La mattina del 7 maggio Israele ha preso il controllo del valico di Rafah, l’ultimo baluardo palestinese nella Striscia di Gaza. Le operazione delle Israel Defense Forces (IDF), divise tra raid aerei e truppe di terra, sono iniziate in risposta a una proposta di cessate il fuoco accettata da Hamas e promossa dai mediatori egiziani e qatarioti ma non approvata dallo Stato Ebraico.
La timeline degli eventi
Le ultime ore in Terra Santa sono state convulse. Ultimatum, proposte di cessate il fuoco non condivise e i raid a Rafah tanto agognati da Bibi Netanyahu.
Tutto inizia la mattina del 06 maggio, quando Tel Aviv lancia un ordine di evacuazione per circa 100.000 civili intrappolati a Rafah. Il messaggio per Hamas è chiaro: o si trova un accordo per il rilascio degli ostaggi oppure l’IDF proseguirà la sua avanzata a Gaza.
Il passo successivo arriva intorno alle 22. L’emittente araba Al Jazeera annuncia che i
vertici di Hamas e i mediatori al Cairo hanno trovato un punto di incontro per un’interruzione temporanea del conflitto e il rilascio degli ostaggi. La conferma arriva anche da Ismail Haniyeh in persona. Il leader politico di Hamas, residente in Qatar, ha scritto su Telegram di aver informato il premier qatariota Mohammed bin Abdul Rahman al Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel di aver approvato la proposta sul cessate il fuoco.
Poco dopo, una fonte governativa israeliana anonima rivela all’agenzia di stampa Reuters che la proposta di Hamas, ancora non pubblicamente diffusa, sia «ammorbidita» e non considerata accettabile per Tel Aviv. Probabilmente, il punto di scontro potrebbe essere la condizione di salute dei 133 ostaggi. Molti di loro potrebbero essere morti, mentre altri dispersi.
Nella notte dello stesso giorno, l’ufficio di Benjamin Netanyahu annuncia che il gabinetto di guerra ha deciso all’unanimità di proseguire con l’operazione a Rafah per «mettere pressione su Hamas con l’obiettivo di ottenere progressi nella liberazione degli ostaggi» e ha aggiunto che «Israele proseguirà gli sforzi di mediazione per ottenere un accordo accettabile». Posizione ribadita anche dal ministro del Gabinetto Benny Gantz che ha sottolineato come la proposta di Hamas abbia lacune insormontabili per Israele.
Le operazioni a Rafah
Dopo una notte di incursioni, questa mattina l’esercito israeliano ha preso il controllo del valico di Rafah. Un video diffuso dall’IDF mostra alcuni veicoli guidare nei pressi del muro di confine con l’Egitto e almeno sei tank che circolano all’interno della città. Il passaggio con l’Egitto da oggi è disconnesso dalla strada Salah al-Din, che attraversa la Striscia da nord a sud. L’avanzata è stata condotta dalla Brigata 401 dell’IDF e, apparentemente, con poca resistenza.
A precise counterterrorism operation to eliminate Hamas terrorists and infrastructure within specific areas of eastern Rafah began overnight, based on intelligence. pic.twitter.com/L2uVEdCVv9
— Israel Defense Forces (@IDF) May 7, 2024
I vertici militari israeliani hanno definito l’ingresso a Rafah come una Pinpoint operation, ovvero un’operazione precisa e mirata. Si è trattato di operazioni di antiterrorismo poiché secondo l’intelligence di Tel Aviv la frontiera sarebbe infatti stata usata per il contrabbando di armi e risorse per i terroristi. Gli attacchi condotti non sembrano dunque essere il preludio della tanto attesa invasione di terra su larga scala, ma un modo per catalizzare gli sforzi verso una resa di Hamas.
Il bilancio dell’operazione è di 20 militanti uccisi, della localizzazione di tre importanti ingressi di tunnel, e della distruzione di più di 50 infrastrutture dai raid aerei. Inoltre, secondo le autorità palestinesi sarebbero rimaste coinvolte 27 vittime civili.
Oltre al valico di Rafah, Israele ha successivamente chiuso i valichi di Erez e di Kerem Shalom. Attualmente, dunque, la Striscia di Gaza è completamente tagliata da ogni contatto esterno in attesa di ulteriori sviluppi in ambito negoziati.