Il premier olandese Mark Rutte arriverà al vertice di luglio a Vilnius già padrone della poltrona più importante della NATO. La corsa alla successione dell’attuale Segretario generale, il norvegese Jens Stoltenberg, è finita ufficialmente il 20 giugno, con il ritiro dalla competizione dell’attuale presidente romeno Klaus Iohannis.
Promoveatur ut amoveatur
Il primo ministro dei Paesi Bassi era da tempo in corsa per guidare l’Alleanza Atlantica dopo un decennio di gestione Stoltenberg. Rutte, al governo in Olanda dal 2010, lascerà l’incarico il prossimo 2 luglio a seguito della sconfitta alle ultime elezioni nazionali di novembre 2023. Per anni volto degli esecutivi cosiddetti “frugali” dell’Unione Europea, il premier ha improntato le sue scelte programmatiche al rigore economico e politico, dimostrando sempre una grande fermezza tanto in patria quanto nelle questioni internazionali.
Atlantista ed europeista di ferro, Rutte è stato tra i primi a schierarsi a fianco dell’Ucraina già nel 2014, per poi varare ampie forniture di armi dopo l’invasione russa del 2022. I Paesi Bassi saranno tra i primi a fornire caccia F-16 a Kiev, e già contribuiscono con grandi volumi di aiuti. Non solo: il futuro Segretario generale è ben consapevole dello slittamento del mondo verso un’epoca di maggiore instabilità e bellicismo, e per questo ha contribuito a un grande aumento della spesa militare olandese a partire dal 2017.
Nomina anti-Trump
L’ufficializzazione della sua candidatura al vertice dell’Alleanza era arrivata a ottobre 2023, raccogliendo già a inizio 2024 il sostegno di molti dei 32 Paesi membri. In primis degli Stati Uniti, che sulla NATO hanno un potere decisionale e di indirizzo piuttosto ampio. Gli ottimi rapporti di Rutte con il presidente Joe Biden hanno giocato un ruolo chiave nella scelta di appoggiarlo. Ma determinante, come riporta Politico, è stata la memoria delle sparate di Donald Trump contro l’Alleanza e delle sue minacce di disimpegno totale o parziale.
Di fronte alle parole ostili del Tycoon, l’attuale Segretario generale Stoltenberg aveva adottato una politica di appeasement, spingendo i partner ad assecondare le richieste di maggiore spesa che venivano da Washington. Oggi, con la possibilità che Trump torni alla presidenza dopo le elezioni del prossimo novembre, la stessa strategia non è verosimile. Se nel suo primo mandato il presidente aveva nominato ministri ancora vicini all’establishment atlantista, in questo secondo mandato è probabile che viri verso una linea fortemente anti-NATO.
Di qui la nomina di un rigido Mark Rutte, che già in passato non aveva mostrato alcuna esitazione nel contrattaccare con grande durezza alle bordate del presidente americano. Insomma, in caso di necessità l’olandese è la figura migliore per trattare a muso duro con Trump, richiamandolo all’ordine (per quanto possibile).
Allontanare il fronte
Quello che emerge tanto dalla provenienza geografica del prossimo Segretario generale quanto dalle motivazioni della sua nomina è uno slittamento a Ovest della linea di condotta della NATO. Stoltenberg, pur norvegese, veniva da un Paese di frontiera, a stretto contatto con la Russia. L’Olanda è lontana dal fronte, meno coinvolta dalle dinamiche aggressive che vedono l’Alleanza protagonista a Est. Per questo, fino all’ultimo, la contro-candidatura del presidente uscente della Romania, Klaus Iohannis, aveva incontrato un certo favore.
Il leader romeno è considerato uno dei più moderati dell’area orientale. Pur confinando con l’Ucraina e l’instabile Moldova, Bucarest si è mantenuta saldamente atlantista e filo-ucraina, pur senza le “sparate” belliciste dei vicini polacchi e baltici. Ma di certo Iohannis non ha lo stesso profilo di inflessibile negoziatore di Rutte e forse proprio per questo, riconosciuta la necessità di maggiore fermezza verso Stati Uniti dal futuro incerto, il 20 giugno ha annunciato di ritirarsi dalla corsa, spianando la strada alla nomina dell’olandese al prossimo vertice di Vilnius del 9-11 luglio. Resta da capire se il nuovo Segretario generale opterà per un vice orientale. In ogni caso, la NATO di domani si prospetta in continuità con quella di oggi. Indipendentemente dagli sconvolgimenti politici dei vari Paesi membri.