A Tel Aviv è un terremoto dopo l’altro. Le tregue tattiche concesse a Gaza dall’IDF (le forze israeliane) avevano strappato espressioni di malcontento dalle labbra del primo ministro Benjamin Netanyahu. Lui stesso, poche ore dopo, ha deciso di sciogliere il Gabinetto di guerra.
La solitudine di Bibi
Era stato creato l’11 ottobre 2023, quattro giorni dopo l’attacco di Hamas. Una war room di sole cinque persone che andasse a costituire un vero e proprio governo di emergenza nazionale. Di queste cinque, Benny Gantz e Gadi Eisenkot – le due voci più moderate – hanno detto addio. In tutta risposta Bibi ha sciolto il Gabinetto. Una decisione che, più di ripicca, sa di protezione della propria immagine.
Non sono pochi i media che spiegano la scelta come una porta in faccia alle richieste dell’estrema destra. Itmar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, e Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze. Due nomi dai frangenti più conservatori della politica israeliana. Il primo dei due aveva fatto aperta richiesta di entrare nel Gabinetto: «È giunto il momento di prendere decisioni coraggiose, di realizzare una vera deterrenza e di portare la vera sicurezza ai residenti del sud, del nord e di tutto Israele».
E ora? Le decisioni più importanti sono sempre state rimesse a un consiglio di sicurezza più ampio, che include già Smotrich e Ben Gvir. La war room, che si limitava a supervisionare i combattimenti, sarà sostituito da consultazioni singole che Netanyahu terrà con i suoi bracci destri. Tra questi sicuramente Yoav Gallant e Ron Dermer, i due ministri che non hanno abdicato dal governo di emergenza nazionale.
Proteste anti-governative
Intanto nella serata di lunedì 17 giugno, migliaia di israeliani hanno riempito le vie di Gerusalemme. Gli slogan sono gli stessi da mesi: Free the hostages. A cui, di fronte alla sede del parlamento israeliano Knesset, si sono aggiunte le richieste di dimissioni di Netanyahu e di elezioni anticipate. La polizia israeliana ha dichiarato che «continuerà a consentire la libertà legale di espressione e di protesta, ma non permetterà violazioni dell’ordine pubblico e disordini». Disordini che, effettivamente, sono avvenuti.
Alcuni manifestanti avrebbero rotto un cordone della polizia nel tentativo di raggiungere la casa del primo ministro. «Sei tu il leader, la colpa è tua»: il coro è stato accompagnato vari contatti con le forze dell’ordine. Cannoni d’acqua e nove arresti hanno fanno tornare la calma. Consapevoli che martedì sera la situazione sarà la stessa: dimostrazione di un governo che non ha più il polso del Paese.