Iran, il presidente Ebrahim Raisi è morto in un incidente in elicottero

L’agenzia di stampa semiufficiale dell’Iran Mehr News ha riferito che «tutti i passeggeri dell’elicottero che trasportava il presidente iraniano e il ministro degli Esteri sono stati martirizzati».

Cosa è successo

Nel pomeriggio di domenica 19 maggio l’elicottero su cui viaggiavano il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian ha avuto un incidente e ha perso quota mentre si trovava sopra la regione dell’Azerbaigian Orientale, nel nord-est del Paese.

Sulle cause dello schianto ci sono ancora poche certezze: il velivolo è precipitato in una zona montuosa, difficilmente raggiungibile dai soccorsi mandati dal governo centrale e dall’estero (Russia e Turchia hanno prestato aiuto all’Iran). Le operazioni di ricerca dei passeggeri, inoltre, sono state ostacolate dalla fitta nebbia presente.

La comunicazione del regime

Nella notte tra domenica e lunedì, Iran Mehr, una delle più note agenzie di stampa filogovernative, e la televisione statale hanno comunicato che nessun membro dell’equipaggio dell’elicottero è sopravvissuto all’incidente. L’emittente televisiva pubblica ha descritto la morte del presidente come un “martirio” e ha aggiunto che l’ora e il luogo del funerale saranno riferite nel corso della giornata.

Numerosi altri media nazionali e internazionali hanno diffuso rapidamente la notizia. A diverse ore dallo schianto sono emersi dettagli sulla condizione dei corpi dei passeggeri. Un funzionario iraniano che ha chiesto di rimanere anonimo ha comunicato a Reuters che il velivolo è rimasto completamente bruciato nella caduta. Il comandante della divisione Ashura del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica ha dichiarato pubblicamente che alcuni cadaveri non possono essere identificati a causa delle gravi ustioni.

L’equipaggio

Sull’elicottero, oltre a Raisi e ad Abdollahian, erano presenti l’imam della preghiera del venerdì di Tabriz, l’ayatollah Al-e Hashem, il governatore generale dell’Azerbaigian Orientale Malek Rahmati, le guardie del corpo di Raisi, tra cui il generale Mehdi Mousavi, il pilota, il copilota e un tecnico di volo. Il gruppo era di ritorno dalla cerimonia di inaugurazione di una diga sul fiume Aras, al confine con l’Azerbaigian.

Il mezzo su cui viaggiavano era un elicottero Bell 212, operativo dalla fine degli anni ’60. A causa delle sanzioni internazionali la Repubblica islamica fatica da anni a trovare pezzi di ricambio per i propri velivoli, che risultano così vecchi e privi di manutenzione. Oltre al maltempo, dunque, tra le cause che hanno portato allo schianto non si escludono avarie o malfunzionamenti di tipo meccanico.

Appello alla preghiera

Nella giornata di domenica, pochi minuti dopo l’incidente, alcune agenzie di stampa vicine al regime, come Fars, avevano inizialmente diffuso la notizia che lo schianto non avesse coinvolto Raisi, facendo credere che il presidente stesse viaggiando in auto verso Teheran. Col passare delle ore, però, poiché questa voce non trovava conferme, nel Paese si era generato un clima di preoccupazione, oltre che di confusione.

In poco tempo, si erano susseguiti diversi aggiornamenti sull’accaduto, spesso in contraddizione l’uno con l’altro. L’ayatollah Ali Khamenei, nel tentativo di ripristinare la calma tra i cittadini, aveva invitato gli iraniani a pregare per la salute dei passeggeri a bordo dell’elicottero. Folle di fedeli avevano così raggiunto il santuario dell’Imam Reza a Mashad, città natale del presidente.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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