risalgono al 15 novembre. Alle 0.30 di quel mercoledì il comandante del sottomarino aveva informato con una telefonata satellitare che il mezzo stava imbarcando acqua, che si erano verificati un corto circuito e un principio di incendio in un blocco di batterie, ragione per cui il sommergibile avrebbe continuato la navigazione senza le batterie di prua. Alle 6 del mattino il comandante aveva confermato per iscritto quanto riferito la notte e alle 7.30 aveva comunicato che il sottomarino navigava in immersione, secondo la rotta tracciata dalla base di Mar del Plata. Qui finiscono le comunicazioni ufficiali. Tre ore dopo, intono alle 11 del mattino, secondo quanto rilevato da agenzie internazionali di monitoraggio degli esperimenti nucleari, è stata rilevata una “anomalia idro-acustica”, che sarebbe “compatibile con una esplosione”.
I familiari di sette dei membri dell’equipaggio del San Juan, hanno comunicato di essersi costituiti parte civile nel fascicolo aperto per indagare sull’episodio. Commentando l’annuncio dell’interruzione delle ricerche dell’equipaggio, l’avvocato Luis Tagliapietra, padre di un tenente di corvetta imbarcato sul sottomarino, ha affermato che la Marina ha trattato le famiglie “in modo crudele e perverso”, mentendo “in ogni modo possibile, con occultamento di fatti, eufemismi o bugie pure e semplici”. (SB)