La Repubblica islamica miete un’altra vittima. A quindici anni il matrimonio combinato, poi un lungo periodo di violenza domestica. Accusata dell’omicidio del marito nel 2013, Samira Sabzian ha trascorso dieci anni in carcere. All’alba di mercoledì 20 dicembre è stata impiccata in Iran. L’ultimo saluto ai figli, la settimana prima.
La condizione della donna in Iran
Una questione che si perpetua da 44 anni quella dei diritti delle donne in Iran. Dall’introduzione del Codice penale islamico sotto forma di decreti religiosi, a seguito della rivoluzione khomeinista nel 1979, fino a oggi la situazione è rimasta stazionaria. A settembre del 2022, con la morte di Mahsa Amini, picchiata e mandata in coma per non aver indossato correttamente il velo, un susseguirsi di eventi ha cambiato e sconvolto la società iraniana.
Nasce lo slogan “Donna, Vita, Libertà”, recitato e sostenuto da donne e uomini in tutto il Paese. In risposta, le autorità reintroducono una serie di politiche “morali” che privano le donne dei loro diritti. Se non indossano il velo hanno il divieto di accesso alle cure mediche, all’istruzione, al lavoro e ai trasporti pubblici. Il governo considera le proteste “una malattia sociale”.
Il caso di Samira e il ruolo dell’attivismo
«Samira è la diciottesima donna messa a morte quest’anno in Iran, su un totale di ormai 800 impiccagioni. Le leggi iraniane consentono matrimoni forzati e precoci, non proteggono le donne dalla violenza domestica e poi le ammazzano quando cercano di ribellarsi». Queste le parole di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. L’organizzazione ha anche lanciato un appello per raccogliere firme contro le esecuzioni in Iran.
Secondo l’Ong Iran Human Rights, l’esecuzione di Samira sarebbe avvenuta nel carcere di Qeezel Hesar a Karaj, a una ventina di chilometri da Teheran. Programmata inizialmente per il 13 dicembre, era stata rimandata in seguito alle reazioni della società civile. La donna 32enne aveva ucciso il marito all’età di 19 anni, nel 2013. Era stata condannata a dieci anni di carcere e alla pena di morte. I figli di 10 e 17 anni hanno avuto occasione di rivederla la settimana precedente.
Il codice penale della Repubblica islamica prevede la condanna a morte per tutti coloro che vengono accusati di omicidio. La famiglia della vittima può decidere se accettare la pena o richiedere un compenso finanziario. I genitori del marito di Samira avevano chiesto l’esecuzione.
Iran Human Rights prosegue dichiarando che nessuna fonte ufficiale ha riportato le esecuzioni di donne registrate dalla Ong tra il 2022 e il 2023, in quanto le donne non hanno parità di diritti di fronte alla legge e sono emarginate dalle famiglie a causa di tabù sociali.
Le donne vittime dello Stato iraniano aumentano di giorno in giorno, così come l’impegno della comunità internazionale per cercare di arginare il fenomeno.
Di Giulia Spini