Col passare delle settimane continua ad aumentare la violenza delle repressioni in Myanmar. A un mese dal golpe del primo febbraio, vanno avanti le proteste dei manifestanti contro la giunta militare che ha preso il controllo del Paese, delegittimando il risultato delle elezioni dello scorso novembre.
I militari sparano sulla folla
Barricate con impalcature di bambù, cassonetti e pneumatici. Nelle ultime ore a Yangon, la più grande città del Myanmar, si sta consumando una guerra civile tra manifestanti e forze armate birmane. Le cariche di alleggerimento e i proiettili di gomma sono stati sostituiti da veri colpi d’arma da fuoco. Nella giornata di proteste del primo marzo sono state contate diciotto vittime tra i manifestanti. A queste, secondo fonti mediche, si aggiungerebbero altri tre civili usciti in condizioni critiche dagli scontri di oggi. Parallelamente all’incremento delle violenze, però, aumentano anche le voci a sostegno dei manifestanti. Thinzar Shunlei Yi, attivista per i diritti umani, ha affermato tramite la Cnn che «il bagno di sangue ha solo reso la protesta più forte e più determinata che mai, ed è stata quindi controproducente per il regime militare».
Anche i report nel mirino dei militari
La repressione dell’esercito colpisce anche i giornalisti e i reporter che stanno cercando di documentare le violenze delle forze armate. Nella notte Kaung Myat Hlaing, giornalista di Democratic Voice of Burma (DVB), è stato arrestato dai militari in un raid nel suo appartamento a Myeik. Hlaing ha documentato l’inizio del raid in diretta sulla pagina Facebook di DVB. Dopo qualche ora, sullo stesso account Twitter del giornale, è arrivata la conferma dell’arresto del reporter.
Il processo ad Aung San Suu Kyi
Le elezioni di novembre, contestate per brogli dall’esercito, avevano consegnato il governo del Paese al partito di Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia. Ieri, lunedì primo marzo, la leader è comparsa in collegamento video per l’inizio del processo a suo carico: le accuse mosse dai militari sono «importazione illegale di walkie-talkie» e «violazione della legge sulla comunicazione e incitamento al disordine pubblico». Secondo il suo legale, Aug San Suu Kyi sta bene e ha seguito con preoccupazione gli scontri tra esercito e manifestanti degli ultimi giorni. La leader 75enne non appariva in video dal giorno del colpo di stato, quando avvenne il suo arresto. La prossima udienza sarà il 15 marzo.