Lunedì 22 aprile l’esercito israeliano è stato scosso da due dimissioni eccellenti. La prima è quella del leader dell’intelligence militare israeliana (Aman), Aharon Haliva, che si è preso piena responsabilità per la mancata previsione dell’attacco del 7 ottobre. La seconda è quella della guida del comando centrale e sovraintendente delle operazioni in Cisgiordania, Yaron Fuchs, che si è dimesso in segno di protesta contro il governo.
Le dinamiche
Si tratta del primo ufficiale di alto livello israeliano a dimettersi in seguito al fallimento nella prevenzione dell’attacco di Hamas. Aharon Haliva ha comunicato le sua scelta con una lettera al capo di Stato maggiore Herzi Halevi: «Porto con me quel giorno nero. Sabato 7 ottobre 2023 Hamas ha commesso un attacco a sorpresa mortale contro lo Stato di Israele. La divisione di intelligence sotto il mio comando non è stato all’altezza del compito che ci era stato affidato».
All’inizio della guerra, il generale aveva già espresso la voglia di prendere le sue responsabilità e dimettersi. Secondo molti report, le Israel Defense Forces sarebbero infatti entrate in possesso di una copia del piano che Hamas avrebbe messo in atto il 7 ottobre, ma gli ufficiali avrebbero reputato altamente improbabile la sua realizzazione. Ora, dopo più di sei mesi e in concomitanza con l’inizio delle indagini, è arrivato il momento di terminare il compito.
Halevi manterrà comunque il suo ruolo fino alla nomina di un nuovo capo. Non è ancora chiaro quanto tempo passerà prima di una nuova nomina e lo stesso Haliva avrebbe chiesto di rimanere fino alla fine delle indagine sull’attacco del 7 ottobre.
Anche il generale Yehuda Fuchs, comandante in carica delle IDF in Cisgiordania, ha rassegnato le sue dimissioni lunedì. Non ha avuto nessun ruolo nel fallimento dell’intelligence, ma lo ha fatto in segno di protesta contro il governo.
Cosa succede ora
Il leader dell’Aman era ormai diventato il simbolo dell’incapacità dell’establishment israeliano di prevenire il Diluvio Al Aqsa lanciato da Hamas. Le sue dimissioni, nonostante fossero attese da tempo, potrebbero aumentare la pressione sulle altre grandi figure del governo, Benjamin Netanyahu in primis, per prendere maggiore responsabilità sulla catastrofe.
Inoltre, Bibi, come soprannominato da alleati e rivali, è l’unico ufficiale israeliano a non aver ancora dichiarato pubblicamente la responsabilità per il fallimento del 7 ottobre. Anzi, il premier e i suoi supporter si sono concentrati sul riversare le critiche su Haliva e gli altri membri dell’intelligence, presentando il fallimento come militare.
Le dimissioni di Halevi potrebbero segnare un punto di svolta. Dopo l’attacco dell’Iran e gli ultimi sprazzi di avanzata a Gaza le pressioni dell’opinione pubblica contro i vertici diventano sempre più stringenti: gli ostaggi continuano a rimanere nelle mani dei miliziani, il leader Yahya Sinwar è ancora latitante, mentre da Washington continuano ad aumentare le pressioni.
Ecco allora, che le teste eccellenti potrebbero diventare molte di più. Potrebbe essere l’inizio di un cambiamento di vertici generale mosso anche dalla possibilità di una distensione di conflitto. E non solo nei vertici militari, ma, soprattutto, nelle istituzioni, con un occhio rivolto direttamente a Bibi Netanyahu.