A un anno dall’inizio dell’“operazione militare speciale” in Ucraina, dopo la primissima ondata di solidarietà, il tema dell’accoglienza dei profughi è quasi sparito dai riflettori. Ma numerose realtà, in Italia e nella città di Milano, continuano a dedicarsi all’assistenza e all’integrazione dei rifugiati. Centri di accoglienza straordinaria (Cas), comunità, parrocchie, famiglie, servizi di integrazione linguistica e culturale, sportelli di tutela della salute e di aiuto alimentare. Giorno dopo giorno, migliaia di persone dedicano all’accoglienza il proprio tempo e le proprie energie, spesso in modo del tutto gratuito.
L’impegno di Caritas Ambrosiana
In prima linea c’è sicuramente Caritas Ambrosiana, che accoglie i profughi in centri collettivi e appartamenti offerti da parrocchie e istituti religiosi.
Attualmente, dà rifugio a 405 ucraini tramite la Prefettura di Milano. A questi si sommano i 344 profughi, di cui 142 minori, accolti in 60 comunità, e i 265, di cui 128 minori, accolti in 38 parrocchie.
Come dichiara il direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, «ogni intervento è finalizzato a garantire non solo sopravvivenza, ma anche e soprattutto dignità, autonomia, autostima, speranza in un futuro migliore».
I Centri di accoglienza straordinaria
Gran parte dell’accoglienza è effettuata dai Cas, dove sono presenti, secondo la Prefettura di Milano, 873 ucraini su oltre 8 mila arrivati in città. Quelli entrati nei Cas dal 1° marzo sono 2395: ciò significa che 1522 sono stati trasferiti in altre strutture o famiglie. I rifugiati sono in prevalenza donne, soprattutto mamme, con 195 minori in età scolare. Nei Cas trovano un letto, cibo, docce, indumenti puliti, cure mediche, giochi per bambini, assistenza nelle procedure di asilo. Ma anche attività mirate all’inclusione sociale, come corsi di lingua e centri estivi.
L’accoglienza della Casa della Carità
Tra i Cas spicca la Casa della Carità. Un progetto di assistenza a persone in difficoltà voluto vent’anni fa dal Cardinal Martini e rivolto dallo scorso anno, subito dopo l’inizio della guerra, anche ai profughi ucraini. Sono 35 quelli attualmente presenti nella sede di zona Cimiano, in prevalenza mamme con uno, due o tre figli.
«Noi puntiamo all’inclusione sociale», dichiara una responsabile della struttura. Per questo, organizzano corsi di italiano, trovano un lavoro agli adulti, inseriscono i bambini nelle scuole e nei centri estivi della zona.
Il nuovo Hub 126
Centrale nella rete dei Cas milanesi è l’Hub 126 di Fondazione Progetto Arca. Situato in zona Centrale, in via Sammartini, raccoglie l’eredità dell’Hub del Sottopasso Mortirolo. Rappresenta un centro di pronto intervento multifunzionale: nasce per far fronte alle emergenze sociali come quella ucraina, ma è pronto a offrire aiuto anche alle persone senza fissa dimora.
Attualmente, l’Hub risponde ai bisogni primari dei rifugiati e poi li trasferisce in altre strutture o famiglie. L’edificio è piccolo e dentro c’è frenesia: due profughe ucraine, una mamma e una figlia, sono appena arrivate e devono essere spostate in un Cas di zona Lodi.
Dopo la fine dell’emergenza nazionale
Come ricorda un volontario della Protezione civile dell’Hub 126, il 3 marzo scadrà l’emergenza nazionale che ha consentito agli ucraini di trovare rifugio per un anno. Il permesso verrà rinnovato? «Questo è un punto interrogativo inquietante», afferma il volontario. Ma presumibilmente l’emergenza verrà prorogata, perché la guerra è tutt’altro che finita. E il bisogno di accoglienza, a un anno dall’inizio del conflitto, è tutt’altro che cessato.