Crolla la diga di Nova Kakhovka: catastrofe umanitaria ed ecologica

Una nuova catastrofe si è abbattuta sull’Ucraina. Nella notte fra il 5 e il 6 giugno è stata distrutta la diga di Nova Kakhovka, situata nell’oblast di Kherson. Gli argini si sono riempiti fino all’orlo, poi l’acqua ha superato il muro ed è cominciata l’inondazione. Il livello del fiume Dnipro si è alzato di undici metri: l’acqua sta allagando tutto ciò che si trova lungo le due sponde. Decine di località verranno sommerse e sono già migliaia i civili evacuati. Si prospettano conseguenze devastanti: abitazioni distrutte e sfollati, interruzione della produzione agricola, avvelenamento dei terreni, inondazione di aree piene di mine inesplose, crisi idrica in Crimea, distruzione della centrale idroelettrica, rischi per la centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Non sono ancora chiari i responsabili, anche perché entrambe le parti hanno sia da perdere sia da guadagnare dal crollo della diga. Per il momento, Mosca e Kiev si stanno scaricando a vicenda le colpe della distruzione di un’infrastruttura cruciale da molteplici punti di vista.

L’importanza strategica della diga

La diga, in funzione dal 1956, si trova a Nova Kakhovka, cittadina di circa 50 mila abitanti sul fiume Dnipro. Con un muro lungo 3.850 metri e alto 30, il sito tratteneva circa 18 miliardi di metri cubi d’acqua.

L’infrastruttura riveste(va) un’importanza cruciale, da più punti di vista. Non è un caso che i russi siano andati dritti a catturare la cittadina già il 24 febbraio 2022, il primissimo giorno dell’“operazione militare speciale”, saltando altri obiettivi come la ben più popolosa città di Kherson. E anche quando si sono ritirati dall’oblast, le truppe di Mosca non hanno mai abbandonato Nova Kakhovka.

La diga di Nova Kakhovka prima del collo
La diga di Nova Kakhovka prima del collo

Anzitutto, la diga è cruciale per l’approvvigionamento idrico della Crimea. La penisola eusina è priva di sorgenti proprie e riceve l’acqua proprio dall’invaso idrico di Nova Kakhovka. Già nel 2014 l’Ucraina aveva chiuso i rubinetti dell’acqua, causando una crisi idrica in Crimea. I rubinetti erano stati riaperti il primo giorno dell’invasione, dopo la conquista della diga da parte dei russi.

L’infrastruttura è poi fondamentale per il funzionamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Infatti, manteneva alto il livello dell’acqua nel bacino usato per fornire l’elettricità ai condensatori delle turbine e ai sistemi di sicurezza.

Infine, la diga è strategica anche da un punto di vista militare. Minarla e abbatterla significa inondare tutto ciò che c’è a valle e dunque impedire agli ucraini di attraversare il fiume, procedendo alla riconquista della sponda controllata dalla Russia.

Come è crollata la diga?

Al momento non è chiaro cosa abbia determinato il crollo della diga. Secondo Mirko Mussetti, analista di Limes, le opzioni sul tavolo sono tre: o sono stati gli ucraini, o l’hanno abbattuta i russi, oppure ha ceduto a causa della carenza di manutenzione. Il crollo della diga offre vantaggi e, contemporaneamente, svantaggi a ciascuna delle due parti del conflitto. Questo complica l’attribuzione delle responsabilità.

 

Potrebbero averla distrutta gli ucraini, con l’obiettivo di danneggiare la Russia: la sponda occupata dalle truppe di Mosca è più bassa e dunque più soggetta all’inondazione. L’acqua travolgerà le difese della Russia, compresi i campi minati. Ma non risparmierà nemmeno il territorio in mano agli ucraini, producendo conseguenze devastanti per le persone, l’agricoltura e l’economia.

