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Settimo giorno di proteste e repressione da parte della polizia, in Spagna, a seguito dell’arresto del rapper catalano Pablo Hasel per «ingiurie alla corona e apologia del terrorismo». L’arresto è avvenuto la mattina dello scorso 16 febbraio, a Lleida, dopo che il rettore dell’università in cui Hasel si era barricato, ha fatto entrare la polizia nella struttura. Con enorme appoggio da parte degli studenti, Hasel era riuscito a chiudersi dentro la struttura nel tentativo di rifuggire dall’arresto.
Il rapper era stato condannato a 9 mesi di carcere per le canzoni e tweet in denuncia dei soprusi dello Stato, della corona spagnola – di eredità franchista – nonché della polizia spagnola, responsabile della tortura e uccisione di migranti.
«Ogni forma di resistenza è valida, di fronte alla brutalità della polizia che, armata, mi vuole sequestrare» aveva dichiarato il rapper. «Dovranno irrompere qua dentro per prendermi».
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Gli scontri
Migliaia di persone, nei giorni successivi, si sono riversate nelle strade delle principali città spagnole, in supporto all’artista catalano. In particolare a Barcellona, sono stati presi di mira i simboli dell’oligarchia spagnola, tra cui negozi di lusso e banche, e incendiato un falò davanti all’edificio della Borsa. Nessuna piccola attività commerciale è stata colpita. Lo Stato spagnolo ha predisposto una stretta sorveglianza e repressione dei moti di protesta. Solo a Madrid le manifestazioni si sono svolte senza incidenti, mentre a Tarragona, Barcellona, Valencia, Girona si sono registrati numerosi scontri, con cariche e arresti di diversi manifestanti.
Solo nella capitale catalana sono state arrestate oltre 75 persone, di cui 24 minorenni. Una manifestante ha perso un occhio a causa di un proiettile di foam sparato dai Mossos d’Esquadra, la polizia catalana che ha portato il partito Candidatura d’Unitat Popular a chiedere una riforma delle forze dell’ordine, in cambio dell’appoggio all’indipendentismo della Catalogna.
Libertà di espressione in Spagna: un dibattito aperto
Il caso di Hasel ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione in Spagna. Secondo lo studio della ONG Freemus, il paese iberico è uno dei più repressivi in termini di libertà di espressione artistica, diventando nel 2018, il primo paese al mondo a processare e arrestare musicisti.
«Assassinare migranti è gratis, denunciarlo può farti finire in carcere» — Pablo Hasel