La Francia ha vietato le terapie di conversione per persone LGBTQ+

La Francia ha reso illegali le terapie di conversione, che si propongono di “curare” l’orientamento sessuale delle persone LGBTQ+. Il Parlamento francese ha infatti approvato in via definitiva una legge che era già passata a dicembre in Senato. 

Cosa sono le terapie di conversione

Le terapie di conversione, o di “riorientamento sessuale”, si fondano sulla convinzione che le persone LGBTQ+ abbiano una malattia da curare. Il loro scopo è modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona: elettroshock, esorcismi, stupri collettivi e torture sono alcuni dei metodi utilizzati per trattare le persone omosessuali o non binarie. 

La comunità scientifica considera queste pratiche prive di fondamento e alcune istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Onu le vietano espressamente. Nonostante questo, vengono eseguite ancora in molti Paesi

Dal punto di vista scientifico e psicologico, si sottolinea inoltre che i trattamenti di conversione sono deleteri per la salute mentale, perché causano depressione, ansia, deterioramento delle relazioni familiari e difficoltà nelle relazioni. I più giovani che subiscono queste pratiche hanno anche un rischio doppio di suicidio rispetto ai loro coetanei. 

La comunità scientifica critica apertamente le terapie di conversione
Cosa cambia in Francia

La legge, approvata all’unanimità, introduce un nuovo reato nel codice penale francese: chi pratica i trattamenti di conversione rischia pene di 2 anni e multe da 30mila euro, che possono salire a 3 anni e 45mila euro nel caso di coinvolgimento di minori. 

Il vantaggio dell’introduzione della legge è sensibilizzare sull’illegalità delle terapie di conversione: considerate ora come un reato specifico, non saranno più inquadrate sotto altri reati come molestie morali o pratica illegale della medicina. 

Con un tweet, il presidente Emmanuel Macron ha detto che «Queste pratiche indegne non hanno posto nella Repubblica. Perché essere se stessi non è un crimine, perché non c’è niente da curare». La ministra francese per le Pari opportunità Élisabeth Moreno ha invece dichiarato che la legge ha lo scopo di aiutare le vittime a denunciare.

La situazione nel mondo

Oltre alla Francia, anche Germania, Malta, Albania, Brasile e Canada hanno già vietato le terapie di conversione, mentre Regno Unito e Paesi Bassi stanno facendo dibattiti in proposito.

Nello specifico, il Canada ha vietato i trattamenti di conversione a dicembre 2021, con una legge che considera reato anche spingere una persona a sottoporsi alle terapie, oppure portarla a questo scopo in Paesi dove questi trattamenti sono ancora legali. 

La situazione in Italia

Al contrario di altri Paesi europei, in Italia le terapie di conversione non sono illegali e non sono presenti nel dibattito politico. L’unico tentativo di introdurre una legge sul tema lo fece nel 2016 l’ex parlamentare Sergio Lo Giudice: la proposta prevedeva la reclusione fino a due anni e la multa da 10mila a 50mila euro per chiunque praticasse queste terapie.

In un’intervista Lo Giudice ha dichiarato: «Il problema in Italia è culturale e non solo politico. Dobbiamo capire che queste terapie non sono una opzione. Bisogna costruire consenso sociale. Dal punto di vista legislativo il mio è stato l’unico tentativo. Giornalisticamente il tema viene sollevato di tanto in tanto, ma questo non è sufficiente». 

Sulle terapie di conversione esistono pochi dati ufficiali: in Italia è quasi impossibile fare una stima precisa, anche perché, come sottolineano gli attivisti del Progetto Gionata, si tratta di un fenomeno sommerso. In Francia gli unici dati disponibili sono quelli di una relazione parlamentare del 2019 che ha individuato un centinaio di casi più recenti. 

Valeriano Musiu

Classe 1992. Ho studiato letteratura e cinema, ma nel tempo mi sono appassionato all’ambiente, all’economia circolare e alle questioni di genere. A 24 anni ho seguito Alice nel Paese delle Meraviglie della televisione, lavorando prima nell’intrattenimento e poi nelle news, con in mezzo un’esperienza da copywriter in un’agenzia pubblicitaria. Adesso it’s all about journalism, con la voglia di condividere storie e analizzare i fatti per raccontare il mondo, una parola alla volta.

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