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La politica delle minacce di Donald Trump

Alla voce “diplomazia” del vocabolario si legge: “Diplomazia: l’arte di trattare affari di politica internazionale”. L’arte di trattare. Le trattative presuppongono un dialogo volto al raggiungimento di un accordo che soddisfi entrambe le parti. Per dialogare c’è bisogno di pazienza, ascolto e talvolta anche della capacità di fare passi indietro. Tre abilità che non si addicono a Donald Trump. Il Presidente americano avrà altre qualità, sarà forse un ottimo giocatore di golf, attività cui si è dedicato mentre attendeva la risposta di Vladimir Putin su una delle questioni più complesse che il mondo sta affrontando. Trump ha passato la mattinata giocando a golf nella sua tenuta di Mar a Lago, mentre attendeva la relazione da Mosca del suo inviato speciale Steve Witkoff. Sul campo a diciotto buche di Mar a Lago il Presidente ha atteso l’esito della sua personale forma di diplomazia: la minaccia.

Donald Trump sul campo da golf

La gestione diplomatica della guerra in Ucraina è un esempio della politica delle minacce trumpiana. Con Zelensky ha funzionato il gioco del più forte. Lo ha incastrato in uno scontro (impari) nello Studio Ovale, dove lo ha attaccato insieme al suo vice, JD Vance. Una partita a carte dove le carte erano tutte nelle mani degli americani, soprattutto dopo che è stato strappato anche quell’asso dalla mano del Presidente ucraino, quello fatto di aiuti militari e dell’intelligence americana. «Non sei in una buona posizione, non hai le carte», gli ha detto Trump. Dopo lo stop degli aiuti la delegazione ucraina a Gedda ha accettato il cessate il fuoco di un mese proposto dalla delegazione Usa. Gli aiuti militari ripartono e Zelensky tira un sospiro di sollievo.

Ora la palla è nelle mani di Putin. Trump ripropone la sua diplomazia minacciando sanzioni devastanti: «Ci sono cose che si possono fare che non sarebbero piacevoli, sarebbe molto male per la Russia». A Putin riserva minacce ed elogi, consapevole di scontrarsi con un altro Alfa. E soprattutto consapevole che la Russia è un giocatore da preferire come alleato. Quindi non è più il gioco del più forte. Trump minaccia e accarezza. Intanto ha finito la partita di golf e si prepara alla telefonata che Putin gli concederà. Tra golf e carte la politica estera americana è un gioco di minacce e rischi calcolati al millimetro.

Trump apostrofa Zelensky: “Non hai le carte”

La brinkmanship è una pratica di pressione psicologica, usata al fine di ottenere un risultato vantaggioso, spingendo in avanti situazioni pericolose fino a condurle sull’orlo del precipizio di un conflitto attivo. Altamente praticata durante la guerra fredda, il presidente Trump sembra riportarla in auge rinnovandola quasi quotidianamente con nuove minacce. Facendo leva sull’importanza e sul peso geopolitico degli Stati Uniti, il Presidente americano attua una forma di negoziazione diplomatica che non alza gradualmente l’asticella, ma la mette fin da subito nel punto più vantaggioso possibile per l’America, minacciando l’impossibile.

Per garantire il dominio sulle rotte commerciali, Trump ha minacciato l’annessione di Panama, Groenlandia e Canada, affermando (o meglio, minacciando) di non escludere l’uso della forza. Il Canale di Panama, cruciale per il commercio marittimo, è oggi fortemente influenzato dalla Cina. Per Trump, il commercio statunitense è una priorità assoluta e non negoziabile. E Pechino è lo sfidante diretto. La realpolitik trumpiana impone un approccio muscolare per affermare il controllo sulle rotte strategiche e riaffermare l’influenza massiccia degli Stati Uniti (il famoso «Make America Great Again» passa anche da qua).

La mappa degli Usa condivisa da Donald Trump sui social
La mappa degli Usa condivisa da Donald Trump sui social

Oltre a Panama, il mirino punta verso Nord: Groenlandia e Canada sono la chiave per la Rotta Artica, che Trump ritiene vitale per la sicurezza nazionale nonché per il commercio. Le minacce al Canada si sono tradotte in sanzioni concrete, con dazi del 25% sui suoi prodotti. Anche il Messico e (non poteva mancare) la Cina subiscono le stesse misure. In Europa, Trump ha minacciato dazi del 200% su vini e alcolici in risposta alla tassazione Ue sui liquori americani. Nell’ultima conferenza stampa allo Studio Ovale ha annunciato di voler imporre dazi del 25 per cento sulle auto prodotte all’estero.

La legge del più forte è una carta che può essere giocata solo da uno. Il più forte. E Trump non ha nessuna intenzione di perdere questa sfida ormai in campo aperto. Alza l’asticella, si sporge ancora di più sull’orlo del baratro, convinto di non essere colui che cederà.

Per ora, la politica delle minacce gli sta dando ragione.

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