Potrebbero essere stati i russi, con l’intenzione di bloccare la controffensiva ucraina in questo segmento, rendendo di fatto impraticabile circa cento chilometri di fronte. Per diverse settimane le truppe di Kiev non potranno oltrepassare il Dnipro con i mezzi pesanti della Nato, procedendo alla riconquista della sponda meridionale. La Russia potrà dunque concentrare le truppe in altri segmenti del fronte, ad esempio nella zona di Zaporizhzhia. Peraltro, gli ucraini dovranno concentrare i propri sforzi, umani ed economici, nel contenimento dei danni, distogliendo risorse dalla controffensiva. Ma anche i russi hanno molto da perdere: soprattutto, rischiano di condannare la Crimea a una nuova crisi idrica.

Infine, potrebbe trattarsi di un incidente dovuto all’incuria, all’impossibilità di svolgere una regolare manutenzione. La diga era stata danneggiata dall’artiglieria ucraina già nel novembre 2022. E sull’infrastruttura hanno gravato le precipitazioni eccezionali degli ultimi mesi: secondo le analisi effettuate dai satelliti, a maggio il livello dell’acqua nell’invaso idrico aveva raggiunto il picco massimo degli ultimi trent’anni, dopo un minimo storico registrato a febbraio.

Danni pregressi all’infrastruttura

Per ora non ci sono video che mostrino esplosioni: quello che circola in rete risale all’attacco ucraino del novembre 2022. Ancora non sappiamo se la diga sia stata realmente colpita, o se sia solo collassata la paratoia. Ma pare che già nei giorni scorsi l’infrastruttura presentasse dei danni. Le due parti in conflitto si accusavano a vicenda di bombardamenti con missili e gli abitanti avevano già denunciato l’innalzamento del livello delle acque.

Una foto satellitare mostra i danni al ponte stradale della diga
Una foto satellitare mostra i danni al ponte stradale della diga

Alcune immagini, diffuse fra i primi dal giornalista Evan Hill del Washington Post, mettono a confronto le foto scattate dai satelliti Maxar il 28 maggio con quelle scattate il 5 giugno, ossia il giorno prima del crollo. Se nelle prime immagini il ponte stradale era integro, il 5 giugno era già in parte crollato. Ma il ponte presentava segni di deterioramento già nelle foto del 28 maggio e in video diffusi a marzo. Ciò suggerisce che la diga non sia caduta improvvisamente, ma in virtù di danni pregressi: non è chiaro però se tali danni derivino da un attacco militare, russo o ucraino, o dalla scarsa manutenzione.

Il rimpallo delle responsabilità

Come in innumerevoli altre occasioni, russi e ucraini si sono incolpati a vicenda. Per il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, si tratta di un «atto deliberato di sabotaggio da parte degli ucraini per privare la Crimea di acqua». Il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha chiesto al mondo di condannare l’atto criminale di Kiev.

Dall’altro lato, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di «atto di brutale terrorismo», dando la colpa a una detonazione interna causata dalle mine russe. Citato dal media ucraino Liga, il capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale di Kiev, Oleksii Danilov, ha accusato la 205ma brigata di fanteria motorizzata russa. Per Mykhailo Podolyak, Consigliere del Presidente ucraino, l’obiettivo dei russi è chiaro: «Vogliono creare ostacoli insormontabili per impedire l’avanzata delle forze armate».

I rischi umanitari, agricoli ed ecologici

Al di là dei responsabili, il crollo della diga produrrà enormi conseguenze, da molteplici punti di vista.

Anzitutto, danni alle persone. Oltre a Nova Kakhovka, stanno venendo sommerse decine di altre località. In quasi 40 mila vivono nella zona soggetta all’inondazione: 16 mila nella parte ucraina, 22 mila in quella russa. L’evacuazione è partita immediatamente, ma secondo il Capo degli Affari umanitari per le Nazioni Unite, Martin Griffiths, vi saranno «enormi conseguenze per migliaia di persone». Né russi né ucraini hanno finora accertato morti, ma per la Casa Bianca sarebbero già parecchi.

Parte dell'area allagata a causa della distruzione della diga
Parte dell’area allagata a causa della distruzione della diga

Non solo villaggi sommersi e abitazioni distrutte, ma anche danni per l’agricoltura, settore cruciale per l’economia ucraina. L’invaso idrico di Nova Kakhovka, infatti, è (era) fondamentale per l’irrigazione dei campi e il funzionamento delle industrie. Con il crollo della diga sono già stati distrutti 20 mila ettari di terreni agricoli e si prevede l’interruzione della produzione dell’area per i prossimi cinque anni. Un danno molto grave, considerando che la terra più fertile di tutta Europa si trova proprio in quella zona attorno al Dnipro, in particolare nel suo tratto più verso il mare. 

