Le bugie con gambe corte e tanti like: Instagram è la nuova piazza dei troll

Era il 2016 quando Facebook ebbe un ruolo decisivo negli esiti delle presidenziali negli Stati Uniti con l’elezione di Donald Trump. Adesso la sfida è il voto del 2020 e il protagonista questa volta è Instagram.

Il social network incentrato sulla fotografia è sempre rimasto in disparte, lontano dalle polemiche sulle fake news, pur essendo di proprietà di Mark Zuckerberg. Eppure, un rapporto commissionato dal Senato degli Stati Uniti, ha evidenziato che Instagram è attualmente la piattaforma più efficace per le campagne di disinformazione. Non solo si propone di avere un ruolo centrale nelle presidenziali 2020, ma la sua influenza è stata importante anche nel risultato del 2016.

IRA: la fabbrica dei troll made in Russia

A gestire la campagna è la Internet Research Agency, azienda russa con sede a San Pietroburgo. E’ impegnata in operazioni di propaganda online per conto di aziende russe e per favorire gli interessi politici del Cremlino. Il soprannome è “fabbrica di troll”: l’IRA sarebbe finanziata da un alleato di Putin con legami con l’intelligence russa. Hanno iniziato a lavorare per Trump già nel 2015, con l’impiego di oltre 1.000 dipendenti per una campagna invasiva di fake news.

Secondo BuzzFeed, l’IRA ha attirato su di sé i riflettori nel giugno del 2015, quando uno dei suoi uffici è stato segnalato per  aver utilizzato per trolling degli account falsi sui principali social network. Il 16 febbraio del 2018, gli Stati Uniti hanno incriminato 13 cittadini russi e l’Internet Research Agency per violazione delle leggi penali con l’intento di interferire in elezioni e processi politici. L’orario lavorativo dei dipendenti si aggira sulle 12 ore ogni due giorni. Un troll pubblica dieci post per ogni turno e di norma l’obiettivo di un commentatore è di lasciare online almeno 126 commenti e due post per account. Ogni blogger è responsabile di 3 account.

I dipendenti dell’ufficio di San Pietroburgo guadagnavano dai 25.000 rubli al mese in su. Con bonus e straordinari, il salario può raggiungere addirittura 80.000 rubli. «Mi sono sentito come un personaggio nel libro 1984 di George Orwell, in un luogo in cui devi scrivere che il bianco è nero e il nero è bianco. Sei in una fabbrica che trasforma la menzogna, raccontando falsità, in una catena di montaggio industriale», ha raccontato un impiegato raggiunto dal Washington Post.

Instagram e le fake news: come funziona

Instagram conta circa un miliardo di utenti: tre volte il numero degli iscritti a Twitter e adesso, grazie alla funzione delle stories, si propone di superare anche i numeri raggiunti da Facebook. E’ una fonte di informazione primaria anche per i più giovani che il prossimo anno sono chiamati alle urne per le presidenziali statunitensi.

Su questo social, il trolling agisce tramite account falsi e anonimi. Tramite meme, diffondono notizie false e teorie del complotto, di solito contro i Democratici e a favore dell’attuale presidente. Gli algoritmi di Instagram, che favoriscono la scoperta di nuovi contenuti simili a quelli di solito apprezzati dall”utente, permettono all’iscritto di partire da un post complottista per poi arrivare a centinaia di altri account simili.

Instagram

Instagram contro i troll? Più o meno

Seguendo alcuni di questi profili, la pagina “Esplora” mostra automaticamente contenuti di utenti che non si seguono, ma simili a post già apprezzati tramite like. Cosa ha fatto Instagram per affrontare il problema? Molto poco: il social infatti segue la politica del “caso per caso”, decidendo di volta in volta se mantenere online o meno un singolo post. Un contenuto che promuove notizie false non viene eliminato, ma solo nascosto dalla sezione “Esplora” su segnalazione degli utenti. E poi c’è l’aggiunta dell’etichetta “informazioni false” sui post o sulle storie. Gli iscritti però sono comunque in grado di visualizzare l’immagine o il video originale, ma per vederlo dovranno cliccare sul tasto “vai al messaggio”. Un link porterà alla valutazione del fact checker sul contenuto.

Il terzo bambino di Mark Zuckerberg dopo Facebook e Whatsapp ha influito su almeno 187 milioni di utenti nel 2016. Molti di più, quindi, dei 77 milioni catturati su Facebook. A differenza di quest’ultimo, Instagram è un social che punta al pubblico più giovane. Ed è questo il maggior rischio per le presidenziali del 2020: i ragazzi sottoposti a campagne intensive di disinformazione voteranno per la prima volta proprio l’anno prossimo. Potrebbe dunque essere sovvertita la stima secondo la quale a votare a destra è la maggioranza degli adulti over 30. Per lo stesso motivo, anche YouTube è finito nell’occhio del ciclone, ricevendo critiche per il sistema che incentiva la visione di video correlati, sottoponendo gli utenti ad intere rassegne di contenuti tutti uguali.

Impossibile studiare la portata del problema

Certo, dopo lo scandalo sulla privacy di Cambridge Analytica che coinvolse Facebook, anche Instagram ha stretto la vite sull’accesso alle informazioni personali. Le nuove misure hanno reso però praticamente impossibile lo studio dei dati sui contenuti che circolano nei profili del social e senza queste informazioni è difficile comprendere l’estensione del problema  della disinformazione su Instagram. Sembrerebbe essere questo il motivo per il quale il social sulla fotografia ha attirato meno attenzioni durante la lotta alle fake news.

I troll corrono su Twitter

Nel frattempo, anche Twitter – la cenerentola dei social – è capace di diffondere in pochi secondi fake news in tutto il mondo. Le bugie avranno pure le gambe corte, ma tramite tweet corrono benissimo: gli account di troll riescono a far circolare notizie false 6 volte più rapidamente rispetto a quanto riescano a fare i giornali o gli altri colleghi social. La ricerca è stata condotta dal gruppo del Massachusetts Institute of Technology (Mit) guidato da Soroush Vosoughi.

Si tratta del più ampio studio sulla diffusione delle notizie false online mai condotto negli ultimi anni. Alle ricerche ha collaborato anche Twitter, che ha concesso il pieno accesso ai suoi archivi storici. Sono stati presi in esame post dal 2006 al 2017 e la scoperta è che le bufale vengono retwittate almeno 4,5 milioni di volte.

 

 

Gabriella Mazzeo

24 anni, giornalista praticante. Attualmente scrivo per MasterX, prossimamente scriverò per qualsiasi testata troverete in edicola. Per ora intaso il vostro internet, fra diversi anni forse anche le vostre tv. Nel dubbio, teniamoci in contatto

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