Davide Ciarrapica, fondatore e volontario di Orphan’s Dreams Onlus, ha risposto pubblicamente alle accuse mosse dal giornalista Massimo Alberizzi nella sua inchiesta pubblicata sul sito di informazione Africa ExPress e su Il Fatto Quotidiano.
Secondo la sua ricostruzione Silvia Costanza Romano – la volontaria milanese sparita il 20 novembre scorso da Chakama, in Kenya – sarebbe stata rapita perché a conoscenza di casi di pedofilia e molestie. In questa vicenda la figura chiave sarebbe proprio Davide, che la ragazza ha conosciuto durante una festa di beneficienza. Grazie a Ciarrapica ha deciso di prestare servizio nel centro per bambini di Likoni da lui gestito. Qui, però, sarebbe stata testimone di «cose poco corrette e imbarazzanti», come denunciato da una madre le cui figlie frequentavano proprio quel centro.
Grazie al ritrovamento di un audio WhatsApp inviato proprio da Silvia – presumibilmente a Lilian Sora, fondatrice di Africa Milele, onlus per la quale lavorava poco prima di sparire – risulta che si sia recata alla polizia locale per denunciare «atteggiamenti equivoci nei confronti di alcune bambine» da parte di un uomo, Francis Kalama, anch’esso poi sparito nel nulla.
Il 31enne Ciarrapica ha quindi deciso di controbattere alla tesi sostenuta da Alberizzi tramite un messaggio inviato su WhatsApp ai numerosi giornalisti che negli ultimi mesi lo hanno contattato per avere informazioni su Silvia e il suo rapimento:
Buongiorno , purtroppo dopo le accuse rivolte a me e automaticamente ai miei bimbi e Orphans’s Dreams vorrei poter rispondere apertamente e pubblicamente a questi individui che mi accusano senza pudore!
Ho appreso dagli organi di stampa quanto pubblicato dal giornalista Massimo Alberizzi su Africa ExPress e sul Fatto Quotidiano del 21 giugno 2019 e dai successivi e correlati approfondimenti diffusi da parte di altre testate, con gli stessi contenuti, nei quali ho visto spendere in modo falso e infamante il mio nome rispetto a qualsiasi forma di coinvolgimento nella vicende che ruotano intorno al rapimento di Silvia Romano.
La struttura nella quale collaboro è aperta a tutti, la documentazione a disposizione di tutti, ho già collaborato con le autorità e lo farò ogni volta che sarà necessario, con la trasparenza che mi contraddistingue.
Respingo al mittente le gravi accuse e le orrende insinuazioni pubblicate da Africa ExPress e dal Fatto Quotidiano per tramite della penna di Alberizzi perché senza adeguata verifica hanno accostato il mio nome e la mia ONLUS a ipotizzate vicende delle quali nulla so né ho mai saputo.
La condotta del giornalista che allo scopo di tenere alta l’attenzione sul rapimento di Silvia Romano diffonde notizie sul mio conto gravissime e infondate è al vaglio del mio avvocato per le opportune azioni.
La porta dell’orfanotrofio è sempre stata -e resta- aperta a tutti coloro che vogliano venire a darci una mano, come ha fatto anche Silvia per un breve periodo, allo stesso modo di moltissimi giovani (e meno giovani) che come me hanno scelto di dedicarsi agli altri. Non posso accettare che un progetto di aiuto e assistenza bello come Orphans’s Dream possa essere infangato in questo modo.
Davide sostiene quindi con forza la falsità delle insinuazioni fatte sul suo conto e sul conto della sua associazione.
Nella sua inchiesta, Alberizzi racconta che la sua collega americana, Hillary Duenas, durante le indagini, si è recata nella sede di Orphan’s Dreams Onlus presentandosi come una dottoressa. Secondo l’articolo, sarebbe stata accolta da una volontaria, felice di vederla perché avrebbe potuto aiutare «quella quattordicenne incinta». Davide ha raccontato che niente del genere è mai successo e che nella sua struttura non si trova nessuna ragazza incinta. Stando alle sue dichiarazioni, la donna «si è presentata da me dicendo di voler collaborare con la mia onlus. A quel punto le ho chiesto di tornare con un curriculum e una brochure delle altre associazioni per cui ha lavorato in precedenza, ma non si è mai più presentata».
Sostiene inoltre che le insinuazioni riguardo il padre del suo socio, Rama Hamisi Bindo – secondo cui sarebbe un influente politico e quindi suo figlio godrebbe di «protezioni insospettabili» – siano del tutto false: «Il mio socio è nato e cresciuto in un villaggio nel bosco, così come la sua famiglia. Suo padre, tra l’altro, è mancato diversi anni fa, quando Rama aveva 20 anni».
Alla domanda riguardo la veridicità dei casi di molestie e pedofilia in Kenya, Davide ha confermato che è una situazione reale e concreta e che indubbiamente deve essere contrastata, ma «nessuna onlus o volontario né italiano né straniero è coinvolto. L’uomo di cui Silvia parla nel messaggio vocale, Francis Kalama, è un pastore anglicano che si trova a Marafa, un villaggio distante tre ore e mezzo da noi». Un nome che il ragazzo ha sentito solamente dall’audio di Silvia, in cui inoltre lei sosteneva di aver ricevuto promessa dalle forze dell’ordine di un suo futuro arresto e di controlli medici sui bambini coinvolti. Stando all’inchiesta di Massimo Alberizzi, nei registri della polizia quel nome non risulta in nessuna notifica di denuncia.