La rivolta dei narcotrafficanti in Ecuador

Un soldato ecuadoriano

Domenica 8 gennaio dal carcere di massima sicurezza La regional di Guayaquil è evaso uno dei più potenti narcotrafficanti dell’Ecuador, José Adolfo Macías Villamar, meglio noto come Fito. Il prigioniero ha eluso i controlli delle guardie e ha raggiunto il gruppo criminale di cui è capo, Los Choneros. Nei due giorni seguenti alla fuga del boss, in varie province del Paese si è scatenata la rivolta Nelle strade sono risuonate sparatorie, e ci sono state esplosioni nei pressi di ospedali e negozi. Secondo i dati aggiornati alla mattina del 10 gennaio, i morti sono 10, mentre 3 i feriti.

L’evento più eclatante si è registrato nella giornata di martedì 9 gennaio. Intorno alle 14, un gruppo di uomini con il volto coperto ha fatto irruzione nello studio di un’importante emittente televisiva locale, TC Televisión, durante una diretta pomeridiana. Gli aggressori, con favore di telecamera, hanno minacciato di morte i presenti, spaventandoli con pistole e granate. Per circa trenta minuti milioni di ecuadoriani hanno assistito alle violenze perpetrate banditi nei confronti di giornalisti e tecnici. Poi l’intervento della polizia ha messo fine al sequestro.

L'assalto alla televisione ecuadoriana da parte dei gruppi armati legati al narcotraffico.
L’assalto alla televisione ecuadoriana da parte dei gruppi armati legati al narcotraffico.

Una risposta è arrivata anche dai vertici governativi. Per far fronte alla situazione, il presidente Daniel Noboa, dopo aver decretato lo stato d’emergenza in tutto il Paese, ha mobilitato le forze armate. Secondo i media locali, in Ecuador sta prendendo piede una guerra civile tra esercito e narcotrafficanti.

Fito e Los Choneros

Barba folta e scura, fisico corpulento e tarchiato, sguardo ostile. Il quarantottenne José Adolfo Macias Villamar, alias Fito, è la mente della banda criminale Los Choneros e uno dei più pericolosi chapos ecuadoriani. In carcere dal 2011 per traffico di droga e omicidio, su di lui grava una pena di 34 anni. Già nel 2013 aveva tentato l’evasione da La Regional, ma gli era andata male. Tornato nel penitenziario, si è conquistato la fiducia dei compagni, grazie a un carisma di ferro.

Fonti locali riportano che alcuni detenuti del carcere in cui era rinchiuso l’abbiano omaggiato con un murales che lo raffigurava attorniato da leoni, dollari e armi. Un vero tributo al boss di tutti i boss. Padrone dell’istituto penitenziario di Guayaquil, Fito ha continuato a tessere trame criminali dalla sua cella, perpetuando la sua leadership su Los Choneros. Voci lo identificano come il mandante di uno degli omicidi avvenuti durante la scorsa campagna elettorale, quello ai danni del politico Fernando Villavicencio, trivellato il 9 agosto scorso mentre si trovava a bordo della sua auto.

L’Ecuador nella morsa del narcotraffico

Dopo il susseguirsi di eventi che dall’8 gennaio hanno scosso il paese andino, il presidente Daniel Noboa ha lanciato la dichiarazione di conflitto armato interno e ha dato l’ordine alle Forze Armate di neutralizzare i gruppi della criminalità organizzata e sedare la rivolta generalizzata. Una storia travagliata quella della crisi legata alla sicurezza in Ecuador, che risale alla fine del 2020. Tutto ha inizio il 28 dicembre, il giorno dell’assassinio di Jorge Luis Zambrano, leader della banda Los Choneros dal 2007. L’evento ha generato una reazione a catena. L’attuale latitante José Macías Villamar, alias Fito, dà inizio a una rivolta per il controllo delle carceri del paese e del traffico di droga. Così, altre bande criminali – Los Chonekilles, Los Lobos, Los Pipos e Los Tiguerones – che fungevano da sovrastruttura nei Choneros, si schierano contro gli ex leader. Il 23 febbraio 2021, colpiscono con un massacro le carceri di Turi e del Litoral, provocando 79 vittime.

Il governo ecuadoriano ha schierato l'esercito per combattere una vera e propria guerra interna contro i narcotrafficanti.
Il governo ecuadoriano ha schierato l’esercito per combattere una vera e propria guerra interna contro i narcotrafficanti.

Gli episodi di violenza e di rivolta, da allora, sono cresciuti in maniera esponenziale. Secondo i dati più recenti, nel 2023 ci sono stati 45 omicidi ogni 100.000 abitanti, per un totale di circa 7800 morti. Numeri diversi da quelli registrati nel 2022, con 25 omicidi ogni 100.000 abitanti e 4600 vittime, e nel 2021, con 14,04 omicidi per lo stesso numero di persone. Nel 2020 il tasso era di 7,8. L’Ecuador è quindi immerso nei tumulti, vittima di una guerra interna a distanza di pochi mesi dall’elezione a presidente di Noboa, dopo una campagna elettorale segnata dall’uccisione del candidato Fernando Villavicencio.

 

A cura di Alessandro Dowlatshahi e Giulia Spini

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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