Gaza City, 29 febbraio. Alcune truppe delle Israel Defense Forces (IDF) avrebbero aperto il fuoco mentre migliaia di cittadini palestinesi si ammassavano intorno a un convoglio di camion di aiuti umanitari. Una scena caotica, tra spari, persone calpestate e altre investite dai veicoli, in cui sarebbero morte più di 100 persone e ferite circa 700.
Ancora poco chiare le dinamiche. Secondo il Ministero della Salute della Striscia, la strage sarebbe stata causata dal fuoco israeliano. Mentre per il portavoce dell’IDF Daniel Hagari, le truppe israeliane avrebbero unicamente sparato colpi per disperdere la folla e la maggior parte delle morti sarebbero state causate dalla calca.
La testimonianza israeliana
I camion di aiuti umanitari arrivano sulla strada Al Rashid di Gaza City alle 4:45 ora israeliana. Provengono dal valico di Kerem Shalom, al confine con l’Egitto, dove da giorni si era interrotto il passaggio di aiuti per motivi di sicurezza. Alla vista del convoglio, migliaia di gazawi si riversano addosso ai veicoli, in preda alla fame e alla disperazione.
Secondo le autorità israeliane, la folla si sarebbe avvicinata troppo alle truppe e al carrarmato di Tel Aviv sulla strada e, per dinamiche ancora da chiarire, avrebbero spinto i soldati e forse anche il tank a sparare per disperdere la folla.
L’IDF ha diffuso un video registrato da un drone che stava pattugliando dall’alto il convoglio. A un certo punto del filmato, le persone iniziano a correre e altre sembrano nascondersi dietro ai muri come se cercassero riparo. Nella clip si possono vedere anche persone colpite dai camion del convoglio e i due veicoli corazzati israeliani sulla strada. Nella clip resta però nascosto il momento prima che scoppiasse il panico.
Le testimonianze palestinesi
Un’altra testimonianza è un video registrato da uno dei gazawi nella folla diffuso da Al Jazeera. Nella clip, che in questo caso ha l’audio, si possono sentire i rumori degli spari, vedere alcuni proiettili traccianti (con carica pirotecnica alla base) provenienti da sud-ovest, dove si trova una base militare israeliana, e anche i tank israeliani stanzionati sulla strada e a circa 250 metri dalla base.
Inoltre, l’Ospedale Kamal Adwan di Gaza City ha dichiarato di aver accolto almeno 100 feriti e 12 morti per colpi d’arma da fuoco. Scenario confermato anche da da Yehia Al Masri, medico di Gaza, che ha dichiarato di aver sentito colpi di artiglieria intorno alle quattro di mattina e che, una volta uscito di casa, ha visto dozzine di cadaveri feriti da colpi d’arma da fuoco.
اللحظات الأولى لإطلاق الاحتلال النار باتجاه فلسطينيين ينتظرون وصول المساعدات في شارع الرشيد غربي #غزة#حرب_غزة pic.twitter.com/7VOHuZ2ygI
— قناة الجزيرة (@AJArabic) February 29, 2024
Le reazioni internazionali e la tregua
La strage ha messo a serio rischio le possibilità di un cessate il fuoco prima del Ramadan. Gli sforzi diplomatici degli Stati Uniti per ottenere un accordo sul rilascio degli ostaggi e una tregua di sei settimane.
Il presidente USA Joe Biden, intercettato dai giornalisti a Brownsville (Texas) durante un comizio, ha dichiarato che, nonostante le dinamiche siano ancora da chiarire, lo scontro complicherà il quadro e che la prima deadline prevista per il 4 marzo è sicuramente irrealizzabile, ma che però «la speranza è l’ultima a morire».
La comunità internazionale nella sua interezza ha condannato la condotta delle forze israeliane. Anche la premier Giorgia Meloni si è detta «sgomenta» per quanto accaduto e preoccupata per i colloqui di pace. Mentre alle Nazioni Unite, l’Algeria ha presentato una dichiarazione di condanna per lo Stato Ebraico. Nel testo, lo Stato ha espresso «profonda preoccupazione» e sottolineato il ruolo delle forze israeliane nella tragedia.
Nel frattempo, Israele ha liberato durante la notte circa 50 detenuti palestinesi arrestati dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Secondo lo Shin Bet (Servizi segreti interni), la scelta sarebbe stata presa per un problema di sovraffollamento. Ma, su X, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha scritto che la misura è stata presa in ottica di distensione in vista dell’inizio del mese sacro dell’Islam.