Il Corano brucia tra le mani del leader danese Rasmus Paludan davanti all’ambasciata turca di Copenaghen. Una settimana prima era avvenuto lo stesso a Stoccolma, alla vigilia della visita del ministro della Difesa svedese Pal Jonson in Turchia, costringendo il governo turco ad annullare l’incontro. Così si inaspriscono i rapporti tra Svezia e Ankara e si allontana la speranza del paese scandinavo di entrare nella NATO.
Il responsabile del rogo
Il politico, che fieramente indossa il cappellino del partito danese di estrema destra Stram Kurs (in italiano “Linea Dura”), non è nuovo al creare disordini con i suoi gesti estremi. Per Rasmus Paludan, leader del movimento, è ormai un’abitudine bruciare il Corano. Lo aveva già fatto durante il suo tour in Svezia lo scorso aprile causando 4 giorni di scontri violenti con la comunità islamica. Forte dell’appoggio dei suoi seguaci, ha replicato il gesto il 21 e il 27 gennaio, ma probabilmente non sarà l’ultima volta. «Brucerò una copia del Corano davanti all’ambasciata turca a Copenaghen ogni venerdì, fino a quando la Svezia non entrerà a fare parte della Nato», ha dichiarato in segno di sfida, scatenando l’ira del mondo islamico. L’obiettivo è creare il caos: da una parte gli attivisti pro-Paludan, dall’altra i turchi indignati, che a loro volta bruciano la bandiera svedese davanti all’ambasciata ad Istanbul.
L’uomo che si nasconde dietro Paludan
Indagini giornalistiche condotte dalla testata svedese Syre hanno rivelato il nome di chi ha finanziato l’incendio del Corano a Stoccolma, Chang Frink. Giornalista e proprietario del quotidiano online Nyheter Idag, politico del partito di destra radicale svedese Sweden Democrats. Questa la carriera dell’ uomo controverso che ha pagato i permessi per la manifestazione di Paludan e gli ha promesso protezione. Lo stesso leader dello Stram Kurs ha ammesso al quotidiano svedese Dagens Nyheter che bruciare il Corano in Svezia non è stata una sua idea. Secondo Frink si sarebbe trattato solo di un gesto a sostegno della libertà di espressione, in nessun modo fatto per «infastidire i musulmani». «Se sono riuscito a sabotare il processo di adesione alla Nato, pagando una quota amministrativa di 320 corone (circa 32 euro) allora non so se il problema sono io o se è l’intero processo di adesione alla Nato».
Russia Today: la televisione che piace a Putin
Tra le altre cose, Frink è anche un ex collaboratore del media di propaganda del Cremlino Russia Today, strumento mediatico concepito per migliorare l’immagine russa all’estero e per contrastare lo spirito anti-russo (secondo Mosca) dei media occidentali. Fondato nel 2005 dai politici Gromov e Lesin, il canale televisivo satellitare RT è il primo canale russo digitale ed è direttamente finanziato dal Cremlino. Un mezzo di disinformazione secondo l’Unione europea, che l’ha messo al bando dal 2 marzo 2022 come parte delle sanzioni contro Mosca per la guerra in Ucraina. Ma RT continua la sua propaganda filo-russa usando altri domini, come dimostrato dall’Institute for Strategic Dialogue (ISD).
La condanna più recente riguarda il falso trattamento preferenziale dei rifugiati ucraini, sul loro costo e la loro pericolosità, ma andando più indietro nel tempo, il canale televisivo era arrivato a prevedere lo scioglimento degli Stati Uniti nel 2010. Una macchina di produzione di fake news che collabora con l’Internet Research Agency (IRA), l’agenzia che ha sfruttato i suoi trolls online per minare le elezioni americane del 2016, diffondendo lo stesso tipo di contenuti.
Un’altra critica rivolta a RT è il frequente utilizzo di figure marginali a sostegno di tesi assurde, come lo «storico» americano Hank Albarelli, che afferma che la CIA sta testando droghe pericolose su civili inconsapevoli. O, ancora, la strumentalizzazione di annunci che presentavano immagini di Obama e del Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad accompagnate dalla domanda: «Chi rappresenta la più grande minaccia nucleare?». Una campagna in particolare contro gli Stati Uniti, simbolo del mondo occidentale, dietro la facciata di un legittimo mezzo di comunicazione.
L’influenza russa sugli accordi della NATO
La Russia ha più volte dichiarato la sua contrarietà all’ingresso della Svezia (e della Finlandia) nella NATO. Un allargamento a nord dell’Alleanza Atlantica che, dopo quello a est, acuirebbe la sindrome di accerchiamento che già affligge Mosca. Questa adesione consentirebbe infatti il dispiegamento di nuovi contingenti e armi della NATO a poca distanza dai confini russi, costringendo Mosca ad adottare contromisure appropriate. Paludan sembra combattere contro il veto turco, infuocando i suoi sostenitori a protestare contro Ankara.
Ma se il suo burattinaio è un giornalista filo-russo, qual è il suo vero fine? Di certo, al momento il risultato è proprio il contrario di quello che Paludan afferma di volere. Dopo il rogo del Corano, Turchia e Svezia sono ancora più distanti e il processo di adesione di Stoccolma è sempre più complicato. D’altra parte, se il vero obiettivo (condiviso dal Cremlino) del leader dello Stram Kurs fosse quello di fermare il processo, allora Paludan e Frink potrebbero già cantare vittoria.
La propaganda putiniana usa il caos per polarizzare le parti schierate attraverso eventi che, in un preciso momento storico, richiamano molto scalpore (non era la prima volta che il Corano veniva bruciato, ma alla vigilia dell’incontro ad Ankara assume un enorme significato). La storia si ripete. Ancora una volta la Russia cerca di intromettersi negli affari occidentali. Ma visto che ora tutte le carte sono scoperte, Erdogan avrà la lucidità di non cadere nella trappola?