Nella giornata di sabato 7 ottobre Hamas, il gruppo terroristico che controlla dal 2007 la Striscia di Gaza, ha avviato un’offensiva via aria, terra e mare nel sud di Israele – ancora in corso – lanciando migliaia di razzi e attaccando le comunità vicino a Gaza.
A testimoniare la forza dello scontro in atto parlano le cifre: in Israele il bilancio delle vittime è salito – e continuerà a farlo – a circa 1.400, oltre 2.800 i morti palestinesi e un milione di sfollati. Continua a preoccupare anche il numero ingente di ostaggi, trattenuti nella Striscia di Gaza.
Numeri, questi, che non si verificavano dalla guerra dello Yom Kippur (1973), quando Israele fu colto di sorpresa, allora come ieri, da un’azione fulminea (in quell’occasione, di Egitto e Siria).
Mohammed Deif, la mente del raid e l’uomo più ricercato da Israele, in un messaggio video ha dichiarato che l’operazione, chiamata «Tempesta di Al-Aqsa», è una risposta agli attacchi israeliani contro le donne, le recenti incursioni della polizia israeliana nella Moschea di al-Aqsa a Gerusalemme e l’assedio continuo a danno di Gaza.
In estrema sintesi…
Il progetto del movimento islamista, sunnita e fondamentalista – e che si ispira ai Fratelli Musulmani – è quello di distruggere Israele e creare uno Stato islamico in Palestina. Hamas ha un braccio armato: le Brigate al-Qassam, responsabili dei molti raid subiti da Israele. La recente incursione dell’ala armata avrebbe ricevuto il sostegno della cosiddetta Jihad islamica, un altro gruppo islamista presente a Gaza.
Oltre a quella militare, Hamas ha anche un’ala politica: nel 2006 ha vinto le elezioni nei Territori palestinesi e Ismail Haniyeh è diventato il primo ministro dall’Autorità Nazionale Palestinese, fino a quel momento nominato dal partito arrivato secondo alle elezioni, ovvero Al-Fatah. Quest’ultimo, formazione politica che controlla la Cisgiordania guidata dall’anziano Abu Mazen – e che secondo osservatori e media non è coinvolto negli attacchi di sabato – si è fin da subito contrapposto ad Hamas.
Nel 2007 scoppia, così, una guerra civile di Gaza, con i membri di Fatah che vengono espulsi dalla Striscia insieme al loro leader. L’attacco senza precedenti di sabato 7 ottobre è avvenuto un giorno dopo il cinquantesimo anniversario dell’attacco a sorpresa di Egitto e Siria nel 1973, la già citata guerra dello Kippur. E il significato di quella data, con ogni probabilità, non sarà sfuggito alla leadership di Hamas.
Come ha risposto Israele?
La risposta di Israele su Gaza è in corso. L’esercito israeliano sta riprendendo il possesso dei centri abitati e dei varchi e avviando una ritorsione militare con ingenti attacchi alle città della Striscia. L’operazione è stata ribattezza dagli israeliani «Spada di ferro».
«L’esercito israeliano sta conducendo attacchi su larga scala su diversi centri strategici appartenenti all’organizzazione terroristica di Hamas», ha detto il portavoce delle forze israeliane. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, citata da Al Jazeera, Israele «ha distrutto edifici residenziali, moschee scuole e ospedali».
Nel frattempo, il ministro della Difesa del Paese ha ordinato «l’assedio completo» della Striscia di Gaza, abitata da oltre 2,2 milioni di persone palestinesi e una delle aree con la densità più alta al mondo. Va a peggiorarsi ulteriormente la situazione dei civili presenti, che dal 2007 – dopo la presa di potere di Hamas – devono far fronte alle conseguenze dell’embargo imposto da Egitto e Israele. All’interno del piccolo territorio palestinese non ci sarà dunque «elettricità, né cibo, né benzina». Per il funzionario israeliano, Tel Aviv combatte «contro degli animali umani e per questo – fa sapere – agiremo di conseguenza».
Intanto, il primo ministro israeliano Netanyahu – leader del governo più a destra della storia del Paese – ha avvertito i cittadini di prepararsi a una «guerra lunga e difficile». Israele sta arruolando un numero record riservisti (quasi 300mila), molti dei quali sono appena ventenni.