India: continua la protesta dei contadini contro la riforma agraria liberale di Modi

Oltre due milioni di agricoltori indiani stanno protestando da mesi contro la riforma agraria proposta ad agosto dal governo del primo ministro Narendra Modi. Il disegno di legge, promosso dal Bharatiya Janata Party – il Partito del Popolo Indiano – prevede una radicale liberalizzazione del settore agricolo. Una minaccia per la sussistenza delle centinaia di milioni di cittadini che dipendono dall’agricoltura: quasi il 60% dell’intera popolazione indiana, che conta oggi più di 1,3 miliardi di persone.  

250 milioni di persone in piazza per lo sciopero nazionale

I moti di protesta, inizialmente nati nelle regioni del nord del Punjab e dell’Haryana, si sono velocemente diffusi in tutto il paese: lo sciopero nazionale indetto a novembre dai coltivatori ha coinvolto 250 milioni di persone. I protestanti hanno marciato con i loro trattori verso la capitale, hanno bloccato le strade attorno a Delhi e, dopo numerosi scontri violenti con la polizia, oltre due milioni di loro si sono accampati alle porte della città. Intere famiglie, compresi migliaia di bambini, vivono da mesi per strada per opporsi alla deregulation del settore agricolo.

La liberalizzazione imposta dal governo

Il disegno di legge – il Farmers’ Produce Trade and Commerce (Promotion and Facilitation) Act – prevede tre interventi principali, volti a deregolamentare il sistema di vendita, di pricing e di stoccaggio dei prodotti agricoli. Fino alla riforma proposta ad agosto dal governo Modi, il settore agricolo indiano era regolato da dei comitati per il mercato dei prodotti agricoli (APMC). Questi comitati esistevano per garantire che gli agricoltori fossero salvaguardati dallo sfruttamento da parte della grande distribuzione, nonché per assicurare che i prezzi dei prodotti agricoli al dettaglio non raggiungessero livelli troppo elevati. 

Grazie a questo sistema, la maggior parte dei coltivatori vendeva i loro prodotti in specifici mercati territoriali – chiamati mandis – regolati dagli APMC. Qui entravano in gioco degli intermediari commerciali che, successivamente, trattavano con le catene di distribuzione, statali o private che fossero. L’approvazione della riforma cancellerà questa norma, permettendo così ai contadini di vendere i loro prodotti direttamente a compratori privati. Questa deregolamentazione preoccupa molto gli agricoltori, secondo i quali in breve tempo si assisterà alla scomparsa dei mandis, e con loro del prezzo minimo di sostegno, che garantisce ai contadini, al di là delle oscillazioni del mercato, di coprire i costi di produzione. 

No Farmers No Food, lo slogan dei manifestanti che si sta diffondendo in tutto il mondo

 

Contadini preoccupati dal confronto con le multinazionali

La preoccupazione principale dei manifestanti è quella di poter perdere il potere contrattuale necessario per riuscire a negoziare prezzi adeguati per i loro prodotti con le grandi società. Inoltre, con l’entrata in vigore delle riforme, se gli agricoltori dovessero trovarsi in situazioni di debito, non lo sarebbero più nei confronti dello Stato, ma verso delle multinazionali, le quali avrebbero il potere di rifarsi acquisendo i terreni agricoli stessi.

Dall’altra parte, il governo sostiene che la riforma sia necessaria per modernizzare il settore agricolo del paese, aggiungendo che il taglio del sistema di intermediazione permetterà agli agricoltori di avere più controllo sulle transazioni e, di conseguenza, ricavi maggiori.

Complice l’emergenza e la crisi causata dalla pandemia di Covid-19, le leggi sono passate senza che fosse avviata alcuna consultazione con i rappresentanti degli agricoltori e con i governi locali, che, secondo la Costituzione indiana, sono responsabili del settore agricolo del paese. Improvvisamente proiettati in una prospettiva di futuro molto incerto, gli agricoltori hanno dato vita a moti di protesta che, col passare delle settimane, hanno avuto risvolti sempre più violenti, culminati in numerosi scontri con la polizia. 

L’occupazione del Red Fort, palazzo simbolo di Dehli

In seguito alla grande mobilitazione, a gennaio la Corte Suprema Indiana ha bloccato l’approvazione delle leggi “fino a nuovo avviso”, ma da allora qualsiasi trattativa tra il governo e le unioni degli agricoltori è fallita. Il 26 gennaio, in occasione della Festa della Repubblica Indiana, in cui il paese festeggia l’entrata in vigore della Costituzione, durante una marcia di protesta organizzata dai sindacati degli agricoltori, la folla ha forzato le barricate della polizia e ha occupato il Red Fort, uno dei palazzi simbolo di Delhi.

I manifestanti occupano il Red Fort, Delhi, 26 gennaio.

Oltre un centinaio di manifestanti sono stati fermati della polizia. I parlamentari del partito di Modi invocano per loro un processo per tradimento, mentre molti leader del partito di opposizione, attivisti e persino alcuni alleati politici di Modi hanno espresso sostegno a coloro che protestano. Indipendentemente da quanto dure saranno le repressioni del governo, i rappresentanti degli agricoltori sono stati molto chiari: i contadini accampati alle porte della capitale hanno con sé rifornimenti per almeno sei mesi, le proteste andranno avanti finché le proposte di legge non saranno revocate. 

Francesco Lo Torto

Giornalista praticante fiorentino trapiantato a Milano. Leggo, ascolto, parlo e scrivo di politica e geopolitica. Da quando è arrivata l'adolescenza scrivo e compongo musica, da prima ancora mi emoziono con lo sport. Laureato in Editoria e Comunicazione all'Università degli Studi di Milano.

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