Una ritorsione contro i raid in Libano. Un atto di terrorismo antisemita. Oppure, un colpo simbolico al cuore degli Accordi di Abramo. Tutte piste che portano all’assassinio del rabbino della corrente ultraortodossa di Chabad, Zvi Kogan, con doppia cittadinanza israeliana e moldava, negli Emirati Arabi Uniti.
Le forze di polizia emire hanno arrestato tre sospettati, tre uzbeki di religione sciita. Secondo Israele, dietro l’omicidio ci sarebbe l’Iran, interessato ora ad attacchi mirati di più facile realizzazione per colpire lo Stato Ebraico.
Nel frattempo, proseguono gli sforzi per una tregua sul fronte nord tra Israele e Hezbollah. Secondo la Cnn, Benjamin Netanyahu avrebbe approvato l’accordo «in linea di principio». Il punto di scontro resta la possibilità di intervento israeliano in territorio libanese. Secondo alcuni analisti, la partita potrebbe chiudersi già in settimana.
Le dinamiche
Domenica 24 novembre, il cadavere di Kogan viene trovato ad Al Ain, una città al confine con l’Oman e a circa 150km da Abu Dhabi. A poca distanza, la sua automobile, con chiari segni di colluttazione.
Il rabbino era scomparso da giovedì 21 novembre, quando era stato visto per l’ultima volta uscire dal supermercato kosher che gestiva a Dubai. Non sono stati diffusi particolari sullo stato del cadavere o sulle indagini, se non il dettaglio di una multa per eccesso di velocità sulla strada tra Dubai e Al Ain il giorno della scomparsa.
Alcuni giornalisti israeliani riportano, però, di attività persecutorie ai danni del supermercato. In particolare, sarebbero state strappate le mezuzah, piccoli rotoli che contengono la Torah inseriti in oggetti rituali che si attaccano alle porte.
Poche ore dopo il ritrovamento del cadavere, il ministero dell’Interno degli Emirati ha annunciato di aver arrestato i tre responsabili: tre cittadini uzbeki di circa 30 anni. Il media israeliano Walla News, citando funzionari di alto livello, sostiene che si tratti di una squadra assoldata dall’Iran.
Ipotesi che non è stata ribadita da Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha solamente condannato l’uccisione del rabbino, definendola un «efferato atto di terrorismo antisemita», promettendo che i colpevoli saranno puniti. Per poi ringraziare gli Emirati Arabi Uniti per la collaborazione.
Chabad e gli Accordi di Abramo
Kogan era un emissario di Chabad Lubavitch, una corrente ebraica ortodossa diffonde la religione in tutto il mondo soprattutto con giovani coppie che vengono mandate come emissari per diventare punti di riferimento, offrire celebrazioni di feste ebraiche, pasti kasher, educazione e sostegno alla popolazione locale.
Kogan era arrivato a Dubai dopo gli Accordi di Abramo, la svolta diplomatica del 2020, guidata dalla prima amministrazione Trump, che ha portato alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Marocco, Bahrein, Sudan e, appunto, Emirati Arabi Uniti.
Accordo che, secondo molti analisti, sarebbe alla base dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Ovvero, uno sforzo iraniano a destabilizzare i rapporti ebraici con i Paesi arabi per evitare di ritrovarsi isolati e circondati da nemici in Medioriente. Soprattutto per evitare l’apertura dell’Arabia Saudita (giudicata come prossima). Infatti, oltre all’Iran e al Libano, i restanti Paesi arabi hanno normalizzato oppure sono in via di normalizzazione con Israele.
Tornando ai singoli rapporti con gli Emirati, tra i due Stati la collaborazione si è intensificata in questi quattro anni. Prima del 7 ottobre, la comunità ebraica negli emiri stava fiorendo. Sono aumentati i voli diretti e, ora, ci sarebbero alcune migliaia di fedeli ebraici nel Paese. Il governo ha anche costruito la Abrahamic Family House, una struttura che ospita una chiesa, una moschea e una sinagoga.
Dopo Il Diluvio Al Aqsa, il governo emiro è stato costretto a bloccare iniziative, chiudere sinagoghe non ufficiali e altre attività proprio per preservare la sicurezza dei cittadini ebrei.
Il coinvolgimento dell’Iran
Non ci sono ancora prove di un coinvolgimento dell’Iran nell’accaduto. L’assassinio potrebbe essere stato opera di un gruppo di estremisti oppure di criminali.
Teheran non è, però, nuova a operazioni del genere. La Repubblica Islamica ha tessuto una ragnatela con organizzazioni criminali sparse per il mondo. Una struttura ibrida che si dedica a omicidi mirati contro oppositori della teocrazia.
NEW: U.S. Justice Department has charged an Iranian man, Farhad Shakeri, in connection with an alleged plot by Iran’s IRGC to assassinate President-elect Donald Trump.
Shakeri, 51, immigrated to the U.S. as a child but was deported around 2008 after a robbery conviction. He… pic.twitter.com/wt7WpUAMmb
— Clash Report (@clashreport) November 9, 2024
Addirittura, gli Ayatollah incaricarono un detenuto negli Stati Uniti, Farhad Shakeri, di seguire i movimenti di Donald Trump per un possibile attentato. In Canada, invece, è stato scoperto un tentativo di assassinio di Irwin Cotler, ex ministro e attivista per i diritti umani in Iran.
In Europa, l’episodio più grave è successo in Olanda. Nel 2015 le indagini sulla morte di Mohammad Reza Kolahi Samadi, condannato in Iran per un attentato negli anni ’80, e dell’esiliato Ahmad Mola Nissi, hanno evidenziato rapporti tra la Repubblica Islamica e organizzazioni criminali con sede in Olanda.