A complicare le cose, 150 tonnellate di petrolio si sono già riversate in acqua, fuoriuscendo dai serbatoi della diga, spargendosi nei terreni circostanti e dirigendosi verso il Mar Nero. I terreni, inoltre, rischiano di avvelenarsi di sostanze tossiche e componenti chimici usati dalle imprese agricole, inclusi concimi e diserbanti. Zelensky ha parlato di «ecocidio», paventando gravi danni all’ecosistema nel sud dell’Ucraina, nella regione del Mar Nero e del Mar d’Azov: «animali, uccelli e pesci stanno morendo in grandi quantità».

I rischi di mine inesplose, mancanza d’acqua e di energia

Inoltre, l’acqua sta sommergendo territori colmi di mine. L’inondazione si sta già avvicinando al Parco naturalistico nazionale delle Sabbie di Olesky: il piccolo deserto interno al territorio ucraino è pieno di mine inesplose, in quanto veniva usato dai sovietici per le esercitazioni militari.

Una mappa del Washington Post mostra la diga di Nova Kakhovka e il corso d'acqua che raggiunge la Crimea
Una mappa del Washington Post mostra la diga di Nova Kakhovka e il corso d’acqua che raggiunge la Crimea

Il crollo della diga ha poi conseguenze devastanti per gli abitanti della Crimea: per svariati anni decine di migliaia di persone non avranno accesso all’acqua dolce del Dnipro.

È stata inoltre distrutta la centrale idroelettrica di Nova Kakhovka, quinto impianto idroelettrico in Ucraina, con una capacità di 334,8 megawatt. Questo mette a rischio la produzione di elettricità nel Paese.

I rischi per la centrale nucleare di Zaporizhzhia

Ma il problema maggiore riguarda forse la centrale di Zaporizhzhia, il più grande sito nucleare d’Europa. Le acque a monte, usate per raffreddare i reattori, si stanno abbassando di 5 centimetri all’ora. Quattro dei sei reattori sono già da tempo in ibernazione, l’impianto dispone di altre fonti d’acqua, sufficienti per alcuni mesi, e lo squarcio nella diga sembra limitato alla parte superiore, ma i rischi per la centrale sono evidenti.

La centrale nucleare di Zaporizhzhia
La centrale nucleare di Zaporizhzhia

Per il momento dalle autorità sono arrivate rassicurazioni. «Non valutiamo la situazione come critica, poiché la centrale ha un proprio bacino di raffreddamento», ha dichiarato Petro Kotin, Presidente dell’operatore nucleare ucraino Energoatom. Anche per l’Agenzia internazionale per l’energia atomica non ci sono pericoli nucleari imminenti. Rassicurazioni anche da Rosatom, la società statale russa per l’energia atomica.

Per l’Occidente: crimine di guerra russo

Dal cosiddetto Occidente si sono moltiplicate le accuse a Mosca. Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha parlato di «crimine di guerra», ritenendo «responsabili la Russia e i suoi proxies». Il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, lo ha definito un «atto oltraggioso, che dimostra ancora una volta la brutalità della guerra della Russia in Ucraina». Accuse a Mosca anche da parte del Vice ambasciatore americano all’Onu, Robert A. Wood, intervenuto alla riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza.

Qualora fosse riconosciuta la colpa di una delle due parti, si tratterebbe effettivamente di un crimine di guerra, in base alla Convenzione di Ginevra. Ma mentre si accertano le responsabilità e va in scena il rimpallo delle colpe, l’acqua continua ad avanzare. Sommergendo un villaggio dopo l’altro e minacciando una catastrofe. La situazione andrà monitorata attentamente, considerando che per svariati anni la diga non potrà essere riparata e non si potrà procedere alla bonifica dei terreni allagati. Quantomeno finché non sarà firmato un cessate-il-fuoco.

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