Per fronteggiare l’invasione di locuste, in Kenya hanno iniziato a mangiarle

«E le locuste si posarono su tutto il territorio in gran quantità. Non c’era mai stato un simile flagello prima e non ce ne sarà più un altro. Esse divorarono la vegetazione del paese e tutti i frutti degli alberi. Non rimase più nulla di verde sugli arbusti della campagna». Così, nel Libro dell’Esodo, un Dio piuttosto vendicativo inflisse la sua punizione al faraone d’Egitto. Al netto di escatologiche somiglianze, per l’invasione di locuste che ha recentemente oscurato i cieli del Kenya, di biblico ci sono solo le proporzioni del danno.

Lo sciame attualmente in volo sul Paese conta oltre 200 milioni di esemplari, una grandezza che in termini di spazio corrisponde a tre volte il perimetro della città di New York. E la situazione potrebbe peggiorare. La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha avvertito: «il clima secco dell’estate potrebbe favorire la riproduzione degli esemplari, che potrebbero arrivare a 500 volte tanto». In condizioni favorevoli, insomma, ogni nuova generazione di locuste è 20 volte più numerosa della precedente.

Una contadina keniota sventola un lenzuolo per scacciare uno sciame di locuste. (AP Photo/Ben Curtis)
LOCUSTE, COSA E QUANTO MANGIANO

Per una riproduzione a progressione geometrica, un’alimentazione spropositata. Una locusta può difatti nutrirsi ogni giorno con una quantità di cibo pari al suo peso. Per fare un paragone: uno sciame grande quanto la città di Parigi sarebbe in grado di consumare la razione giornaliera di metà della popolazione dell’intera Francia. E ancora: stando all’Earth Observatory della NASA, uno sciame di medie dimensioni può mangiare, ogni giorno, derrate per 10 elefanti, 25 cammelli o 2.500 persone. La loro dieta fatta di miglio, sorgo e granturco ha già depredato molti raccolti. Un danno che altrove – in Somalia ed Etiopia in particolare – la FAO ha quantificato in 70mila ettari di campi coltivati andati persi.

I connotati biblici di quella che sembra essere una delle piaghe d’Egitto hanno evidentemente toccato le corde più sensibili della superstizione. Un pastore americano, Rick Wiles, ha sostenuto che l’invasione di locuste in Kenya altro non sia che una punizione inflitta da Dio ai kenioti per la corruzione diffusa nel Paese. Chi si è tenuto al di qua di ricostruzioni fantasiose ha invece pensato di allontanare gli insetti a suon di decibel, con annesse nuove opportunità di business e la creazione di livelli occupazionali.

Un piatto di locuste fritte. (citizentv.co.uk)
IL KENYA CORRE AI RIPARI: LE LOCUSTE FINISCONO IN PADELLA

Con un ricettario che va dalla frittura in padella all’arrostitura, lo spirito di adattamento dei kenioti, in anticipo sulle superstizioni e sulla scienza, li ha portati a nutrirsi delle locuste. L’andante sembra essere: fai delle locuste un pasto prima che esse stesse possano negartene uno domani.

La Società degli Entomologi del Kenya ha addirittura incoraggiato il consumo di locuste e altri insetti per la gestione dell’emergenza. Per il professor John Nderitu dell’Università di Nairobi ci sarebbe persino un vantaggio economico: «mezzo chilo di termiti, a Kakamega (una città nell’ovest del Kenya), è più costoso che mezzo chilo di carne». Inoltre, 100 grammi di locuste darebbero un apporto di 11,5 grammi di grassi e 286 milligrammi di colesterolo.

Jacob Mate Shiamwama lavora a uno dei suoi vasi a Iesi, periferia est di Kakamega (nation.co.ke)

Jacob Mate Shiamwama, anziano vasaio di Iesi, periferia est di Kakamega, ricorda i tempi in cui le locuste erano considerate prelibatezze per le comunità della regione: «quando ne avvistavamo qualcuna, c’era entusiasmo in tutto il villaggio». «Aspettavamo la notte, quando riposavano sugli alberi o nella vegetazione – racconta -, per catturarle e arrostirle in pentola».

LO SCETTICISMO DEL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA

Su questa dieta d’emergenza, tuttavia, il Paese è diviso. Il Ministero dell’Agricoltura non si è detto particolarmente entusiasta della soluzione escogitata dai cittadini. «Non potete finirle tutte mangiandole», sostiene Stephen Njoka, direttore del Desert Locust Control Organization for Eastern Africa. Il punto nodale della questione sta nell’impossibilità di distinguere, dalle altre, le locuste morte dopo essere state spruzzate con dei pesticidi.

Ebbene sì, perché a questo livello di “invasione” persino una spruzzata di pesticida fatta da un pedone o in macchina, dal finestrino, aiuterebbe a contenere l’emergenza. E i kenioti non si sono risparmiati dal farlo. Lo stesso governo si è procurato 3mila litri di prodotti chimici per irrorare l’aria e abbattere quanti più esemplari possibile. Sostanze che, per quanto efficaci, mettono a rischio quel po’ di produzione agricola risparmiata dalla fame vorace degli insetti.

LE SOLUZIONI ALTERNATIVE

Insomma, il problema esiste e le soluzioni eterogenee si rivelano essere in conflitto tra loro. «Un pesticida che agisca da ‘controllore biologico’ sarebbe il Green Muscle» spiega Peter Neuenschwander dell’International Institute for Tropical Agriculture, «perché è l’unico che abbia la capacità di colpire l’obiettivo senza danneggiare altri insetti, l’ambiente e la salute dell’uomo».

Dove al sovrano d’Egitto protagonista del racconto biblico bastò chiedere scusa per liberarsi della piaga delle locuste, in Kenya il dibattito per trovare una soluzione al problema è ancora nel vivo. «Io ho peccato contro l’Eterno – implorò il faraone – Ma ora ti prego, perdona il mio errore e allontana da me questo flagello mortale». A quel punto del racconto contenuto nel Libro dell’Esodo, il Signore fece alzare un vento contrario, un vento di ponente molto forte, che portò via le locuste e le precipitò nel Mar Rosso. Non rimase più neppure una locusta in tutto il territorio d’Egitto.

Fosse possibile, i vertici di Nairobi chiederebbero perdono in ginocchio per aver lasciato inascoltati gli inviti all’adozione di misure preventive da parte della FAO che, già lo scorso luglio, metteva in guardia dalle «possibili migrazioni dello sciame, in autunno, dallo Yemen fino al corno d’Africa per finire in Kenya entro la fine dell’anno». Il resto è storia nota.

 

a cura di Marta Zanichelli

No Comments Yet

Leave a Reply